Infermieri in piazza: “Non siamo eroi, siamo precari”

Nella Fase 1, quella dell’esplosione della pandemia da SARS-CoV-2, che ci ha fatto conoscere da vicino la malattia COVID-19 e ha comportato un ferreo lockdown nazionale, l’immagine dell’infermiera stanca è uno dei simboli che la nostra memoria tratterà per più tempo come immagine viva. Una lavoratrice che fa semplicemente il suo dovere. Che sceglie di […]

Nella Fase 1, quella dell’esplosione della pandemia da SARS-CoV-2, che ci ha fatto conoscere da vicino la malattia COVID-19 e ha comportato un ferreo lockdown nazionale, l’immagine dell’infermiera stanca è uno dei simboli che la nostra memoria tratterà per più tempo come immagine viva. Una lavoratrice che fa semplicemente il suo dovere. Che sceglie di diventare infermiera per aiutare il prossimo, star vicino a chi soffre e alleviare le sofferenze. Una lavoratrice che, in quanto essere umano, a fine turno crolla per la stanchezza fisica e la tensione mentale alla quale è sottoposta in un tempo che rivoluziona ritmi lavorativi e tenta cure improntate sulla sperimentazione per alleviare le crisi respiratorie.

Nella foto, l’infermiera Elena Pagliarini. Ph. Francesca Mangiatordi, medico del Pronto Soccorso dell’Ospedale Maggiore di Cremona. Fonte: https://www.photovoiceproject.it/limmagine-che-documenta/

 

Ecco: a lei, come a tanti altri suoi colleghi i cui volti sono stati segnati da mascherine e DPI, migliaia di persone devono la vita, oltre che al contributo di medici e ricercatori illuminati. Sono coloro per i quali è stato fatto un appello e si sono creati posti di lavoro. Sono quelli che sono passati per eroi, pur avendo semplicemente fatto il proprio dovere e messo a rischio sul campo anche la loro salute. Sono coloro che il 15 giugno 2020, all’inizio della Fase 3, sono scesi in piazza nelle principali città italiane per chiedere rispetto verso i loro diritti, i diritti dei lavoratori in uno Stato la cui Costituzione si basa sul diritto al lavoro (Art. 4 Cost.).

Google Immagini per la stringa di ricerca “infermieri stanchi” riporta alla memoria tutti i volti in camice protagonisti dell’emergenza sanitaria: volti stanchi su cui è dipinta l’espressione del dolore, della sofferenza, della morte che in alcuni casi è stata inevitabile. Volti che sono stati considerati paladini dalle cronache, ma che in realtà erano solo professionisti, sottopagati e sotto stress psicofisico, che facevano il loro lavoro con coscienza, come lo hanno sempre fatto anche in tempi precedenti alla crisi sanitaria.

 

Che cos’è il Movimento Nazionale Infermieri

A Napoli incontriamo una portavoce del Movimento Nazionale Infermieri.

“Il Movimento è nato in meno di un mese e conta 37.000 iscritti. Abbiamo sentito questa esigenza di rappresentare la nostra categoria e di non farci rappresentare da nessuna bandiera né sindacale e né politica. Sentiamo la necessità di combattere e di rivendicare i nostri diritti contro un meccanismo che funziona male. Bisogna investire sulla sanità sia per chi eroga assistenza sia per chi ne usufruisce. Noi siamo lavoratori, ma al tempo stesso siamo cittadini, e nasce l’esigenza di rimodellare tutto il sistema sanitario nazionale. Con e dopo il COVID bisogna capire l’importanza della figura infermieristica sul territorio, che è l’infermiere di comunità, l’infermiere di famiglia, la cura sul territorio.”

A spiegarlo è Tiziana Piscitelli. E continua: “Siamo nel 2020, il COVID ha dato questo sprone a rimodellare la figura infermieristica sul territorio. Non siamo eroi e non abbiamo i super poteri. Siamo delle persone che lavorano e che fanno il proprio lavoro con passione e dedizione. Curiamo la persona e ci prendiamo cura della persona. Siamo stanchi. Siamo collerici perché con il COVID si è risvegliata una coscienza collettiva da parte della categoria infermieristica e si è risvegliato il coraggio non solo da parte di una sola persona, ma da parte di tutti. In tutta Italia, in questo momento, si sta manifestando. E ci voleva il COVID per riconoscere quanto noi infermieri siamo importanti, quante responsabilità abbiamo nei confronti dei pazienti, stando al loro fianco tutti i giorni”.

Il flash mob e l’appello nelle piazze italiane

Il 15 giugno Piazza del Plebiscito a Napoli, in contemporanea ad altre piazze d’Italia, ha visto i rappresentanti del movimento locale scendere in campo per un flash mob rappresentativo della richiesta legittima del rispetto dei loro diritti. Nel discorso vengono specificate motivazioni, raccontato lo status delle condizioni lavorative ed elencate le richieste della riforma contrattuale che vedrebbe un nuovo disegno per la figura infermieristica: mansioni, territorio, libera professione e compensi.

Al megafono la portavoce Piscitelli afferma: “Siamo Movimento Nazionale perché sentivamo l’esigenza di darci un nome senza bandiere sindacali e politiche e di presentarci alle Istituzioni. L’abbiamo chiamato Movimento perché è una mobilitazione, una azione collettiva che propone un cambiamento delle regole e dei valori. È una azione che ha una continuità che inizia con il flash mob e mira al riconoscimento dei nostri diritti. Lo abbiamo chiamato Nazionale perché abbiamo connesso l’Italia intera, avete connesso l’Italia intera, da Nord a Sud, mai prima d’ora era successo. L’abbiamo chiamato Infermieri perché è nostro: concepito e formato da soli infermieri, da infermieri che sono sul campo tutti i giorni e che sanno cosa significa lavorare in determinate condizioni”.

“Il Movimento appartiene a noi, categoria unica e imprescindibile, con l’unica bandiera che ci rappresenta: la nostra dignità professionale. Ogni giorno combattiamo contro virus e malattie incurabili. Abbiamo affrontato ogni emergenza sanitaria perché fa parte del nostro lavoro. Non vogliamo applausi dai balconi, non vogliamo essere chiamati eroi, non vogliamo le medaglie a cavalieri d’Italia, non vogliamo riconoscimenti economici come premio, non scendiamo in piazza per avere il bonus COVID. Vogliamo essere riconosciuti per ciò che siamo sempre stati.”

Scendiamo in piazza per i nostri diritti: siamo infermiere e infermieri del pronto soccorso, del 118, di terapia intensiva, di sala operatoria, di reparto, di ambulatorio; siamo nelle RSA, nelle cliniche riabilitative, nelle cliniche private, ovunque c’è necessità di noi. Noi infermieri siamo la spina dorsale del sistema sanitario nazionale. Non siamo ombre della categoria medica. La nostra è una professione autonoma: siamo laureati, siamo specializzati, siamo tra le professioni sanitarie, assieme a quella medica, che maggiormente si aggiornano e studiano, che conquistano una laurea con sacrificio e merito come altre professioni autonome, e che continuano il proprio percorso di studi.”

“Abbiamo un ordine a cui far riferimento: obblighi, responsabilità che con la Legge Gelli del 2017 si sono inasprite anche sotto il punto di vista giuridico. In questa fase post-COVID siamo tornati a essere delle comparse, sono ricominciate le aggressioni verbali e fisiche nei Pronto Soccorso, sulle ambulanze e nei reparti. È stata calpestata la dignità dei lavoratori, la dignità degli infermieri. A tutto ciò diciamo: basta al mancato riconoscimento economico degli operatori sanitari. Basta eroi! Basta applausi! Basta medaglie! Vogliamo i nostri diritti! Vogliamo la riforma del contratto!”.

Palloncini rossi in piazza: le richieste degli infermieri

L’appello in piazza verte su alcuni punti fondamentali affinché le condizioni contrattuali della figura professionale infermieristica vengano attualizzate ai tempi correnti:

  • un Contratto Unico per le professioni infermieristiche che ridisegni la figura professionale dell’infermiere, a oggi considerata ibrida e obsoleta. Aumento del salario e delle indennità ferme a 20-30 anni fa. Basti pensare alla conversione subita da lire in euro: indennità radiologica da 200.000 lire a poco più di 100 euro, indennità di reperibilità da 40.000 lire a 20 euro, indennità malattie infettive che ammonta a 1,03 euro al giorno;
  • esercizio della libera professione al pari dei medici, rimuovendo il vincolo di esclusività;
  • una legge per riconoscere le competenze specialistiche post-laurea, così come accade in Europa;
  • riconoscimento del lavoro notturno. Anche l’attività infermieristica è lavoro usurante al momento estromesso dalla “Riforma Pensioni”;
  • adeguamento delle dotazioni organiche e revisione degli standard assistenziali. Basta ai tagli e all’infermiere tutto-fare, occorrono assunzioni;
  • abbattimento del precariato, stabilizzazione dei contratti a tempo determinato e scorrimento delle graduatorie in essere.

Gli infermieri si sono presentati in piazza con dei palloncini rossi. A ogni palloncino è stato associato un desiderio. Tra i desideri che hanno preso il volo: abbattimento del precariato, riconoscimento delle figure specialistiche, uscita dal comparto sanitario e stipula del primo contratto esclusivo per l’infermiere, equiparazione dell’infermiere di Pubblica Amministrazione con infermiere di ente privato.

 

 

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