Referendum: per gli italiani all’estero niente informazioni né schede

Chi risiede oltre confine in maniera stabile o temporanea non ha ricevuto informazioni sul referendum dell’8 e 9 giugno, e in alcuni casi neppure i plichi elettorali, tra ritardi e silenzi di consolati e ambasciate. Abbiamo raccolto alcune testimonianze dello scarso interesse delle istituzioni a coinvolgere i cittadini nel voto

03.06.2025
Le schede elettorali usate dagli italiani all'estero per il referendum dell'8 e 9 giugno

Mentre in Italia si ha ancora qualche giorno per informarsi sul referendum abrogativo dell’8 e 9 giugno, per chi vive all’estero il tempo per votare è già agli sgoccioli.

Il plico elettorale sarebbe dovuto arrivare entro il 21 maggio, sia per chi è iscritto all’AIRE – a cui dovrebbe essere inviato in automatico – sia per chi si trova fuori dall’Italia da almeno tre mesi, per motivi di lavoro, studio o cure mediche, e che avrebbe invece dovuto fare richiesta entro il 7 maggio. Gli elettori, in teoria, avrebbero dovuto esprimere le proprie preferenze e rimandare il plico al consolato.

Perché l’uso del condizionale? Perché, come spesso accade, le cose non sono andate come previsto. O almeno, non per tutti: un esempio lampante sta nel fatto che, per essere valido, il voto deve arrivare al consolato entro le 16:00 del 5 giugno. Ma attenzione: questa è la data entro cui il plico deve essere ricevuto, non quella entro cui deve essere spedito – un dettaglio importante, che però non viene chiarito da nessuna parte.

Agli italiani all’estero non arrivano informazioni. E neanche i plichi elettorali

Alessia vive a Parigi. È iscritta all’AIRE da oltre un anno, e al 31 di maggio, cinque giorni prima della scadenza, non ha ancora ricevuto nulla. Lo stesso vale per diversi suoi amici, anche loro residenti nella capitale francese. Daniela, che vive a Londra da anni ed è anche lei registrata all’AIRE, ha dovuto contattare il consolato per ricevere un duplicato, visto che quello originale non è mai arrivato.

“Già trovare informazioni a proposito del referendum non è così immediato. Vorrei ci fosse più propaganda a riguardo, piuttosto che scoprirlo per caso da amiche più politicizzate su Instagram – ma mai qualcosa di ufficiale” mi racconta Daniela, che ha scritto diverse e-mail al consolato e all’ambasciata: prima per aggiornare l’indirizzo, poi per assicurarsi che avessero quello corretto, poi ancora per sollecitare, senza mai ricevere risposta.

Il plico le è infine arrivato, anche se ben oltre la data prevista (che secondo la maggior parte delle fonti doveva essere, appunto, il 21 maggio). Lei ha comunque votato e rimandato tutto, temendo però di aver ormai mancato il termine. La sua speranza è che, spedendolo da Londra, il plico arrivi comunque prima del 5 giugno.

Le informazioni riguardo le scadenze sono molto confuse” prosegue. “Uno non sa mai qual è l’indicazione giusta. Ci sono siti come quello della CGIL che dicono di spedire il plico ‘non oltre diciotto giorni prima del voto’, altri dicono tutt’altro, altri ancora non lo specificano. Comunque io vivo a Londra, quindi potrebbe arrivare in tempo all’ambasciata; ma se vivessi in un’altra città o in una zona più lontana, chi mi assicurerebbe che arrivasse entro la scadenza?”.

Una votazione di cui non si parla

Poi ci sono tanti che hanno perso la possibilità di votare per semplice mancanza di informazioni puntuali. Camilla, ad esempio, non era nemmeno a conoscenza del fatto che avrebbe dovuto registrarsi entro il 7 maggio per ricevere il plico, essendo residente all’estero solo temporaneamente.

“Quando ho visto un post su Instagram che incitava a votare dall’estero, era già troppo tardi. Il problema è che non ho ricevuto le informazioni in tempo. I miei non mi hanno detto nulla e le informazioni politiche che riceviamo dall’Italia sono sempre vaghe.”

Ora, sia chiaro: credo che sia dovere di ciascun cittadino informarsi sulla politica del proprio Paese, ma so anche per esperienza che trasferirsi all’estero è tutto fuorché semplice. C’è da adattarsi a una nuova cultura, a una nuova storia, a un nuovo contesto politico. Cercare di integrarsi – cosa che viene spesso rimproverata agli immigrati in Italia – e allo stesso tempo restare aggiornati su quello che succede a casa. Tuttavia è altrettanto vero che è compito degli organi di informazione accompagnare i cittadini nell’esercizio consapevole dei propri diritti democratici.

Oggi è più che mai importante avere accesso a un’informazione precisa, puntuale e capillare, e non si può certo dire che questo sia accaduto, se non forse in minima parte.

Non si tratta solo di una questione di inclusione di tutta la popolazione. Per noi italiani all’estero questo referendum ha un peso specifico: siamo quasi sei milioni e, secondo i sondaggi, il motivo principale che ci ha spinto a partire riguarda proprio il lavoro, i salari, i diritti dei lavoratori. Diritti che, con questo referendum, vengono rimessi in discussione.

 

 

 

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Photo credits: aise.it

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