Sostituzione etnica a passo di gambero: gli immigrati fanno sempre meno figli

Il ministro Lollobrigida può dormire sonni tranquilli: dati alla mano, non c’è traccia del rischio che ha evocato più volte, con gli immigrati che hanno fatto 24.000 figli in meno nell’ultimo decennio. E in alcune province il numero di pensionati supera già quello dei lavoratori attivi

Il ministro Francesco Lollobrigida, autore di bizzarre dichiarazioni sulla sostituzione etnica

Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura, nonché cognato della presidente del consiglio Giorgia Meloni, può dormire sonni tranquilli: lo spettro della sostituzione etnica, agitato prima di lui dalle peggiori correnti politiche del secolo scorso, non divorerà l’Italia e l’Europa.

Il timore del ministro e di tutta la cultura conservatrice della destra è che se gli italiani continuano a non fare figli, producendo tassi di natalità sempre più bassi, l’Italia e l’Europa nel giro di qualche decennio verranno sotterrate dall’invasione extracomunitaria. Alla base di questo spauracchio, che richiama l’idea della razza da preservare (d’altronde Giorgio Almirante, fondatore dell’MSI, era il caporedattore repubblichino di una rivista che si chiamava La difesa della razza), c’è la convinzione che gli unici a fare figli senza pensare al futuro siano gli extracomunitari. Un luogo comune in verità molto diffuso nei discorsi da bar, ma che non dovrebbe essere alla base delle esternazioni di un ministro della Repubblica.

Se il ministro Lollobrigida – invece di rispolverare a vanvera un concetto razzista che tra l’altro ci ha fatto fare una pessima figura in tutto il mondo, e in particolare presso le comunità ebraiche – avesse dato un’occhiata ai dati forniti dall’ISTAT, avrebbe constatato che le cose non stanno così.

La natalità diminuisce anche tra gli immigrati: “Come fai a fare figli con i costi di Milano?”

Al ministro diamo una notizia che forse gli è sfuggita: i tassi di natalità si stanno abbassando in modo drastico anche tra le famiglie di immigrati.

Come ci ha spiegato Carlo Blangiardo, ex presidente dell’ISTAT, gli immigrati sono passati dagli 80.000 nati nel 2012 a 54.000 nel 2022. Un calo comprensibile: quando parlo dei dati sulla natalità tra gli immigrati, a Mimmo, un uomo di origine egiziana naturalizzato in Italia che lavora in un albergo vicino casa mia, lui non si meraviglia affatto.

“Vuoi avere la mia opinione? Gli immigrati, come gli italiani, faranno sempre meno figli. La crisi economica, la disoccupazione, l’inflazione, sono tutti carichi da novanta che pesano soprattutto su chi non ha un reddito decente. Come fai a fare figli con il costo della vita in una città come Milano? Questo vale sia per gli italiani poveri che per gli immigrati.”

La preoccupazione del Governo, dunque, non dovrebbe essere la sostituzione etnica, che ha come unico risultato di impaurire l’opinione pubblica e il ventre molle del Paese, ma il fatto che neanche l’immigrazione può risolvere del tutto il problema della bassa natalità. Se in Francia avessero paura della sostituzione etnica sarebbero stati al disastro, visto che il numero di naturalizzati francesi provenienti in gran parte dall’Algeria (ex colonia francese) è altissimo. In realtà in quel caso è stato scelto un modello di integrazione attraverso la naturalizzazione che ha dato risultati in termini di natalità, anche grazie a politiche specifiche per la famiglia.

Dentro la trappola demografica: nel 2070 saremo 12 milioni in meno

In Italia, invece, l’autunno demografico comincia a farsi sentire pesantemente soprattutto dopo che l’INPS ha fatto qualche calcolo sul futuro assai fragile del sistema pensionistico: il rapporto tra pensionati e lavoratori resta 1,3 tendente a 1,2, e non 1,5 come dovrebbe essere per garantire le pensioni alle generazioni future.

Uno dei campanelli di allarme di questo fenomeno è il fatto che in alcune province italiane il numero dei pensionati ha superato quello dei lavoratori attivi. Da un documento elaborato lo scorso anno al festival dell’economia di Trento risulta che siamo il secondo Paese al mondo che conta più anziani; si vive di più e anche meglio, ma non c’è ricambio generazionale, con un tasso di fecondità sempre più basso, tanto da arrivare (e non da oggi) a una media di 1,5 figli per donna. In questa situazione si entra in una trappola demografica che mette a repentaglio i livelli attuali di benessere e di welfare.

Un dato significativo è la previsione dell’ISTAT per il 2070: gli italiani saranno 47 milioni, 12 in meno della cifra attuale. Gli studiosi di questo fenomeno sostengono che se questo svuotamento non fosse interrotto perderemmo nel giro di pochi anni molti punti di prodotto interno lordo. Nemmeno i movimenti migratori riusciranno a colmare questo divario, anche se una politica intelligente utilizzerebbe l’immigrazione come bilanciamento seppur temporaneo di questa crisi demografica, e lascerebbe da parte la propaganda salviniana del “prima gli italiani”.

La politica chiama la natalità, ma non la sostiene

Che cosa serve all’Italia? Una vera politica a sostegno della famiglia e un modello nuovo di accoglienza e integrazione degli immigrati, all’interno di un disegno complessivo sulla sostenibilità dei modelli sociali.

Che cosa si è fatto in Italia per evitare che si passi dall’autunno all’inverno demografico, ovvero a una natalità che romperebbe i delicati equilibri socioeconomici del sistema? Qui entriamo nell’ambito della “distrazionepolitica verso la società civile e della cronica instabilità economica che hanno indotto le famiglie a procrastinare la scelta di fare un figlio.

Carlo Blangiardo sostiene che c’è anche altro: “Le reti famigliari si sono indebolite con la scelta, ad esempio, di fare un unico figlio. Il welfare famigliare tende a scomparire e a delegare allo Stato o al volontariato i servizi”.

Qualcuno poi, anche tra gli esperti, si dimentica di due fenomeni ormai tipicamente italiani che solo da poco sono stati riscoperti: la crescita rilevante della povertà, superiore alla media dei Paesi europei occidentali, e i bassi salari. Due drammatiche realtà che alcuni studi recenti hanno individuato come cause primarie della bassa natalità.

Ma pare che su questi argomenti l’attuale governo non ci senta. L’abolizione del Reddito di Cittadinanza per un’ampia parte della popolazione povera e il rifiuto esplicito della presidente del consiglio Giorgia Meloni del salario minimo sono segnali preoccupanti, che di certo spingono le cicogne a stare alla larga dall’Italia.

 

 

 

Photo credits: edagricole.it

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