Durante la cerimonia non è mancato lo spettacolo, con il tributo musicale al leggendario musicista, autore e produttore Quincy Jones, e a James Bond, la cui proprietà intellettuale è stata appena acquistata da Amazon. Non è mancato neppure l’omaggio ai pompieri, gli eroi della città di Los Angeles devastata a inizio gennaio dagli incendi. È mancata la politica, se non per un paio di battute dell’host O’Brien (una delle quali con Adam Sandler in platea, vestito in maniera inappropriata per la serata, come Zelensky nello Studio Ovale) e uno slava Ukraïni pronunciato da Daryl Hannah, presentatrice di un premio. Zoe Saldaña nel suo acceptance speech rivendica con orgoglio le radici domenicane della madre e la sua identità di figlia di immigrati. Mai però viene nominato il presidente Trump, nonostante Sebastian Stan sia nominato come Miglior Attore protagonista per aver assunto i suoi panni nel film The Apprentice – Alle origini di Trump di Ali Abbasi.
Un bagno di realtà è stato offerto dalla vittoria, nella categoria Documentari, di No Other Land, prodotto, scritto e montato da un collettivo israelo-palestinese formato da Basel Adra, Yuval Abraham, Rachel Szor e Hamdan Ballal, che ha conquistato l’Academy pur non avendo ancora trovato un distributore americano. Il film testimonia la drammatica situazione a Masafer Yatta, nella Cisgiordania occupata, negli anni dal 2019 al 2023.
In un momento complicato per Los Angeles, per l’industria cinematografica e, in definitiva, per tutto il mondo, gli Oscar lanciano un messaggio preciso di trasformazione. I due film più celebrati, Anora e The Brutalist, sono realizzati da filmmaker dalla precisa identità autoriale, che in maniera molto diversa delineano il collasso del sogno americano e le storture di un capitalismo violento e opprimente. Gli Oscar 2025 hanno soprattutto il merito di rilanciare la forza del cinema indipendente, fuori dalle logiche degli studios, e della sala come luogo privilegiato di visione. La lista dei nominati e dei premiati è, inoltre, sempre più internazionale, grazie alla globalizzazione dei membri dell’Academy. Per questo motivo, stona particolarmente che nel tradizionale In Memoriam siano assenti nomi come Alain Delon e Olivia Hussey.
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