Per ora i numeri però non fanno ben sperare, se diamo un occhio allo stato delle discriminazioni nei confronti della comunità LGBT+ in Italia.
Secondo l’ultima indagine esplorativa ISTAT-UNAR, pubblicata a fine 2024 e relativa all’anno precedente, un’inversione di rotta è ancora lontana. Se è vero che negli ultimi anni l’inserimento delle persone trans e non binarie nel mercato del lavoro è aumentato – portandosi al 65,3% in piena occupazione e a un ulteriore 20,6% che ha avuto esperienze lavorative in passato – più della metà (il 57% circa) dichiara che l’orientamento sessuale avrebbe rappresentato uno svantaggio in termini di carriera, riconoscimento professionale o retribuzione. Tra questi, circa il 40% avrebbe subito episodi di discriminazione (mancati avanzamenti, rifiuto di congedi o incarichi svantaggiosi), mentre circa il 37% sarebbe stato vittima di un clima ostile o micro-aggressioni, come l’uso scorretto di pronomi o deadname, ovvero il nome anagrafico originario che non corrisponde più alla propria identità di genere.
Sono le stesse difficoltà di cui parla Francesca Paris, che ha affrontato la transizione biologica e legale, ovvero il cambio di genere e, in seguito, dei documenti.
“Se non arrivi a compiere un cambio anagrafico le cose diventano devastanti. E non si può dire che chi lo ha fatto viva nel Paradiso” dice Paris, che ammette come questa convinzione sia una delle più grandi illusioni di chi fa un percorso di transizione e lo porta a termine. È preoccupata perché è convinta che le cose peggioreranno sotto il profilo lavorativo: “Con l’attuale scenario avremo un incremento della prostituzione trans, anche se nessuno ammette che se c’è un aumento è perché la domanda è molto alta”.
In ogni caso, non ha mai voluto incentrare la sua personalità e la sua vita sulla transizione. Una volta preso il diploma da stilista, Paris è diventata una delle prime donne trans a entrare nelle scuole a insegnare. Ancora si chiede se ciò sia accaduto per fortuna o per via della preparazione del dirigente scolastico. In ogni caso, la sua preparazione e competenza sono state così preponderanti, che chi l’aveva come docente non ha mai basato il proprio giudizio sulla sua storia personale.
“Ho fatto tanti lavori per potermi mantenere gli studi, nel momento in cui ero in transizione. Di difficoltà ne ho avute tantissime, anche nei settori che sono più aperti all’inclusività”, ricorda. Non tutte le persone trans però hanno una personalità così forte, spiega Paris. In più, l’accesso al mondo lavorativo è reso difficile da un’idea tossica che i media offrono della comunità LGBT+. Ecco perché per Paris è fondamentale che i media ora si impegnino più mai nel fare una corretta informazione. Lei ci dice di fare il suo, da attivista, e spiega che ogni volta ci tiene a sfatare il mito per cui la sua scelta sia uno sfizio: “Mi chiedo chi sia il pazzo in grado di sottoporsi a un intervento di cinque ore sotto ai ferri per moda” dice. In più, sostiene che per le persone trans è fondamentale lo studio e la conoscenza dei propri diritti. L’obiettivo infatti dovrebbe essere di prepararsi a tal punto da non permettere che qualcuno se ne approfitti.