Era il 1984 quando l’Italia iniziò a rilevare dati statistici attendibili sugli studenti stranieri all’interno delle nostre scuole. La notizia sta ora nell’inversione di rotta, la prima in questi quasi cinquant’anni.
Il MIUR, diramando il suo rapporto 2022 sull’ultimo anno scolastico disponibile, attesta la flessione: gli studenti non italiani sono 865.388, 11.000 in meno rispetto all’anno precedente (-1,3%). Il dato nel dato, e la notizia nella notizia, è però che la loro percentuale resta quasi invariata, intorno al 10% del totale, perché continua a diminuire il numero totale degli alunni.
La fisionomia degli studenti non italiani esce a tratti ben marcati. A livello provinciale, le prime dieci assorbono da sole il 39,6% del totale dei ragazzi. La prima in graduatoria rimane la provincia di Milano con 79.039 studenti, seppur in calo di 803 unità rispetto al 2020. Seguono Roma e Torino con 63.782 e 39.465 presenze. Le altre province col profilo migratorio più alto sono Brescia (32.747 studenti), Bergamo (25.709), Bologna (22.204), Firenze (21.921), Verona (21.078), Modena (19.075) e Padova (18.075). E ancora curiosità che raccontano che scuole siamo, che Italia stiamo formando: il 66,7% degli studenti con cittadinanza non italiana è rappresentato dalle seconde generazioni, l’86,0% degli studenti di origine cinese è nato in Italia, il Lazio accoglie la maggior parte degli studenti rumeni, la Lombardia gli albanesi.
In Italia l’abbandono scolastico degli studenti stranieri è il più elevato di tutta l’Europa e fa male scriverlo: il calo più consistente è nella scuola dell’infanzia (-12.742 bambine e bambini); seguono primaria (-8.000) e secondaria di I grado (-3.550). Considerando solo queste tre aree educative, la flessione conta un -24.500 persone. Il 65,3% delle studentesse e degli studenti con cittadinanza non italiana risulta concentrato al Nord, seguono il Centro con il 22,2% e il sud con il 12,5%.
Quanti numeri dal ministero, che letti così non hanno volti, non hanno paure, non sanno di niente, anche se dicono molto. Tor Bella Monaca grida il contrario: la scuola serve proprio a dare volti ai ragazzi, ai docenti che si fanno in quattro, a un Caiazza che fa risuscitare Don Milani. È con questo genere di scuole che abbiamo diritto, tutti, di pensare a un’altra Italia.
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