Per 28 anni, l’infermiera ha effettuato 873 turni notturni nei reparti dove all’epoca prestava servizio. A 48 anni ha chiesto all’ospedale dove lavorava di essere esonerata dal lavoro notturno, poco prima di scoprire il suo cancro al seno. Una sentenza del Consiglio dei Medici francese, dopo 14 anni, ha sancito che ci fosse un nesso molto forte tra il numero di ore lavorative svolte durante la notte e la patologia di cui si è ammalata l’infermiera. Una lunga battaglia vinta in una causa terribile che in precedenza aveva sfavorito due sue colleghe.
Accanto all’infermiera, nella battaglia sindacale, due donne: Josiane Clavelin e Brigitte Clément. Proprio la Clavelin, ex infermiera, ha sottolineato come, durante il suo servizio di pronto soccorso in pediatria, “regolarmente un radiologo entrava nella stanza per fare i raggi X, con le conseguenze che questo può avere. Allo stesso tempo, ho notato che emergevano molti più tumori al seno nel personale infermieristico che lavorava turni notturni”.
Questo, insieme ad altri approfondimenti, ha permesso che si arrivasse a questa sentenza, che potrebbe fare da apripista per altre richieste di risarcimento. Di fatto è stato dimostrato che il lavoro notturno può avere effetti nocivi sulla salute dei lavoratori, i quali sottopongono l’organismo a condizioni di stress maggiore, alterando il ciclo sonno/veglia, con una conseguente variazione delle funzioni biologiche che determina effetti sia a breve che a lungo termine.
Non a caso, con il Decreto Legislativo 66/2003 il datore di lavoro deve provvedere alla valutazione del rischio per i lavori notturni e controllare lo stato di salute dei lavoratori che li svolgono, coadiuvandosi con il medico del lavoro e con la sorveglianza sanitaria. Tali obblighi, se violati, sono punibili con sanzioni penali e pecuniarie – che comunque in nessun caso restituiscono la salute a chi l’ha persa lavorando.