Vengo al punto che mi sta a cuore e che dal mio osservatorio è l’aspetto più rilevante dell’intera faccenda.
Ciò che davvero ritengo inappropriato per chi si fa portavoce dei valori di inclusione e meritocrazia è accettare di fare il testimonial (per quanto involontario) di una scuola elitaria che appartiene a un sistema non inclusivo per antonomasia, e che inoltre riflette proprio atteggiamenti, modalità, gergo e cultura a supporto di quei “modelli” di cui la Cortellesi parla nel suo discorso.
Confindustria ha a capo un presidente che ha millantato per anni una laurea mai conseguita, che rappresenta un’associazione di categoria – quella degli industriali – senza avere un’industria, e che nonostante la mancanza di requisiti di base, al tempo della sua elezione, ha fatto letteralmente “le scarpette” – con una ben poco raffinata attività di lobby – alla sua avversaria: una donna con esperienze solide, molto stimata e con una storia imprenditoriale di ben altro spessore.
Chi si dichiara paladino della meritocrazia (e che probabilmente l’anno prossimo, nonostante l’inadeguatezza e gli scandali gli “spetterà per diritto” proprio la Preesidenza della LUISS), dell’inclusione e della parità di genere dovrebbe tenersi lontano da un contesto simile come se fosse Kriptonite allo stato puro.
Per non parlare dell’avversione di Confindustria al salario minimo in un Paese in cui abbiamo ancora decine di contratti collettivi pirata, altri non aggiornati da anni, altri ancora che prevedono salari al di sotto dei 6 euro l’ora.
Associazione i cui rappresentanti locali, regionali e di settore da anni comprano pagine di giornale per testimoniare le loro difficoltà a reperire personale, incolpando prima i giovani di non aver voglia di lavorare e poi creando un vero e proprio movimento contro i percettori di Reddito di Cittadinanza, denigrando un gruppo di Persone evidentemente esiguo e lasciando credere che impattasse sull’economia del Paese, influenzando l’opinione pubblica quando i dati divulgati da Corte dei conti e Caritas raccontavano una storia (di povertà) del tutto diversa.
Credo che se la Cortellesi ha fatto un passo falso non sia nel contenuto, ma nel contenitore.
La LUISS è lo stesso posto che ha accolto – fra gli altri – la lectio magistralis di cui nessuno si ricorderà più del neo assunto AD di ENEL Starace, con un discorso molto criticato e tutt’altro che inclusivo e un gergo da vero patriarca. Il posto meno adatto dove sensibilizzare su temi di uguaglianza, prima di tutto perché chi frequenta quelle scuole – come diceva Orwell – “è un po’ più uguale degli altri“, e in secondo luogo perché è sotto gli occhi di tutti che le generazioni più giovani, che non a caso abbiamo chiamato “fluide”, non facciano un gran caso ai colori della pelle e alle preferenze di genere, e soprattutto stanno perdendo del tutto il senso della competizione.
Casomai, quel discorso andava fatto a qualche assemblea di industriali di mezza età e ai loro padri, che sono invece i clienti perfetti della Cortellesi e che forse hanno pensato che, comprando la testimonial del momento, si sarebbero puliti la coscienza de anni di mobbing verso le donne in maternità, di squilibri retributivi, di relazioni tossiche e malate, di approcci paternalisti e patronali, di sessismo sfacciato e sbandierato nei migliori club del sigaro.
Ma, come dico sempre, la cosa più difficile da conservare è la coerenza.
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