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Decreto Salvini, Bologna chiama la piazza
Ieri sera eravamo tanti. Raccolti tra il grande albero di Natale e i muscoli restaurati del Nettuno. Bologna, come tante città italiane, ha ospitato la fiaccolata per celebrare il settantesimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, aderendo all’iniziativa promossa da ActionAid Italia, Amnesty international, Caritas, Emergency e Oxfam. Ma in piazza non c’erano solo le […]
Ieri sera eravamo tanti. Raccolti tra il grande albero di Natale e i muscoli restaurati del Nettuno. Bologna, come tante città italiane, ha ospitato la fiaccolata per celebrare il settantesimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, aderendo all’iniziativa promossa da ActionAid Italia, Amnesty international, Caritas, Emergency e Oxfam. Ma in piazza non c’erano solo le Ong. La presenza delle istituzioni si è fatta sentire a voce alta. Alle 18.30 erano già tutti presenti: il sindaco Virginio Merola e gli assessori Matteo Lepore e Marco Lombardo. Poi parecchi giornalisti e soprattutto tanti bolognesi. Lo scopo, per tutti, era celebrare l’occasione in una serata stranamente calda e volutamente calma. Solo un po’ di agitazione quando ci si rende conto che, nonostante gli anomali 10 gradi segnati il 10 Dicembre, il vento continua ostinatamente a spegnere le candele che gli organizzatori hanno posizionato in terra attorno alla scritta “Diritti a Testa Alta”.
Proprio mentre si cerca di sconfiggere il vento sostituendo le candele con una versione super accessoriata dotata di un bordo rialzato riesco a parlare con Matteo Lepore, Assessore Cultura, Turismo, Sport e Immaginazione civica del Comune di Bologna. Vuole sottolineare che “L’amministrazione c’è perché in questo momento, più che in altre occasioni, occorre manifestare visto che il Paese manca di una vera cultura dei diritti umani. Mancano le leggi e manca la mobilitazione pubblica. Una città come Bologna che ha sempre fatto dell’accoglienza la sua identità deve essere la prima ad essere presente”. E quando gli chiedo la sua posizione rispetto al Decreto Salvini un po’ di amarezza appare lucidamente nel suo sguardo. “In Consiglio comunale abbiamo approvato un ordine del giorno per non applicarlo: stiamo lavorando perché questo decreto non abbia effetti sulla nostra città. Ma non è facile perché questa legge riporta indietro il Paese ad un’idea di clandestinità molto forte. Il modello di accoglienza bolognese non ha mai vissuto grandi problematiche, anzi è sempre stato un esempio di inclusione e integrazione. L’Hub di via Mattei è stato visitato anche dal Papa perché rappresenta uno dei simboli di come si può fare una buona accoglienza. Purtroppo il Ministro della paura ci riporta indietro e probabilmente saremo uno dei territori che più pagherà questa politica. I cittadini per primi si accorgeranno della differenza. Non avremo le risorse per fare quella buona integrazione che si è fatta finora. La sfida è ancora più difficile rispetto a quei luoghi dove c’erano enormi centri di accoglienza con migranti che non venivano gestiti, che non avevano un percorso di inserimento lavorativo o di tutela. A Bologna c’è inserimento e tutela e ci sono anche decine e decine di famiglie che hanno accolto in casa immigrati che provenivano da corridori umanitari”.
L’unica domanda che riesco a fargli è se avranno la forza di costruire un modello alternativo senza il governo. “Lo faremo – conclude Matteo Lepore – insieme alle centinaia di associazioni e di cooperative sociali e insieme ai tanti cittadini che pensano che l’accoglienza sia un valore. Lo faremo coinvolgendo la società civile”.
E vicino a Matteo Lepore c’è anche Marco Lombardo, Assessore con delega alle Relazioni europee e internazionali alla Cooperazione internazionale, al Lavoro, e alle Politiche per il Terzo Settore. “Partecipare stasera è un piacere – mi spiega – ma anche un dovere istituzionale perché la battaglia per i diritti umani non è solo giuridica, ma anche culturale ed etica. Non conosce frontiere e non conosce muri di cittadinanza e noi vogliamo dare il nostro sostegno istituzionale a tutte le Ong. Abbiamo chiesto ad alta voce di sospendere il Decreto Salvini domandando che tutte le osservazioni che erano state fatte dall’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani) venissero accolte in sede di conversione del decreto. Purtroppo questi emendamenti non sono stati considerati e noi continuiamo a essere molto critici perché è nostro dovere rispettare la legge, ma è anche nostro dovere rispettare la Costituzione”.
Sono le 19 e arriva il momento di leggere gli articoli. Il Sindaco, gli Assessori, Alessandro Bergonzoni, i rappresentanti delle Ong e i cittadini leggono la dichiarazione. Articolo per articolo. Vicino a me in quel momento c’è Giovanni Beccari di Cefa Onlus che mi fa notare che “Non c’è gioia nei loro occhi, il clima è sereno ma c’è la consapevolezza che bisognerà impegnarsi molto per non tornare indietro”.
Finita la lettura mi avvicino al camioncino di Amnesty e lì trovo anche Franca Menneas, rappresentante del gruppo di Amnesty International che ha organizzato la manifestazione insieme alle altre associazioni. È visibilmente emozionata perché la partecipazione è stata grande. “Dare voce alla Dichiarazione leggendo gli articoli e senza fare altri commenti ci sembrava la cosa migliore, perché sono talmente belli che parlano da soli. Oggi sentiamo la necessità di accendere i riflettori su questi diritti perché il clima di odio e di razzismo si sta diffondendo sempre di più, insieme alla discriminazione. La solidarietà oggi sembra criminalizzata e l’aiuto è bandito. Oggi cerchiamo di ripartire dai diritti umani per costruire un futuro di pace e libertà”.
E il canto finale di Manu Napolitano accompagnata dal coro Alicanto e dai percussionisti Maracatimba ha, davvero, il sapore di una liberazione.
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