Sardegna, occupazione in calo: è il Reddito di Cittadinanza la vera isola

Il RdC ridotto a semplice sussidio: nella Regione con la provincia più povera d’Italia aumentano abbandoni scolastici, NEET e giovani disoccupati. Alcune testimonianze dal territorio.

Sempre meno lavoro e di sempre minor qualità. Questa è la fotografia dell’ultimo rapporto dell’Osservatorio del lavoro dell’ASPAL rispetto alla situazione della Regione Sardegna, fiaccata ulteriormente dall’impatto del COVID-19.

In una situazione complessa e di crisi del mercato del lavoro, il fallimento del Reddito di Cittadinanza come politica attiva e di inclusione sociale pesa ancora di più sulle speranze di crescita della Regione. Quali risposte e quali prospettive per i 55.524 nuclei familiari (111.077 persone) percettori del RdC in Sardegna?

Reddito di Cittadinanza, in Sardegna è un sussidio che non crea lavoro

Oltre a una riduzione significativa degli occupati (-27.000), nel 2020 si è assistito in parallelo a un preoccupante aumento degli inattivi (+28.000), soprattutto tra le donne.

Secondo i dati del rapporto ASPAL, questa tendenza è correlata al fatto che numerosi individui hanno rinunciato a cercare un’occupazione poiché scoraggiati dalla crisi di molte imprese; altri hanno posticipato la ricerca per via delle restrizioni alla mobilità delle persone; altri ancora sono stati costretti a dedicarsi alla cura della prole per sopperire alla chiusura delle scuole.

Anche la fascia dei più giovani sta manifestando una spiccata fragilità: in aggiunta ad alti tassi di abbandono scolastico e di NEET (rispettivamente 23% e 28%), cresce anche il tasso di disoccupazione giovanile (41%).

Accanto alle misure specifiche che il Governo e l’Europa stanno introducendo per arginare questa crisi, sorge spontanea la domanda sul possibile ruolo del Reddito di Cittadinanza, oltre a quello di sussidio. Dove si colloca lo strumento che era stato creato apposta per favorire l’inserimento o il reinserimento delle persone nel mercato del lavoro?

L’on. Alessandra Zedda: “Non è stato una strategia vincente anche per colpa della pandemia”

Ci ha dato il suo parere su questo tema l’Onorevole Alessandra Zedda, Assessore al lavoro per la Regione Sardegna.

“Sino a oggi il Reddito di Cittadinanza non ha avuto modo di essere una politica attiva per il lavoro, né in Sardegna né nel resto del Paese. Esclusa la funzione di sussidio, non si è trattato di una strategia vincente. Diversamente, l’esperienza regionale in materia era iniziata in maniera molto positiva: basti pensare che siamo stati la prima Regione ad attivare il progetto dei navigator, e che in seguito abbiamo avviato un importante progetto di potenziamento dei Centri per l’impiego, in collaborazione con l’ANPAL, che sta presumibilmente per essere approvato dal ministero.”

Tra le difficoltà che hanno ostacolato il lavoro dei navigator, oltre al rinnovo a termine dei loro contratti, per l’Onorevole c’è anche la pandemia: “L’orientamento al lavoro è un’attività complessa, che richiede non solo di lavorare con i percettori di reddito, ma anche in stretta collaborazione con le aziende nei territori. Durante il lockdown e nei mesi successivi questo è stato fortemente rallentato”.

L’assenza di una rete con le imprese, secondo l’assessore, non consente la giusta progettualità, e ha pesato sul fatto che il RdC fino a oggi non ha avuto i risultati di una politica attiva. “In generale, il nostro approccio in materia di politiche attive per il lavoro deve essere quello di coniugare incentivi e strumenti diversi, quali i bonus per le assunzioni di disoccupati, il taglio del costo del lavoro, e la formazione. Questo è lo schema che abbiamo come nuovo modello di sviluppo della Sardegna”.

La provincia più povera d’Italia e la gestione virtuosa dei PUC

Ma che cosa hanno fatto i territori, nel frattempo? Tra ritardi e polemiche, sono diverse le realtà che si sono adoperate o si stanno attivando per favorire l’inserimento lavorativo dei soggetti percettori di Reddito. I casi restano pochi e isolati, ma c’è comunque chi ha provato ad attivare misure e progetti previsti da questa politica.

Fra questi troviamo ad esempio il Plus di Iglesias, che unisce sette dei comuni del Sulcis, la provincia più povera d’Italia. Qui i progetti sono partiti già dal 2020 e sono stati realizzati 31 PUC (Progetti Utili alla Collettività), di cui 19 nel Comune di Iglesias. I PUC dovrebbero impiegare in attività lavorative all’interno dei Comuni i percettori di reddito che non sono riusciti a trovare lavoro in ambito privato.

“Le amministrazioni comunali hanno avviato diverse tipologie progettuali, tra le quali quelle di tipo ambientale, sociale, di tutela dei beni comuni e culturale; talvolta avvalendosi anche della partecipazione di enti del terzo settore”, comunica la dott.ssa Gabriela Azzena, responsabile del Plus di Iglesias.

“A livello di gestione operativa la nostra équipe multidisciplinare (costituita da quattro assistenti sociali, una psicologa e tre educatori), che opera in tutto il distretto, ha collaborato con i referenti delle diverse amministrazioni comunali per l’organizzazione tecnica e la predisposizione dei Progetti Utili alla Collettività; ha individuato i soggetti beneficiari, utilizzando un criterio di selezione sulla base delle loro competenze e caratteristiche, e li ha poi associati a un progetto che potesse essere riqualificante e gratificante per il beneficiario stesso e per il territorio.”

Cagliari, la strategia della provincia con più percettori di RdC

Anche il Comune di Cagliari (la cui intera provincia spicca per il numero maggiore di percettori di Reddito in Regione, 14.528 a marzo 2021), si sta impegnando per far partire il prima possibile i PUC, e nel frattempo ha avviato anche un altro progetto di inclusione sociale.

“Sino a oggi il Reddito di Cittadinanza è rimasto una misura di assistenzialismo”, dice Viviana Lantini, Assessora delle politiche sociali, del benessere e della famiglia per il Comune di Cagliari. “In tutto questo periodo, aggravato dalla pandemia, il nostro assessorato ha cercato di supplire a questo vuoto offrendo opportunità di inclusione per i soggetti percettori di Reddito. Questo ad esempio attraverso cento tirocini di inclusione sociale presso aziende private, cooperative e organismi del terzo settore, rivolti a tutte le fasce d’età che ricevono il reddito, soprattutto per persone comprese fra i 18 e i 40 anni.”

A Cagliari ci sono 6.754 nuclei familiari percettori di Reddito, di cui 1.124 (2.268 persone) sono in carico all’assistenza sociale, e hanno sottoscritto e firmato il patto per l’inclusione sociale. Per loro, oltre ai tirocini, è stato creato il nuovo catalogo dei PUC, da cui dal mese di maggio partiranno i primi cinque progetti.

“Durante la composizione del catalogo dei PUC abbiamo ricevuto dalle realtà del terzo settore delle proposte molto belle, come un progetto dedicato agli asili e altri finalizzati all’ambiente e alla sua tutela. Se non ci fosse stata la pandemia avremmo iniziato prima. Ad ogni modo, ora siamo pronti a partire. È nel nostro interesse istituzionale avviare questi percorsi, che danno un ritorno per la comunità e restituiscono alle persone coinvolte fiducia in sé stesse e nel futuro.”

Daniele Mele, ConfSafi: “Sta per arrivare la fame. Serve un’altra strategia”

Le iniziative in campo, per ora, restano comunque troppo poche per incidere davvero sul numero dei nuclei e dei soggetti che ricevono il Reddito di Cittadinanza. Daniele Mele, della segreteria regionale ConfSafi, sottolinea la criticità della mancanza di misure adeguate perché il Reddito di Cittadinanza incida come politica attiva.

“Serve una strategia politica forte, in grado di creare percorsi formativi e lavorativi per riqualificare le persone e offrire loro opportunità concrete per il futuro. Le persone hanno bisogno del lavoro per avere una dignità e un ruolo sociale. Qui in Sardegna i giovani che ricevono il Reddito, non vedendo delle prospettive, si stanno scoraggiando, ma la loro impossibilità a crearsi un futuro ha delle conseguenze per la società.”

“Facendo l’esempio del Sulcis, qui manca un lavoro capillare dei navigator che conoscano il territorio, le sue aziende e le loro necessità, da cui poter partire per la creazione di posti di lavoro. Penso ad esempio alle aziende di impiantistica o del settore costruzioni a cui manca spesso una manodopera qualificata, alla manutenzione delle spiagge, alla possibilità di favorire percorsi di auto-imprenditorialità che valorizzino il patrimonio locale; ma per fare tutto questo bisogna partire soprattutto da percorsi e strategie per la formazione a 360°, sia per far fronte alla piaga dell’abbandono scolastico che per chi è fuoriuscito dal mercato del lavoro e ha bisogno di nuove competenze per potervi rientrare.”

In questo modo, secondo Mele, il Reddito potrebbe davvero agire come uno strumento in grado non solo di offrire un contributo economico, ma una vera e propria prospettiva di sviluppo per i territori.

“Finito questo periodo, in cui i sussidi erogati a causa del COVID-19 hanno tamponato alcune situazioni critiche, ci sarà un’altra ondata di fame e disperazione. Quando queste misure saranno terminate, senza un programma a lungo termine, di che cosa vivremo?

Photo credits: alguer.it

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