Ministro Valditara, vuole differenziare gli stipendi? Le risponde Tor Bella Monaca: paghi di più i docenti di periferia

Intervistiamo Guglielmo Caiazza, dirigente dell’Istituto comprensivo Via Acquaroni di Tor Bella Monaca: “Nella mia scuola 24 etnie diverse”. Una lezione di inclusione che viene dalla scuola di una periferia “difficile”

L'IC via Acquaroni di Tor Bella Monaca

La campanella della scuola non suona per tutti: molti alunni, non italiani, restano proprio fuori. La storia dell’Istituto Via Acquaroni a Tor Bella Monaca avrebbe da insegnarci molto sul diritto allo studio che le istituzioni dovrebbero incarnare come un dovere: dico dovrebbero perché non è così che vanno le cose, blindate dalla burocrazia e dalla rigidità che lascia fuori dal giro i ragazzi stranieri ancora senza documenti, senza permessi, senza una dignità certificata col timbro.

Tor Bella Monaca è uno dei quartieri di Roma associati nell’immaginario collettivo alla vita ingrata del giorno per giorno, il disagio, l’illegalità residente, lo spaccio per amico, i diritti e i doveri che fanno lotte di classe. C’è un articolo che sembra Bibbia, su un numero di Internazionale di un paio d’anni fa, firmato dalla sagacia di Christian Raimo: Capire Tor Bella Monaca per capire tutta Roma. Succede che l’Istituto comprensivo Via Acquaroni ha Guglielmo Caiazza per dirigente, un professore che nella vita lavorativa si è dato una regola e quella porta avanti, costi quel che costi: il diritto allo studio in cima alla lista, il diritto allo studio come fosse quello alla casa, alla salute, al cibo che nessuno dovrebbe mai negarci.

Il messaggio della scuola è chiaro: se accogli i loro figli a scuola, le famiglie si sentono già incluse e provano con più coraggio a cercarsi un lavoro e a imbastirsi una vita.

Guglielmo Caiazza, dirigente dell’Istituto comprensivo Via Acquaroni: “Nella mia scuola 24 etnie diverse. Tor Bella Monaca, come l’Italia, è zona di flussi migratori”

Ma perché scuole come questa accolgono e altre no?

Caiazza viene dalla provincia di Salerno, è al suo quarto anno di gestione e nel 2022 avrebbe potuto chiedere di farsi trasferire altrove, ma è rimasto tutto d’un pezzo; fino a prima di lui, ogni anno un dirigente nuovo. Più di 900 studenti. Ha 51 anni e una voce che fa subito casa, rapida, concreta, la voglia di spazzare via gli inciampi della vita già con l’aria. Ci scriviamo di mattina su WhatsApp per darci un appuntamento telefonico, non ci conosciamo, mi fa da ponte una sua docente tramite una persona in comune, nel giro di poche ore ci sentiamo.

“Mi fa piacere poter raccontare quello che succede da noi, dare una lettura complementare a quanto si dice solitamente di Tor Bella Monaca, che di certo è una zona di Roma piena di fratture sociali, tra spaccio e criminalità, ma è anche la zona di Roma di maggior passaggio. Questa è zona di flussi migratori: parliamo tanto di globalizzazione e non ci rendiamo conto che ci passa davanti tutti i giorni, con le famiglie che vanno e vengono, pezzi di vita che cercano un destino. Nella mia scuola ci sono 24 etnie diverse, poco prima che mi chiamasse lei sono arrivate due ragazze keniote di dodici anni. È sempre così, è un viavai in questa scuola, e l’inserimento linguistico che va di pari passo con quello scolastico è l’obiettivo più importante. Devo dire che nell’ultimo periodo registriamo anche un forte fenomeno di rientro, soprattutto nella comunità rumena e soprattutto dopo la pandemia. L’Italia non è più il Paese dei sogni di una volta, siamo diventati solo un passaggio verso Germania, Danimarca, Svezia”.

Glielo chiedo chiaro e tondo perché lui ci riesce e la maggior parte delle scuole italiane mette veti. “Ci sono istituti in cui non possono che negare l’accesso di studenti stranieri che arrivano all’improvviso in mezzo all’anno scolastico. Sappiamo tutti cosa vuol dire aule pollaio, sovraffollamenti fisici e problemi da gestire, ragazzi con disabilità varie. Però insisto sulla mia linea, provo a far entrare e a far iscrivere i ragazzi in ogni momento dell’anno e non solo a gennaio, che sarebbe il suo momento naturale; mi appello agli uffici addetti spiegando che se siamo così rigidi neghiamo solo diritti ai ragazzi. Togliendo un anno di scuola per aspettare quello regolare gli togliamo un anno di socialità e di crescita”.

Il discorso di Caiazza non fa pieghe: durante la guerra in Ucraina, consolati, ministeri e uffici scolastici hanno fatto giuste deroghe in corso d’anno scolastico e nessuno ha contestato; perché le resistenze verso ragazzi che spesso scappano con le loro famiglie da drammi simili, a cui manca solo il bollino nobiliare di una guerra?

Rigenerare il territorio un docente alla volta: “Un appello al ministro Valditara”

Il Via Acquaroni sta in mezzo alle torri di Bella Monaca, come incistato nei problemi di tutte le zone popolari che si fanno razziare da abusi e abusivismi di ogni genere. Caiazza ci tiene che scriva nero su bianco i nomi delle associazioni che non mollano di un metro pur di sostenere i residenti, fanno progetti sociali, civili, legali, reti di supporto, aggregazione chi intorno e chi dentro la scuola: Comunità di Sant’Egidio (che ha la sede a Trastevere, ma qui comunque ne ha aperto un’altra), Cubo Libro, El Chentro, Tor più bella (la Presidente è vigilata, sotto scorta), 21 luglio. Si scusa con quelle che magari dimentica.

Soprattutto si premura di dirmi che devo scrivere quanto sia grato ai suoi docenti – “Io coordino, ma sono loro che tutti i giorni fronteggiano le fatiche, le famiglie, i contesti, i dolori, e intanto fanno pure gli insegnanti” – e di mandare un messaggio al ministro Valditara, in questi giorni di polemica sulla differenziazione degli stipendi nelle scuole: “Vorrei dire al ministro che, invece di fare distinzioni tra Nord e Sud, differenzi per settori sociali. Se i miei docenti non se ne vanno dalla mia scuola e da Tor Bella Monaca è perché senza dubbio hanno qualcosa di più da dare, molto di più. Certo che anch’io ho docenti che se ne vanno e che cercano una scuola più comoda, è legittimo, non siamo tutti uguali. Ma iniziamo a dare valore a chi ce l’ha e non lo tiene solo per sé”.

Quando incontra i ragazzi che riesce ad accogliere e ci parla, la prima cosa che chiede è dove sono stati fino a oggi, che cos’hanno fatto, perché tutti quei mesi senza scuola. Gli rispondono che non sapevano come fare, dove andare, con chi parlare. “Ogni giorno di scuola perso è un giorno di vita perso, diritti persi, studio della lingua perso”, mi ripete, e gli si riaccende la voce.

Studenti stranieri, accolti soprattutto al Nord. Ma sono sempre meno

Era il 1984 quando l’Italia iniziò a rilevare dati statistici attendibili sugli studenti stranieri all’interno delle nostre scuole. La notizia sta ora nell’inversione di rotta, la prima in questi quasi cinquant’anni.

Il MIUR, diramando il suo rapporto 2022 sull’ultimo anno scolastico disponibile, attesta la flessione: gli studenti non italiani sono 865.388, 11.000 in meno rispetto all’anno precedente (-1,3%). Il dato nel dato, e la notizia nella notizia, è però che la loro percentuale resta quasi invariata, intorno al 10% del totale, perché continua a diminuire il numero totale degli alunni.

La fisionomia degli studenti non italiani esce a tratti ben marcati. A livello provinciale, le prime dieci assorbono da sole il 39,6% del totale dei ragazzi. La prima in graduatoria rimane la provincia di Milano con 79.039 studenti, seppur in calo di 803 unità rispetto al 2020. Seguono Roma e Torino con 63.782 e 39.465 presenze. Le altre province col profilo migratorio più alto sono Brescia (32.747 studenti), Bergamo (25.709), Bologna (22.204), Firenze (21.921), Verona (21.078), Modena (19.075) e Padova (18.075). E ancora curiosità che raccontano che scuole siamo, che Italia stiamo formando: il 66,7% degli studenti con cittadinanza non italiana è rappresentato dalle seconde generazioni, l’86,0% degli studenti di origine cinese è nato in Italia, il Lazio accoglie la maggior parte degli studenti rumeni, la Lombardia gli albanesi.

In Italia labbandono scolastico degli studenti stranieri è il più elevato di tutta l’Europa e fa male scriverlo: il calo più consistente è nella scuola dell’infanzia (-12.742 bambine e bambini); seguono primaria (-8.000) e secondaria di I grado (-3.550). Considerando solo queste tre aree educative, la flessione conta un -24.500 persone. Il 65,3% delle studentesse e degli studenti con cittadinanza non italiana risulta concentrato al Nord, seguono il Centro con il 22,2% e il sud con il 12,5%.

Quanti numeri dal ministero, che letti così non hanno volti, non hanno paure, non sanno di niente, anche se dicono molto. Tor Bella Monaca grida il contrario: la scuola serve proprio a dare volti ai ragazzi, ai docenti che si fanno in quattro, a un Caiazza che fa risuscitare Don Milani. È con questo genere di scuole che abbiamo diritto, tutti, di pensare a un’altra Italia.

 

 

 

Photo credits: oikos-group.it

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