Lotta al caporalato, alla Puglia il grosso dei fondi PNRR. Ma come li spende?

La Regione riceverà 115 milioni dei 200 previsti per contrastare il caporalato agricolo. Si parla di nuovi alloggi per i migranti, ma c’è ampio dissenso: “Senza accesso ai servizi i ghetti restano ghetti”. L’opinione di Jean-René Bilongo e Daniele Iacovelli di FLAI-CGIL e del sindaco di Poggio Imperiale Alfonso D’Aloiso.

L’odore acre dei rifiuti bruciati e bagnati sbuffa ancora dalle macerie delle baracche andate a fuoco nella notte tra il 10 e l’11 maggio. Le fiamme ne hanno divorate una ventina, delle centinaia costruite dalle migliaia di migranti che popolano il ghetto di Mezzanone, nel Tavoliere foggiano: l’insediamento “spontaneo” sorto sul sedime di una vecchia e inutilizzata pista aerea, a pochissima distanza dal centro di accoglienza per richiedenti asilo, smantellato a seguito delle leggi Salvini, e del borgo, in cui vivono poche centinaia di persone, ad appena 15 chilometri da Foggia.

Questo ammasso informe di rifugi precari e vite al margine, coacervo di traffici illegali e riflesso marcescente di un’economia agricola fondata ancora sullo sfruttamento e la riduzione in schiavitù, è il “non luogoche si vuole smantellare e sostituire con alloggi dignitosi investendo 53,665 milioni di euro del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza stanziati dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali per il superamento degli insediamenti abusivi dei braccianti agricoli.

Alla Puglia il 57% dei fondi PNRR per contrastare il caporalato. Focus sul foggiano

Il finanziamento complessivo a disposizione di 37 Comuni in 11 Regioni è di 200 milioni. La Puglia è la più importante tra le aree bersaglio della strategia di contrasto al caporalato e al lavoro sommerso, ragione per cui è destinataria di 114,183 milioni (pari al 57,10% dello stanziamento totale). La provincia di Foggia è il centro del bersaglio pugliese, perché è qui che dovranno investirsi 103,583 milioni (il 51,80% del totale), che dovrebbero soddisfare il diritto a vivere in un alloggio dignitoso degli oltre 7.000 migranti censiti in otto Comuni foggiani (4.000 solo a Mezzanone); la stragrande maggioranza dei 10.955 braccianti extracomunitari e comunitari che, stando agli atti ministeriali, abitano i ghetti urbani e rurali d’Italia.

La tabella ministeriale è l’esito di un lavoro iniziato nel 2018, qualche settimana dopo la morte di dodici braccianti di colore in un incidente stradale sulla statale 16, a pochi chilometri da Lesina. Viaggiavano in quattordici stipati in un furgone omologato per otto che si è scontrato con un camion. Altri quattro migranti erano morti in un altro incidente stradale nel foggiano appena 48 ore prima. Una strage. Il tragico effetto collaterale del caporalato che regola il mercato del lavoro nei ghetti di Mezzanone, di San Severo, di Cerignola.

“Abbiamo lavorato due anni e prodotto il Piano strategico nazionale contro il caporalato – ricostruisce Jean-René Bilongo, coordinatore dell’Osservatorio “Placido Rizzotto” della FLAI-CGIL – individuando come priorità tematica la realizzazione di alloggi e foresterie temporanee, luoghi in cui poter vivere dignitosamente e da cui accedere in modo efficace ai servizi necessari”.

Il riparto delle risorse, invece, è frutto della mappatura realizzata dal ministero del Lavoro sulla base dei dati ottenuti da Prefetture e Comuni, raccolti tra settembre 2021 e gennaio 2022 anche grazie alla collaborazione dell’ANCI. Nelle Regioni in cui gli insediamenti informali sono numericamente ridotti saranno le amministrazioni comunali a occuparsi dell’intervento (sarà così a Pescara, Albenga, Porto Recanati, Saluzzo e Castel del Piano); nelle altre interverranno le strutture di governo e tecniche regionali. A maggior ragione in Puglia. Entro la fine di giugno bisognerà inviare al ministero il progetto di massima degli interventi, ed entro la fine di marzo del 2023 bisognerà aver definito le procedure tecnico-burocratiche per l’avvio della realizzazione degli interventi stessi, che dovranno terminare entro giugno 2025.

Daniele Iacovelli, FLAI-CGIL: “Senza servizi i ghetti resteranno tali”

Un ghetto legale è pur sempre un ghetto”, scandisce Daniele Iacovelli, segretario generale della FLAI-CGIL foggiana, per non lasciare margini d’interpretazione al suo pensiero sul che fare dei 200 milioni. Costruire alloggi dignitosi ha un senso se l’obiettivo è sottrarre i migranti dalla condizione di necessaria sudditanza nei confronti dei caporali; al contrario, “se i Comuni hanno idea di ristrutturare edifici pubblici o riqualificare aree comunali sconnesse dal contesto urbano e senza attivare servizi, preferirei che non spendessero quei soldi”.

A sostegno delle sue affermazioni, il segretario della FLAI cita i numerosi e “fallimentari tentatividi smantellare i ghetti di Mezzanone e San Severo, avviati anche sull’onda emotiva delle morti provocate da incendi come quello del 10 maggio o determinati dalla volontà di mettere fine a traffici illegali e conflitti violenti. Andate via le ruspe e i presidi delle Forze dell’Ordine i braccianti, regolari e irregolari, sono tornati a ricostruire le baracche dove sanno che i caporali li andranno a cercare, e gli offriranno “un contatto con i datori di lavoro che diversamente non riescono a ottenere”.

Case, foresterie, alloggi condivisi vanno bene, purché si attivino servizi che rendano conveniente l’abbandono dei ghetti: collocamento, trasporti, assistenza sanitaria. Un processo complesso, non solo un’azione di riqualificazione urbana e bonifica ambientale, meglio se realizzato “integrando le strutture di accoglienza temporanea nel contesto urbano – aggiunge Bilongo – e senza aver paura che si costituiscano comunità etniche diverse”.

Nel Tavoliere c’è chi pensa di rigenerare i vecchi casolari: la strategia di Poggio Imperiale

Un’ipotesi del genere non è realizzabile a Mezzanone. Lo spiega Paolo Di Nunzio, responsabile Immigrazione della Federazione delle Misericordie di Puglia e cittadino della borgata rurale: “Ci sono delle palazzine fatiscenti, occupate abusivamente da famiglie foggiane, ma potrebbero ospitare al massimo duecento persone”. Tant’è vero che la Regione Puglia ha già avviato la riconversione del Centro di Accoglienza Richiedenti Asilo e la sua trasformazione in foresteria per migranti stagionali. Il progetto presentato lo scorso anno prevede l’investimento di 8 milioni per la realizzazione di 1.300 posti letto e l’attivazione di servizi integrati. Sono questi ultimi a fare la differenza: “La ghettizzazione si evita solo se ci saranno i servizi”, ribadisce Di Nunzio.

Nei paesi rurali più piccoli si pensa al recupero di poderi e casolari abbandonati da decenni dai proprietari dei fondi agricoli e già occupati abusivamente dai braccianti immigrati. È la proposta avanzata alla prima riunione del tavolo tecnico regionale dal sindaco di Poggio Imperiale, Alfonso D’Aloiso. Nelle campagne di questo paese, che conta 2.600 abitanti, ci sono tanti poderi dell’ex Ente di Riforma Agraria: “Abitazioni rurali ben strutturate – spiega il sindaco – capaci di accogliere famiglie numerose e con annesse piccole stalle e magazzini”.

I braccianti che qui possono lavorare nelle campagne anche dieci mesi all’anno – grazie alla produzione di pomodori, uva, olive e ortofrutta – ne abitano già la gran parte “in condizioni precarie, molti non hanno neanche accesso all’acqua, ed esponendo i proprietari a responsabilità legali”. A volerlo definire, quello di Poggio Imperiale è un “ghetto diffuso” che l’amministrazione comunale vorrebbe rigenerare prima ristrutturando le costruzioni esistenti e geolocalizzate, poi connettendo i poderi alla rete elettrica e a quella idrica. Ancora da definire, invece, la soluzione tecnica da proporre ai proprietari degli immobili per regolare la loro cessione o il loro uso.

“Sono fiducioso che riusciremo a raggiungere il nostro obiettivo – afferma D’Aloiso – così da poter offrire ai migranti una sistemazione dignitosa, avere una campagna nuovamente abitata e più sicura, facilitare l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro.”

Leggi gli altri articoli a tema Caporalato.

Leggi il reportage “Lavorare con il nemico“, e il mensile 111, “Non chiamateli borghi“.


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