Svezia, come ti senti? Il lungo inverno del Paese senza mascherina

L’effetto pandemia sulla nazione che ha rifiutato il lockdown: gli svedesi in smart working bevono di più, minorenni a rischio tra alcol e droghe, ospedali vicini al collasso.

La settimana scorsa il premier socialdemocratico Stefan Löfven è intervenuto di persona alla consueta conferenza stampa dell’Autorità per la Salute Pubblica. Due giorni dopo sarebbe finito lui stesso in quarantena, insieme alla moglie, per esser stato in contatto con una persona sospettata di essere contagiata.

Era intervenuto, rigorosamente senza mascherina come tutti i presenti, per rafforzare e allargare alle contee di Västra Götaland e di Östergötland i consigli da seguire al fine di arginare i contagi (come il limite di otto persone per tavolo nei locali), che insieme ai ricoveri in terapia intensiva sono cresciuti in modo esponenziale nelle ultime settimane. Sempre consigli, comunque, come quelli “inflitti” dopo settimane di indugi da parte delle autorità a Uppsala, città a forte vocazione universitaria.

Perché agli occhi del mondo gli svedesi non devono aver bisogno di restrizioni decretate, di imposizioni. Il senso di responsabilità avrebbe dovuto essere sufficiente. L’intervento dai toni gravi del premier, che ha parlato di situazione drammatica e veramente seria, è stato spinto principalmente dalla ormai innegabile situazione degli ospedali, sull’orlo del collasso. L’estate aveva dato un po’ di tregua anche al Paese con il maggior numero di contagiati e di morti della Scandinavia (oltre 6.000 le vittime ufficiali).

Esami preventivi e chemio in attesa, cure palliative a pazienti gravi

Dallo scoppio della pandemia a oggi però, numerosissime le segnalazioni di pazienti, in attesa di esami preventivi e di terapie come la chemio, che hanno dichiarato di non aver più ricevuto cure. Lo scorso settembre un centinaio di famiglie ha denunciato all’autorità che vigila sull’operato della sanità pubblica che a loro congiunti, ricoverati in ospedale, erano state date solo cure palliative. Ne sarebbero stati messi al corrente solo a morte sopraggiunta.

A spaventare ora sono non solo la rapidità della diffusione del contagio, il numero crescente di vittime e le rianimazioni sature, ma anche la giovane età dei contagiati. Nella contea di Uppsala i giovani tra i 20 e i 29 anni costituiscono il 15% della popolazione, ma il 23% dei positivi al coronavirus, secondo il dottor Johan Nöjd, responsabile del controllo dell’infezione per la zona. Molti anche i casi nella fascia tra i 30 e i 60 anni. La causa principale, individuata dallo stesso epidemiologo di Stato che oggi vive sotto scorta, Anders Tegnell, è il fatto che i giovani invitati a non incontrarsi nei locali hanno ripiegato su serate e party organizzati in appartamenti privati.  Segno evidente, questo, di come l’importanza del distanziamento fisico per impedire che il virus si moltiplichi non è stata assolutamente recepita dagli svedesi.

Preoccupante la situazione anche nelle case di riposo di Göteborg. Secondo il sindacato dei dipendenti di settore, il COVID-19 avrebbe colpito almeno cinque residenze per anziani, a Lundby, Majorna-Linné, Norra Hisingen, Västra Hisingen e Örgryte-Härlanda.

In Svezia lo smart working aumenta il consumo di alcol

Premesso il non facile rapporto che gli svedesi hanno con l’alcol, a lungo usato come droga dei poveri per sfangare gli inverni nordici interminabilmente bui, l’abuso di alcolici si registra ancor di più nelle famiglie che vivono lontane dai centri abitati.

Gli alcolici sono diventati monopolio di Stato nel 1955, quando dopo aver provato inutilmente varie soluzioni per arginare il fenomeno dilagante dell’alcolismo, il governo ha fondato il Systembolaget: si tratta della catena di oltre 430 negozi di Stato che vendono vini, birre e liquori. La tassa sull’alcol ne fa lievitare il prezzo a scopo deterrente, in via teorica. In pratica, favorisce un ricco sottobosco di contrabbando e una pericolosa attitudine, soprattutto contadina, a farsi i liquori in casa a gradazione non controllata.

Durante la prima ondata di pandemia la Svezia, seppur con grave e colpevole ritardo, ha adottato lo smart working per quanto era possibile. Grossi problemi di rete non ne ha avuti, poiché il Paese nordico ha una forte impronta telematica in tutti i servizi già da molti anni. Il lavoro da casa avrebbe potuto invitare alcuni dipendenti a consumare un bicchiere di vino anche a pranzo, cosa che non viene socialmente accettata nei luoghi di lavoro, anche perché non potrebbero più rientrare a casa al volante. La tolleranza dell’etilometro in Svezia, infatti, è vicinissima allo zero.

Svezia, la sete da pandemia vale 30 milioni di litri in più

Secondo i dati del Systembolaget le vendite di alcol della scorsa primavera, durante la prima ondata di COVID-19, sono aumentate di quasi 30 milioni di litri rispetto al periodo corrispondente dello scorso anno. I ricavi durante la prima metà del 2020 sono aumentati del 13% rispetto al 2019.

Anna Raninen, responsabile del settore ricerche sull’uso dell’alcol per il Systembolaget, grazie a un sondaggio condotto dall’agenzia Norstat ha dichiarato: “Nel complesso, si può dire che la popolazione mantiene le proprie abitudini legate all’alcol. Il picco di vendite sarebbe piuttosto imputabile alle frontiere chiuse che hanno impedito a molti svedesi di fare il carico oltre confine, in Danimarca e Germania, dove la tassazione è decisamente inferiore e quindi gli alcolici sono convenienti. E al fatto che il consumo di alcolici nei locali, costretti a ridurre la loro capienza, è diminuito”.

Di fatto, però, le telefonate alle linee SOS alcolisti da parte di parenti preoccupati perché i congiunti affetti da dipendenza bevevano sia a pranzo che a cena, sono aumentate nel corso della primavera. Lo stesso sondaggio ha denotato un aumento di consumo di alcolici tra gli under 50 e i giovani.

Al maggior numero di clienti costretti a recarsi negli spacci di Stato va aggiunto un altro particolare di cui non si è tenuto conto. Nelle settimane precedenti le festività pasquali, i Systemblaget di Stoccolma e delle sue municipalità, a causa della pandemia, avevano ridotto l’orario di apertura, iniziando l’attività quotidiana due ore dopo e chiudendo un’ora prima del solito. Il che aveva fatto crescere anche le fila di clienti davanti le vetrine, oltre agli assembramenti tra scaffali e casse all’interno dei locali. Nonostante ciò, i clienti sono comunque aumentati.

Minorenni camuffati da anziani per ubriacarsi, bambini drogati di noce moscata

Lo smart working avrebbe dovuto nei fatti dare ai genitori la possibilità di controllare un po’ di più la vivace vita virtuale dei figli, dato che le scuole elementari sono sempre rimaste aperte e per le superiori è scattata la DAD istantaneamente, ma non è andata così.

La responsabile dell’ufficio stampa del Systembolaget Elina Yli-Torvi denuncia come durante la pandemia siano aumentate le segnalazioni di commessi che hanno scoperto giovanissimi travestiti da anziani, con baffi, occhiali, abiti da attempati e mascherina chirurgica. Questi ragazzi, cogliendo una delle sfide lanciate tramite social, hanno tentato di acquistare alcolici benché minorenni. I video nei quali si vede che i finti anziani riescono a imbrogliare il personale ed escono per poi bere birra, vodka e vino, sono diventati virali.

Il Centro informazione sui veleni di Stoccolma ha lanciato l’allarme già dalla scorsa primavera: in piena pandemia i bambini svedesi, lasciati all’aperto più a lungo per socializzare in sicurezza, secondo i dettami svedesi, hanno imparato a condividere tra loro grosse quantità di noce moscata, come insegnano i video facilmente fruibili sui social.

La spezia, acquistabile con poche corone, contiene miristicina, una sostanza che abbassa il livello di coscienza, e se presa in gran quantità ha un effetto allucinogeno, soprattutto sui bambini. Le pessime abitudini, si sa, si diffondono prima, e hanno purtroppo la capacità di riscuotere un grande successo.

Photo credits: www.businessinsider.com

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