Se la polizia ferma i giornalisti, ferma una democrazia

La solidarietà della redazione di SenzaFiltro per il fermo di tre professionisti dell’informazione da parte della polizia, i giornalisti Angela Nittoli e Roberto Di Matteo e il fotografo Massimo Barsoum. Un atto intimidatorio di gravità inaudita contro la dignità del giornalismo, lavoro imprescindibile per la salute della democrazia

Se uno dei manifestanti avesse avuto un mancamento, e tra la piccola folla al loro seguito fosse emersa una persona – un medico – per aiutarlo; se pochi minuti dopo lo stesso medico fosse stato oggetto delle attenzioni della polizia, intervenuta per bloccare gli ambientalisti e fare tutti i controlli del caso, e avesse detto agli agenti: sono un medico, sto facendo il mio lavoro; se quel medico, quindi, dopo aver esibito i documenti, fosse stato perquisito e condotto in caserma, con il divieto di utilizzare il cellulare, per poi essere trattenuto in una celletta di pochi metri quadri per un’ora e mezza, che cosa se ne sarebbe detto? Che cosa avremmo pensato della vicenda?

Quanto descritto è ciò che è avvenuto la mattina del 23 maggio 2024. La storia è identica, ma con una differenza, perché a subirla non è stato un medico, bensì tre professionisti dell’informazione: Angela Nittoli, videomaker e giornalista collaboratrice del Fatto Quotidiano, Massimo Barsoum, fotografo del Corriere della Sera, e Roberto Di Matteo, videomaker e giornalista freelance. Una differenza, e anche alcune aggravanti, perché oltre a esibire i documenti d’identità due di loro riferiscono di aver mostrato il tesserino di appartenenza all’Ordine, nessuno dei tre ha opposto resistenza – si sono anzi offerti di mostrare il contenuto degli zaini agli agenti – e durante il fermo ingiustificato in celletta sono stati guardati a vista anche al momento di andare in bagno.

I loro racconti sono stati diffusi in modi e in tempi diversi, chi su un giornale, chi tramite social. Tutti, però, concordano su come sono andate le cose, e sul fatto che fosse la prima volta che gli capitava una cosa del genere nonostante anni di lavoro alle spalle. Cosa ancora più grave, il verbale prodotto dalla polizia era incompleto e ometteva alcune parti salienti dell’accaduto, giustificando il fermo con la necessità di identificazione. Riscontrate le mancanze, i tre si sono rifiutati di firmarlo; ore dopo, la Questura di Roma ha affermato che “i soggetti sul posto non hanno dichiarato o dimostrato di essere giornalisti”.

Ce n’è abbastanza per destare la preoccupazione dell’Ordine dei Giornalisti, che infatti in una nota ha rimarcato: “Era accaduto nei giorni precedenti che colleghi erano stati fermati dalla polizia e portati in commissariato a Padova e a Messina. Adesso la storia si ripete a Roma. Lo ribadiamo con fermezza: i giornalisti regolarmente iscritti all’Ordine e muniti di tessera professionale hanno non solo il diritto, ma il dovere di seguire i fatti di cronaca e il loro lavoro non può essere interrotto senza validi e fondati motivi dalle Forze dell’ordine. Non vorremmo che il fermo dei cronisti diventi una prassi. È incostituzionale e lesivo della libertà di stampa e del diritto dei cittadini ad essere informati”.

I TG Rai hanno ignorato il fatto, senza dedicargli neppure una citazione. I giornali ne hanno parlato con costernazione, mentre i più filogovernativi si sono limitati a un commento asciutto che dà più spazio alle repliche di questura e pubblica sicurezza; e qualche commento già si nota da parte di chi dà voce all’idea che, per quei rompiscatole dei giornalisti, una cosa simile farebbe parte del mestiere. Torniamo così al paragone iniziale: e se fossero stati altri lavoratori? Anzi: e se a essere violato in quel modo fosse stato il vostro, di lavoro?

Al di là dei balletti tra Governo e opposizione, dichiarazioni e controdichiarazioni, la redazione di SenzaFiltro esprime piena solidarietà ai colleghi, vittime di intimidazioni da parte di chi dovrebbe tutelare l’ordine pubblico. Nonostante anni di umiliazioni, il lavoro dei giornalisti è ancora sacro: è bene che lo ricordiamo tutti.

 

 

 

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Photo credits: Corriere Roma

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