I dati INAPP evidenziano un’altra lezione che l’Italia non ha imparato dal COVID-19: limitare la protezione sociale dei lavoratori rinunciando all’universalismo differenziato mette a rischio milioni di professionisti. Una strada inversa rispetto a quella di altri Paesi europei
Coronavirus, Iva esclusa
Quello delle partite Iva è un popolo senza rappresentanza, è un universo senza un ordine che lo sorregga. L’emergenza COVID-19 ha finalmente rivelato la fragilità di un sistema che conta oltre 5 milioni di lavoratori ma la politica non sembra averne colto tutte le complessità: il viaggio italiano di Senza Filtro tra le partite Iva […]
Quello delle partite Iva è un popolo senza rappresentanza, è un universo senza un ordine che lo sorregga.
L’emergenza COVID-19 ha finalmente rivelato la fragilità di un sistema che conta oltre 5 milioni di lavoratori ma la politica non sembra averne colto tutte le complessità: il viaggio italiano di Senza Filtro tra le partite Iva grandi, piccole, ricche, povere, disperate, intraprendenti.
Articoli di reportage
Partite Iva, lo scenario è dietro il sipario – di Norman Di Lieto;
La bomba sociale dei collaboratori occasionali, veri desaparecidos del lockdown – di Norman Di Lieto;
Il lavoro nobilita ancora l’uomo? Il fallimento del primo maggio – di Marta Fana;
Bonus lavoratori autonomi: troppo fragile, troppi esclusi – di Anna Soru;
Liquidità per le microimprese: il sogno infranto dal governo – di Fabio Bolognini;
Popolo della partita Iva: precario lui, precarie le imprese – di Francesco Tedeschi;
Sindacato partite Iva: uno, nessuno e centomila – di Monia Orazi;
Come parlano le partite Iva sui social? – di Erika D’Amico;
Saracinesche chiuse: piccoli commercianti, grandi bollette, enormi paure – di Norman Di Lieto;
Giovani cresciuti a cavallo delle crisi: il COVID-19 li ha resi ancora più precari – di Virginia Zettin;
Partite Iva ricche: per il coronavirus è una colpa – di Virginia Zettin.
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Due indagini fotografano lo stato dei lavoratori del settore culturale dopo la pandemia. Il risultato è impietoso: la stabilità si trasforma in precariato, il precariato in disoccupazione. E Milano guadagna un triste primato.
Il voucher, introdotto per la prima volta dalla riforma Biagi nel 2003 ma poi concretamente utilizzato solo a partire dal 2006, è un “buono” (che per il lavoratore aveva un valore di 7 euro e 50 centesimi al netto) per retribuire i lavori occasionali e sottrarli alle irregolarità delle economie sommerse. Ma è diventato sempre […]