Sostegno al reddito, la Puglia fa da sé. Ma manca il lavoro

La misura di sostegno al reddito pugliese concorre con quella ben più nota di stampo nazionale. Ecco differenze e risultati, con l’aiuto di Rosa Barone (assessore regionale al Welfare), Donato Rispoli (Cantieri di innovazione sociale) e Daniela Carbonella (assessore alle Politiche sociali di San Nicandro Garganico).

Uno è di Cittadinanza, l’altro è di Dignità; uno è fondato sull’inserimento nel mondo del lavoro, l’altro ha come obiettivo prioritario il contrasto alla povertà. Sono le differenze di fondo tra il Reddito di Cittadinanza e il pugliese Reddito di Dignità, istituito nel 2016 dalla prima giunta guidata da Michele Emiliano per rafforzare il sistema di sostegno al reddito che si andava strutturando a livello nazionale.

Uno strumento che, ad oggi, ha consentito di aiutare economicamente 32.000 famiglie pugliesi, con un contributo medio di 500 euro al mese per 12 mesi, investendo 52 milioni di euro di fondi europei destinati alle politiche sociali, e che ha progressivamente costruito una propria fisionomia organizzativa e operativa, dimostratasi anche “più semplice ed efficace” di quella del RdC. A dirlo è l’assessora regionale al Welfare Rosa Barone, esponente del Movimento 5 Stelle, che riconosce ai servizi sociali comunali, pure sottorganico, una “migliore capacità di profilazione” dei beneficiari rispetto a INPS e Agenzia Regionale per le Politiche Attive per il Lavoro (ARPAL), “di certo più farraginose”.

Rosa Barone, assessora regionale al Welfare per la Regione Puglia.

Che cos’è il Reddito di Dignità, la misura pugliese che predata il RdC

La misura che in Puglia ha anticipato il Reddito di Cittadinanza, in pratica, è stata istituita in contemporanea al Sostegno per l’Inclusione Attiva e ne era del tutto complementare. Laddove il sostegno nazionale prevedeva un ISEE molto basso e figli minori per l’accesso, il Reddito di Dignità garantiva ai residenti in Puglia da almeno cinque anni l’allargamento della platea dei beneficiari e l’innalzamento del contributo ai percettori di SIA per allinearlo al ReD.

Al contributo si affianca un complesso sistema dipresa in caricodei nuclei famigliari finalizzato alla definizione, il più possibile personalizzata, del percorso di inclusione orientato al superamento del bisogno del sostegno. Tirocini, progetti di sussidiarietà e lavori di comunità sono gli strumenti utilizzati nelle prime tre versioni del Reddito di Dignità.

Della versione 1.0 – relativa al biennio 2016-17 – abbiamo detto. Con la trasformazione del SIA in Reddito di inclusione, la Regione Puglia lancia la versione 2.0 del ReD, per il biennio 2018-19, garantendo il sostegno solo agli esclusi dal REI e inserendo tra i percettori anche le donne vittime di violenza sulla base di valutazioni relative alla fragilità sociale, cioè agli effetti sulle condizioni di vita della denuncia e dell’allontanamento di fatto dal nucleo famigliare, e non solo alle condizioni economiche certificate dall’ISEE.

La versione 3.0 (2020-21) è quella post approvazione del Reddito di Cittadinanza, che segna il distacco tra la misura nazionale e quella regionale: chi percepisce il RdC non può percepire il Reddito di Dignità. Quest’ultimo continua comunque ad avere un proprio appeal grazie all’elemento economico: il contributo è costante per l’intera durata del periodo di sostegno e non è ridotto in caso di miglioramento dell’ISEE, come avviene con la misura nazionale.

Nel biennio 2016-17 sono state 18.000 le famiglie ammesse e 10.000 i tirocini attivati (56% sul totale) dagli Ambiti sociali di zona, facendo emergere la necessità di migliorare gli strumenti di presa in carico al pari della relazione con il partenariato sociale e quello economico. Nella versione 2.0 i percettori diminuiscono drasticamente, sono 5.000 famiglie, e proporzionalmente aumentano i tirocini, che raggiungono la cifra di 4.000 (80% dei beneficiari). Nel terzo biennio i nuclei famigliari salgono a 9.000 e “si stima che i tirocini e i percorsi di presa in carico possano essere attivati per la totalità della platea di riferimento” (cit. Relazione sociale regionale 2018-2020 / Assessorato al Welfare).

Il Reddito di Dignità 4.0 conterrà “un’attenta valutazione dei nuovi bisogni sociali – annuncia l’assessore Barone – che porterà a un ampliamento della platea” e all’attivazione di iniziative specifiche a favore di particolari categorie, tra queste “i ragazzi con procedimenti penali a carico”, che si aggiungono alle donne vittime di violenza. Tradotto in cifre: entro il 2023 il peso finanziario del ReD aumenterà fino a 73 milioni di euro.

Reddito di Dignità, le esperienze di San Marco in Lamis e San Nicandro Garganico

“Però è bene essere chiari: lavoro qua non ce n’è e non è che si crea perché si istituisce il Reddito di Dignità o il Reddito di Cittadinanza”.

È la netta affermazione di Donato Rispoli, vicepresidente della cooperativa Cantieri di innovazione sociale, e referente per la stessa del servizio specialistico per l’attuazione di azioni di supporto per la presa in carico dei cittadini destinatari del Reddito di Dignità 3.0; la cooperativa è impegnata ad affiancare i Comuni dell’Ambito Territoriale di San Marco in Lamis (capofila) nella strutturazione e realizzazione delle attività previste dai Patti di servizio sottoscritti dai beneficiari. In più, con riferimento al ReD, nelle prime tre versioni “le misure erano calate dall’alto e non tenevano conto delle specificità del singolo contesto sociale e della tipologia dei beneficiari stessi”, depotenziando l’efficacia di una misura “comunque positiva”. Con la versione 4.0 si è definito più chiaramente il profilo della collaborazione con il terzo settore grazie all’introduzione degli avvisi pubblici di coprogettazione che hanno permesso una “evoluzione positiva della relazione tra istituzioni e attori sociali”.

Sono per lo più 200 i beneficiari residenti nei quattro Comuni dell’Ambito Territoriale di San Marco in Lamis, con circa 140 nella sola area di San Marco in Lamis, buona parte dei quali – “il 70-75%” – donne che non hanno mai avuto un’occupazione formale e che “fanno perfino fatica a comprendere che possono diventare soggetti attivi” nel mercato del lavoro. Soprattutto per pregiudizi e limitazioni di stampo patriarcale che ancora sopravvivono in contesti segnati dalla povertà educativa.

Grazie alla collaborazione operativa tra l’unico assistente sociale che si occupa dei beneficiari ReD del Comune di San Marco in Lamis (12.000 residenti) e Cantieri di innovazione sociale è stato possibile migliorare la finalizzazione dei Patti di Servizio, che hanno impegnato i beneficiari in azioni di supporto all’amministrazione, al cittadino, e – poco – alle imprese. “Abbiamo verificato che la gran parte di loro, destinati ai servizi alla persona, già opera nella cura degli anziani”, magari a nero o sottopagata, in un contesto di “generale invecchiamento della popolazione”. Quindi, si profila l’opportunità di trasformare una “semplice” misura di sostegno al reddito in un “percorso di formazione che possa condurre a soluzioni anche di tipo imprenditoriale, come una cooperativa di servizi, oppure a un nuovo progetto di vita lavorativa non più di tipo assistenziale, ma di ricerca attiva, fornendo loro strumenti e visione”.

Non tutti i 200 beneficiari del Reddito di Dignità sono idonei a essere inseriti in un progetto del genere o lo vorranno, perché resiste la subcultura dell’assistenza a ciclo continuo. Il regolamento del ReD prevede, infatti, che si possa fare una nuova domanda di accesso trascorsi sei mesi dalla fine dei 12 in cui si è percepito il sussidio, e “sono tanti quelli che ci riprovano e ci riescono”, proprio per la ragione che la misura è finalizzata a ridurre l’impatto negativo della povertà e non a trovare un lavoro.

I più giovani ci provano davvero a venirne fuori”, distingue Daniela Carbonella, assessore alle Politiche sociali del comune di San Nicandro Garganico in cui i percettori sono un decimo di quelli sanmarchesi. “Chi ha più di 40 anni spera e chiede di essere assunto in Comune, richiesta impossibile da soddisfare, o vorrebbero proseguire con il ReD”. I progetti di inclusione sociale attivati in quest’altro centro del foggiano sono tutti indirizzati alla pubblica utilità: ausilio nell’organizzazione scolastica, gestione scuolabus, supporto all’ufficio comunale delle manutenzioni, servizi cimiteriali, manutenzione del campo sportivo, ecc. Qualcuno di loro, appunto i più giovani, è stato anche assunto dalle ditte in cui hanno svolto i tirocini, ma “sinceramente, è una minima parte”.

Leggi il mensile 116, “Cavalli di battaglia“, e il reportage “Sua Sanità PNRR“.


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Foto di copertina: Roberto Monaldo, La Presse

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