Concorsi per insegnare? Non sempre servono: basta la MAD

Analizziamo la situazione delle messe a disposizione e dei casi di supplenti che possono insegnare pur non avendo superato concorsi e senza una preparazione specifica.

Fare luce su una zona in cui batte il sole, non solo a livello giornalistico ma in generale nella vita di tutti i giorni, è paradossalmente un compito arduo. Quando una contraddizione è sotto gli occhi di tutti diventa infatti più difficile definirla tale, perché viene data per scontata, considerata accettabile e tutto sommato non problematica. Salvo poi scontrarsi con il fatto che in realtà lo è, magari anche pesantemente.

Approdiamo su un territorio che queste insidie, a fianco di numerosi esempi virtuosi, ne conosce tante: la scuola. Un ambito in cui ombre e luci assumono toni netti o a volte confusi, quasi frastagliati, e dove determinate dinamiche inaspriscono i loro tratti già maldestri dal punto di vista della cultura del lavoro e del suo rispetto. In questo frangente parliamo delle cosiddette MAD, ossia le messe a disposizione.

MAD: che cosa sono le messe a disposizione? Lavorare da insegnante senza studi e concorsi

Per chi non lo sapesse, con le messe a disposizione ci si dichiara disponibili a effettuare supplenza nelle scuole che presentano carenze di organico. Si tratta di un’istanza informale legalmente riconosciuta e prevista dal MIUR.

Per accedere alle messe a disposizione non serve aver superato concorsi e neppure aver ottenuto crediti in materie utili ad acquisire competenze per il ruolo di insegnante. Puoi aver lavorato per anni in un ambito totalmente differente o non aver nemmeno lavorato, e diventare da un giorno all’altro – ad esempio – un insegnante di geografia in quinta elementare.

C’è chi punta il dito su questo sistema, e in particolare su un aspetto che genera disappunto: le persone che accedono all’insegnamento tramite MAD, anche nei casi in cui non hanno una preparazione adeguata, guadagnano all’incirca lo stesso stipendio dei colleghi docenti, che invece hanno superato l’iter di studi e i concorsi.

D’altro canto le MAD permettono di trovare docenti per classi o singoli alunni con certificazione che altrimenti ne resterebbero privi, oltre a rappresentare un’occasione di lavoro per persone che lo stanno cercando. Su questi tasselli incandescenti scricchiola la tenuta di una parte importante dell’intera dinamica, che trasuda paradossi e frustrazioni difficili da scardinare.

Per affrontare il tema con par condicio e senza veli di reticenza ci siamo confrontati con due docenti che vivono la MAD da fronti differenti.

“Messe a disposizione? Senza motivazione e formazione, ripercussioni gravi sugli alunni”

La nostra prima intervistata è una docente di ruolo di una scuola primaria in Lombardia.

“Ci sono supplenze derivate da MAD, che possono durare anche un anno intero, gestite da persone prive di competenze. Non è indispensabile avere un determinato titolo di laurea, per fare supplenza nella primaria può bastare anche il diploma”, esordisce, contrariata dalla situazione. E sottolinea: “Il problema principale è che chi viene preso come docente tramite MAD spesso non ha alcuna preparazione, e in diversi casi nemmeno una motivazione, con ripercussioni gravi da tanti punti di vista”.

La dinamica confina con la questione occupazionale: “Ci si può imbattere in persone che s’improvvisano nel ruolo e che si buttano nell’insegnamento come lavoro di ripiego, perché magari hanno perso il loro o non trovano altro. La MAD inoltre non pone particolari limiti di età e possono capitare persone di 50 anni che prima facevano tutt’altro, magari l’architetto, il barista o l’estetista, e che utilizzano questo canale come piano B per avere uno stipendio. L’attuale disagio economico determinato dalla pandemia sembra stia peggiorando la situazione”.

Da insegnante che ha effettuato tutto l’iter di studi ed esami previsti, come la pensa dal punto di vista della meritocrazia?

Sono allibita per il fatto che determinati colleghi insegnino discipline al pari di me senza avere competenze didattiche, pedagogiche e psicologiche adeguate al ruolo. Una mia ex collega, priva di preparazione e che aveva ottenuto il ruolo di insegnante tramite MAD, è scappata via dopo poche settimane di supplenza. I bambini erano peggiorati nel comportamento, lei è entrata in crisi totale senza poter proseguire con la didattica. Risultato: abbiamo dovuto cercare un’altra insegnante sempre tramite elenchi di messe a disposizione. Un nuovo terno al lotto.

Dal punto di vista dell’improvvisazione spesso veicolata da questo canale privo di selettività, quali esempi ci può dare?

Il primo che mi viene in mente è quello di chi s’improvvisa sull’insegnamento dell’italiano pur non sapendosi esprimere correttamente. Queste lacune vengono poi trasmesse ai bambini in un’età importantissima dal punto di vista dell’apprendimento.

A questo proposito, parliamo dei destinatari primari del servizio didattico. Quali sono le conseguenze su alunni e alunne?

Bambini e ragazzi percepiscono subito se manca la motivazione, che tra l’altro determina lo spirito della classe. Si ritrovano con insegnanti che entrano in ansia, danno note e punizioni a caso, e scatta un circolo vizioso che poi si ripercuote anche sugli altri docenti.

Questo però può accadere anche a chi ha compiuto studi appropriati.

È vero, ma avviene in percentuale minore. Tutti abbiamo la prima volta, ma senza preparazione non si va da nessuna parte.

Restando sul tema conseguenze negative, ci vengono illustrate quelle che ricadono sugli insegnanti preparati.

È capitato che queste insegnanti improvvisate ci venissero a chiamare nel bel mezzo della lezione per aiutarle a gestire la loro classe. Però noi non possiamo abbandonare la nostra! Ci troviamo così a fornire loro indicazioni pedagogiche e a fare vera e propria formazione. Tutto questo in orario extra lavorativo, tipo il sabato pomeriggio, e senza nessun compenso economico: situazione per nulla corretta.

Chi arriva a queste derive ha consapevolezza del cortocircuito che s’innesca?

Si rendono conto che i bambini si comportano in modo diverso, ma non ho mai visto nessuno che facesse retromarcia con l’esito di perdere lo stipendio, tranne nel caso raccontato. Piuttosto vanno avanti barcamenandosi e con tutte le lacune del caso.

Venendo al nocciolo della questione: le MAD sono state attivate per colmare la mancanza di insegnanti. Quali soluzioni alternative proporrebbe per rispondere a questa necessità, tutelare al contempo la meritocrazia, e soprattutto fornire un buon servizio didattico?

Riguardo alla meritocrazia, per me è impensabile che gli stipendi siano uguali tra chi ha una preparazione adeguata e chi no: per giustizia dovrebbero alzarlo a chi una preparazione ce l’ha. Come soluzione pratica investirei una piccola parte degli stipendi degli insegnanti privi di preparazione in un corso obbligatorio di formazione, o in alternativa per pagare un affiancamento da parte di un docente preparato che faccia da tutor. Inoltre implementerei un test, perché è inaccettabile che l’insegnamento venga vissuto come un ripiego.

Ma alla fine dei conti chi sceglie le persone dagli elenchi MAD?

Le segreterie delle scuole. I dirigenti scolastici spesso non sanno nemmeno chi sono questi insegnanti.

“Esistono docenti MAD motivati e docenti di ruolo demotivati”. Ma l’improvvisazione è inaccettabile

La nostra seconda intervistata è una docente che svolge supplenza in una scuola superiore, sempre in regione Lombardia, e che ha acceduto al ruolo tramite MAD.

“Ho colto la palla al balzo e mi è risultata utile”, afferma schiettamente. Con noi sfata subito un possibile pregiudizio: “Non tutti quelli che accedono tramite MAD sono persone impreparate o improvvisate. Va fatta distinzione tra chi vive l’insegnamento come un ripiego e tra chi invece utilizza questo canale di accesso mentre si sta preparando correttamente”.

In che senso? “Ad esempio, io per una questione di tempistiche non avevo potuto accedere alle graduatorie provinciali che richiedono, oltre al titolo di laurea, i 24 crediti formativi universitari legati a scienze pedagogiche e psicologiche, che ora ho acquisito. So di una persona che prima lavorava come guida turistica che ha fatto il corso per ottenere questi 24 CFU, ed è andata a insegnare solo per avere uno stipendio sicuro. È entrata tramite graduatorie provinciali e non attraverso le messe a disposizione, ma il risultato mi sembra lo stesso!”. E sottolinea: “Esistono anche tanti docenti di ruolo non motivati e per nulla aggiornati. Inoltre i 24 CFU non sempre ti preparano adeguatamente. La prima volta esiste per tutti, MAD o non MAD”.

Ci conferma come la situazione coronavirus abbia peggiorato la situazione di chi si butta sull’insegnamento per mantenersi. E intanto germogliano alla velocità della luce corsi per i CFU. Non manca però la condanna all’improvvisazione. “Io l’ho provata sulla mia pelle quando ho dovuto fare sostegno scolastico a un bambino autistico con pesanti problemi comportamentali. È durata poco, ma questa esperienza mi ha profondamente segnata. Conoscevo già il tipo di disturbo, ma questo non basta: servono alte competenze e vera preparazione. Da allora non ho più accettato il sostegno per senso di responsabilità. Il fatto è che se rifiuti più volte poi non sai se verrai richiamato”.

Infine un episodio emblematico: “Durante una convocazione c’era un’insegnante precaria che raccontava di essere lì a fare la fila dopo aver acceduto alle graduatorie, mentre una sua conoscente tramite MAD stava già lavorando in classe. Una dinamica inaccettabile per tutti”.

Photo credits: www.sonhaberler.com

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