Qualche giorno fa abbiamo riportato la notizia di un operatore della Gabriele D’Annunzio Handling, azienda che opera all’interno dell’aeroporto Montichiari di Brescia (e di Verona), il quale, rifiutandosi di movimentare materiale bellico si è visto recapitare una serie di provvedimenti disciplinari rischiando il licenziamento. Ne sono conseguiti uno sciopero e una interrogazione parlamentare da parte dei deputati del M5S Dario Carotenuto e Valentina Marzotti.
Curioso di conoscere l’esito di questa interrogazione parlamentare, ho fatto un po’ di rassegna stampa, trovando purtroppo solo qualche velina replicata decine di volte su quasi tutti i giornali, in cui si comunicava né più né meno dello svolgimento della stessa e poche informazioni rilevanti su com’è andata a finire.
Spinto da un moto autolesionista, mi sono collegato al sito di Radio Radicale – che registra gli interventi dalla Camera dei Deputati – e sono andato a rivedermi l’interrogazione parlamentare (durata meno di dieci minuti), dove ho potuto finalmente sapere per filo e per segno quali sono le posizioni degli interroganti e soprattutto le risposte della ministra Marina Elvira Calderone.
Il parlamentare Dario Carotenuto apre l’interrogazione affermando che il diritto allo sciopero è sacrosanto per antonomasia, ma ancor di più in questo caso, in cui un lavoratore è sottoposto a un rischio superiore a quelli previsti (e tutelati ordinariamente) all’interno delle sue mansioni. Il deputato ha sottolineato l’importanza di rispettare i principi etici dei lavoratori nel non voler supportare con il loro lavoro una guerra che non condividono, e a non alimentare i rischi che la movimentazione di materiali esplosivi possono caratterizzare, in aree (quelle aeroportuali) che spesso sono anche vicine a abitazioni civili. Termina il suo intervento invitando Calderone ad avere cura – almeno – di ciò che succede nel nostro Paese, e di lavoratori che sentono la responsabilità delle loro azioni.
L’intervento della ministra Calderone (ma i lettori potranno verificarlo di persona) è in linea con tutti gli interventi a cui ci ha abituati, e che seguono uno schema ormai standard.
- Cappello iniziale di solidarizzazione con le vittime (in questo caso i Paesi in guerra, così come nell’intervento sul caporalato nel settore della moda solidarizzava con i cinesi!);
- rassicurazione sul fatto che il Governo “già da ieri” sta attuando tutte le misure possibili;
- promesse di rafforzamento dei piani di controllo;
- mai nessun dato a supporto di quanto dichiara.
Anche in questa situazione, dunque, la ministra Calderone ha rassicurato che ogni operazione viene agita seguendo tutte le norme di sicurezza in vigore, e che addirittura si è informata con gli organi competenti: ha saputo che i contenuti e le valutazioni dei rischi, la vigilanza, nonché l’individuazione delle mansioni che espongono i lavoratori a quei rischi, sono in capo a più enti che vanno dalle autorità portuali e aeroportuali, passando per la polizia e i vigili del fuoco.
Almeno sappiamo che, in caso di esplosione di un missile, c’è qualcuno che andrà a mettere le transenne e qualcun altro a domare l’incendio.
La ministra Calderone prosegue il suo intervento con un’ulteriore risposta burocratica, in cui rivela l’esistenza di una procedura amministrativa aggiuntiva, con un visto del locale chimico dell’autorità del porto che fornisce l’autorizzazione alla movimentazione, e fornisce eventuali prescrizioni aggiuntive con controlli periodici se la merce che sosta nel porto dovesse presentare dei versamenti.
Conclude infine con un richiamo – molto salviniano, visto che è la stessa risposta che il ministro dei Trasporti offre alla stampa tutte le volte che revoca uno sciopero – alla compatibilità fra diritto allo sciopero e la tutela dell’interesse generale, come la libera circolazione delle merci. Ma che cosa c’entra con quanto richiesto nell’interrogazione parlamentare? E soprattutto, fino a che punto far circolare materiale bellico esplosivo è nell’interesse generale?
La deputata Valentina Barzotti replica all’intervento della ministra, riportandola alle sue responsabilità in qualità di ministro del Lavoro, e ricordando che il personale che movimenta materiali sensibili è tenuto non solo ad avere una formazione specifica, ma anche patentini specifici; soprattutto denuncia una totale mancanza di trasparenza, dal momento che gli operatori non possono individuare che cosa sia contenuto all’interno di quei lotti, il che li espone a rischi imprevisti. La deputata richiama dunque la fattispecie di reato (art. 437 del C.P.) nell’omissione delle misure di sicurezza.
Non mi esprimo in merito all’opportunità o meno di sostenere questa guerra. Di certo, laddove un ministro – a maggior ragione del Lavoro – espone dei lavoratori a rischi correlati da decisioni di natura politica come il sostegno a una guerra, dovrebbe quantomeno garantire non solo la sicurezza, ma anche un’informazione corretta e trasparente.
E su questo, la Calderone ha ancora molto da imparare.
L’articolo che hai appena letto è finito, ma l’attività della redazione SenzaFiltro continua. Abbiamo scelto che i nostri contenuti siano sempre disponibili e gratuiti, perché mai come adesso c’è bisogno che la cultura del lavoro abbia un canale di informazione aperto, accessibile, libero.
Non cerchiamo abbonati da trattare meglio di altri, né lettori che la pensino come noi. Cerchiamo persone col nostro stesso bisogno di capire che Italia siamo quando parliamo di lavoro.
Sottoscrivi SenzaFiltro