AstraZeneca vaccina il Terzo Mondo a prezzo di costo. Ma non era solo per over 60?

L’azienda anglo-svedese dichiara a SenzaFiltro che “il vaccino non è pericoloso”; l’AIFA conferma. Offerti quindici milioni di terze dosi all’Italia, ma il Governo le rifiuta: verranno distribuite in Paesi extra UE. Nel frattempo, l’antinfluenzale parte a rilento.

AstraZeneca non sarà uno dei vaccini che si potranno usare per la terza dose, anche se la società che lo produce ha scritto al ministero della Salute per dare la propria disponibilità a fornire le dosi per i quindici milioni di italiani, in buona parte insegnanti. Per molti di loro in questi giorni c’è la scadenza dei sei mesi dalla seconda dose, ma non del Green pass, che dura un anno (anche se tra le ipotesi al vaglio, c’è quella di ridurre il periodo a nove mesi).

Chi eventualmente volesse la terza dose quindi dovrà passare a un altro vaccino, compresi gli insegnanti che hanno meno di 40 anni, vaccinati a giugno. Anche se ufficialmente nessuno ha mai certificato le controindicazioni di AstraZeneca, che continua a essere usato in tutto il mondo. Anzi, secondo i dati dell’UE è uno dei principali vaccini distribuiti nei Paesi di Africa, Asia e Sudamerica.

Uno dei primi sieri arrivati sul tavolo delle vaccinazioni sarà dunque il primo a uscire di scena, almeno per l’Italia, pur non essendoci espressamente un divieto sui vaccini a vettore virale, categoria alla quale appartiene.

La ditta produttrice anglo-svedese, dopo Pfizer Biontech, fu una delle prime a trovare la soluzione per immunizzare dal COVID-19 – almeno per sei mesi, periodo dopo il quale sembrerebbe perdere di efficacia. Il 29 gennaio 2021 l’Agenzia per il Farmaco ha dato parere positivo all’uso del vaccino e sono iniziate le somministrazioni.

Passato l’entusiasmo iniziale, arrivarono i primi problemi.

I dolori di AstraZeneca, costretto a emigrare dall’UE

Il primo stop è arrivato al 15 marzo, quando l’AIFA ha sospeso la somministrazione per far luce su potenziali effetti collaterali. Il 19 marzo è ripresa, fino a giugno, quando pur non essendoci sospensioni l’Italia ha preferito altri vaccini. Alcune persone – un numero irrisorio – hanno riscontrato problemi dopo essersi sottoposti ai vaccini, creando difficoltà soprattutto a livello mediatico ai produttori.

Pur non rilasciando interviste da mesi, la filiale italiana della società ha ribadito a SenzaFiltro che «il vaccino non è pericoloso, è stato approvato e ha rischi avversi come gli altri farmaci. I benefici superano comunque in modo abbondante le controindicazioni». Al punto che le dosiavanzate” sono in partenza per i Paesi extra UE, che sono in ritardo con la campagna vaccinale. Della distribuzione se ne occuperà il governo italiano, in collaborazione con il programma COVAX, ma da mesi ormai AstraZeneca va in Africa, Asia e Sudamerica.

Del resto l’AIFA si è espressa con una circolare del 7 aprile 2021 spiegando che il vaccino Vaxzevria, prodotto da AstraZeneca, non presenta controindicazioni. L’unico consiglio è quello di somministrarlo a chi ha più di 60 anni, perché in quella fascia d’età non sono stati riscontrati eventi trombotici. Non ci sono quindi nemmeno pronunciamenti ufficiali in merito al ridurne l’utilizzo dal mese di giugno 2021 in poi, tant’è che si è continuato a utilizzarlo.

L’UE non usa più AstraZeneca: colpa dei ritardi, non della sicurezza

Le controindicazioni mediche, infatti, ufficialmente non sono alla base delle motivazioni che hanno portato alla fine dei contratti con l’Unione europea. A giugno l’utilizzo era già scoraggiato, al punto che alcuni insegnanti si sono visti posticipare la data di vaccinazione pur di non somministrarlo. Eppure nei mesi successivi si è continuato a farne uso. Il mancato rinnovo del contratto è motivato principalmente dai ritardi nelle consegne.

Infatti la società collabora al progetto COVAX, che si occupa della distribuzione nei Paesi extra UE, ed è quello che viene mandato di più in Africa, Asia e Sudamerica, a costi contenuti. Anche perché AstraZeneca sta distribuendo in tutto il mondo vaccini a Paesi poveri a prezzo di costo. Per l’Europa, invece, il contratto scadrà a fine anno, e in questi sei mesi dall’hub vaccinale di Pratica di Mare, in provincia di Roma, altri vaccini si sono mossi verso le Regioni.

Anche perché c’era chi chiedeva comunque la seconda dose con AstraZeneca. Solo in Lombardia al 5 novembre ne sono stati ordinati 1.000. In tutto da giugno in poi agli hub regionali sono arrivati 3.830.846 di vaccini e ne sono stati restituiti 590.888. Solo l’Emilia-Romagna ne ha restituiti 131.000, il Lazio 67.000, il Veneto oltre 68.000. Questi verranno indirizzati ai Paesi con difficoltà a reperire vaccini tramite il progetto COVAX, che in Italia ha come referente l’Unicef. Di solito vengono donati o venduti a prezzi più bassi, ma questa operazione deve essere svolta nel minor tempo possibile, anche perché il rischio è che scadano e si dovrà fare una vera e propria corsa contro il tempo.

Da novembre in Italia non si fanno più vaccini di questo tipo e pochi giorni fa è arrivata l’ufficialità con una circolare del ministero della Salute che specifica come «dal 1° dicembre 2021 sarà altresì possibile procedere con la somministrazione della dose “booster”, con vaccino a m-RNA, anche ai soggetti di età compresa tra i 40 e i 59 anni, nei dosaggi autorizzati per la stessa (30 mcg in 0,3 mL per Comirnaty di Pfizer/BioNTech; 50 mcg in 0,25 mL per Spikevax di Moderna), purché siano trascorsi almeno sei mesi dal completamento del ciclo primario di vaccinazione, indipendentemente dal vaccino precedentemente utilizzato».

Insomma, niente vaccini a vettore virale, cioè Vaxzevria, ma non per una scelta legata a motivi di salute. Sono quindi più di tre milioni gli italiani che hanno avuto la seconda dose con AstraZeneca, anche dopo giugno, e che a gennaio dovranno procedere con un altro tipo di vaccino, come anche da indicazioni dell’AIFA. Dal 1° dicembre inizieranno le terze dosi per i quarantenni, che hanno ricevuto la seconda a giugno, e per molti di loro per la prima volta ci sarà il cosiddetto cocktail. Anche se sono già state espresse delle perplessità, dal momento che i vaccini con richiamo comportano maggiori difficoltà gestionali in Paesi grandi, poco informatizzati e soprattutto nelle campagne dell’Africa, dove ci sono ancora problemi legati alla registrazione delle persone.

L’antinfluenzale comincia con un decimo dei vaccini richiesti

In compenso in Italia è già iniziata, seppur a rilento, la campagna antinfluenzale a lungo caldeggiata dal ministero della Salute come forma di prevenzione anche in ottica COVID-19. L’influenza e il COVID-19 hanno alcuni sintomi comuni; l’immunizzazione dall’influenza in generale riduce il numero di controlli da effettuare, e in generale sgrava la sanità di un peso.

A inizio mese, però, sebbene già in molti chiedessero i vaccini, le logistiche dei farmaci della Lombardia erano ancora vuote, come è stato confermato a SenzaFiltro da alcuni gestori. Tra le ATS e i medici di base sono intercorse varie telefonate per avere dei chiarimenti. I vaccini dalla logistica arrivano alle singole aziende sanitarie locali, che a loro volta le indirizzano alle farmacie, dove i medici di base possono reperirli. Dopo di che i medici devono registrare sul portale regionale, che in più occasioni ha creato delle difficoltà, quali sono i nomi dei pazienti che ne hanno usufruito e i vaccini utilizzati.

«Ne ho chiesti duecento per i miei pazienti», spiega a SenzaFiltro un medico del Nord Italia. «Tale era il numero di quanti ne hanno espresso la necessità. Me ne sono arrivati venti. Nei primi giorni era impossibile vaccinare. Nel frattempo si è presentato un paziente oncologico, quindi fragile, che mi ha chiesto di essere vaccinato. Non era nell’elenco originale, ma non ho avuto cuore di non vaccinarlo. Ora però diventa difficile registrarlo al portale regionale e ci sono altri che lo stanno aspettando».

La campagna vaccinale antinfluenzale è stata aperta il 7 ottobre negli hub vaccinali, e il 18 ottobre è stato attivato il canale di distribuzione nelle farmacie, ma nelle prime due settimane i vaccini che arrivavano, ad esempio in Lombardia, erano un decimo di quelli richiesti dai medici di base. Negli ultimi giorni i vaccini antinfluenzali stanno arrivando con maggiore celerità, anche se nei primi mesi la campagna ha subito un forte rallentamento a causa dei pochi farmaci disponibili e della lentezza con la quale sono state effettuate le consegne.

Photo credits: chosun.com

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