Mariupol: il teatro del vicino è sempre più verde

Durante la pandemia i teatri italiani sono rimasti chiusi ininterrottamente per più di un anno, bombardati dall’indifferenza della politica che in più e più decreti non li aveva riconosciuti tra i “beni essenziali” da mettere in elenco. Nonostante già a fine 2021 l’AGIS (Associazione Generale Italiana dello Spettacolo per lirica, prosa, danza e concerti) avesse […]

Durante la pandemia i teatri italiani sono rimasti chiusi ininterrottamente per più di un anno, bombardati dall’indifferenza della politica che in più e più decreti non li aveva riconosciuti tra i “beni essenziali” da mettere in elenco. Nonostante già a fine 2021 l’AGIS (Associazione Generale Italiana dello Spettacolo per lirica, prosa, danza e concerti) avesse lanciato il suo grido di dolore e di rabbia fornendo i dati del contagio: su 347.262 spettatori in 2.782 spettacoli monitorati dal 15 giugno (giorno della riapertura dopo l’isolamento) ad inizio ottobre, si era registrato un solo caso di contagio da Covid 19. Teatri di gran lunga più controllati dei mezzi pubblici, solo per fare un esempio. Ma il ministro Franceschini disse pubblicamente che si prendeva lui la responsabilità della chiusura per tenere bassa la mobilità degli italiani: quanti controsensi già allora che, riletti oggi, aumentano il malessere generale.

In queste ore va tenuta bene a mente la sua posizione rispetto alla crisi del settore dello spettacolo mentre il ministro twitta al presidente ucraino Zelensky che vuole metterci proprio la sua firma sulla ricostruzione del teatro di Mariupol, con Zelensky che gli risponde a stretto giro.

L’Italia è pronta a ricostruire il Teatro di Mariupol. È stata approvata dal Consiglio dei ministri la mia proposta di offrire all’Ucraina mezzi e risorse per riedificarlo appena sarà possibile. I teatri di ogni Paese appartengono a tutta l’umanità“.

“Grazie Dario Franceschini. Hai dato il buon esempio da seguire. Insieme ricostruiremo il Paese fino all’ultimo mattone”. 

Intanto, solo su Roma, Massimo Romeo Piparo, presidente dell’Atip, l’Associazione teatri italiani privati, meno di due settimane fa aveva lanciato l’appello alla politica per avere in fretta sostegni economici: le previsioni parlano della scomparsa, da qui a giugno, di un buon 40% di aziende private che gestiscono le sale solo su Roma. Operatori che hanno fatto investimenti per riaprire e per sperare in una seconda vita ma, complici tanti fattori oltre alla pandemia, la crisi sembra adesso davvero irreversibile.

Credo si possano sentire traditi in casa propria tutti gli artisti, gli operatori e gli esercenti dello spettacolo italiani davanti alla corsa di Franceschini per prendersi il primato su Mariupol: avrebbero sperato nella stessa fretta nel dare supporto anche al loro lavoro e alle loro economie in crisi, per molti ormai a fine corsa. Che amarezza se il tuo Paese ti fa quasi sentire in colpa perché aiuti persone in guerra al posto tuo.

Ma i primati a cui ambisce la politica italiana sono ormai solo di circostanza, corrono sui social perché da lì arrivano prima al resto del mondo; perché ai nostri ministri piace dire in modo ricorsivo e fastidioso che “siamo stati i primi e che l’Italia è un modello”: ce lo dicono dall’inizio della pandemia ma non ci hanno convinti.

Intanto dalla Polonia parte un’operazione più edificante e solidale, meno da primadonna rispetto a quella di Franceschini. Lo storico e politologo polacco Pawel Ukielski ha attivato la rete dei Monuments Men e, dal Museo della rivolta di Varsavia, ha lanciato l’appello al resto del mondo: “Unitevi a noi. La nostra città è stata completamente rasa al suolo durante la Seconda guerra mondiale. E con lei sono stati distrutti anche i nostri beni culturali. Per questo abbiamo deciso di lanciare il comitato di sostegno all’Ucraina”. Durante la Seconda guerra mondiale un team internazionale composto da centinaia e centinaia di esperti e intellettuali aveva indossato mimetica e casco per salvare e recuperare i capolavori dell’arte distrutti o razziati dalle truppe naziste in Europa.

Ricorderete il film di George Clooney del 2014.

Il comitato ora si è costituito di nuovo per tutelare l’arte ucraina dalle bombe e per segnare il passo rispetto a quella guerra di metà secolo scorso: non verranno infatti solo messe al sicuro collezioni, monumenti, musei, opere d’arte e registri dei musei ucraini, ma verranno anche digitalizzati e archiviati dati da conservare in un cloud, al sicuro nel web. 

Caro Ministro, non ci interessano i primati a tutti i costi ma la solidarietà fatta col buonsenso e non serve sbandierarla in guerra per sembrare migliori. Ci sono piccole e grandi battaglie anche dentro la nostra cultura italiana e vite che dovranno presto farci i conti, lontani dalle telecamere.


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