Molestie sul lavoro, non sappiamo parlarne

Ne sono state vittime un milione e mezzo di donne nel corso della loro vita lavorativa, ma le stime parlano di più del doppio: l’entità del fenomeno è difficile da tracciare. La prevenzione può partire dalle aziende: l’opinione di Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, presidente del Telefono Rosa

Molestie sul lavoro: un uomo cerca di toccare un'impiegata

Il 25 novembre non è soltanto una data segnata sul calendario, ma rappresenta un richiamo istituzionale per unirsi in un’unica voce contro un problema persistente: la violenza contro le donne.

I recenti episodi di cronaca rimarcano la capillarità del fenomeno: nel corso del 2023 alla data in cui questo articolo viene pubblicato sono state 106 le donne uccise, 87 delle quali all’interno dei conflitti familiari e affettivi. Questi numeri allarmanti pongono l’urgenza di affrontare la questione del femminicidio in modo più ampio e proattivo. Prevenire le molteplici forme di violenza di genere, oggi più che mai, è diventata una seria questione sociale. Diventa cruciale spostare l’attenzione oltre la retorica, per affrontare gli abusi di ogni tipo di cui sono vittime le donne.

Una realtà preoccupante – senza arrivare per forza all’omicidio per mano di un uomo – è rappresentata, ad esempio, dagli abusi sul luogo di lavoro, che vengono spesso taciuti per la paura di ripercussioni professionali o per il giudizio sociale, e che sono un riflesso di dinamiche di potere disuguaglianti.

L’ISTAT: tre milioni e oltre le donne molestate sul lavoro. Più vittime tra le laureate

Commenti sessisti, umiliazioni subdole e discriminazioni silenziose avvelenano la vita lavorativa di molte donne, creando un ambiente ostile e tossico.

Secondo l’ultimo rapporto pubblicato dall’ISTAT, sono 1.404.000 le donne che hanno subito molestie sessuali nel corso della loro intera carriera (anche se la stima è che siano più di tre milioni): l’8,9% del totale. Di queste, “1.173.000 donne (7,5%) nel corso della loro vita lavorativa sono state sottoposte a qualche tipo di ricatto sessuale per ottenere un lavoro o per mantenerlo, o per ottenere progressioni nella loro carriera. Questi ricatti hanno riguardato in misura più incisiva le donne laureate (8,5%) e le donne dai 35 ai 44 anni e dai 45 ai 54 anni (rispettivamente 8,6% e 8,9%). Nell’80,9% dei casi, le vittime non ne hanno parlato con nessuno sul posto di lavoro. Quasi nessuna, inoltre, ha denunciato il fatto alle forze dell’ordine”.

“Il 27,4% non dà importanza all’accaduto, il 23,4% non ha fiducia nelle forze dell’ordine o è convinto che ci sia incapacità di agire. Il 19,8 % non accetta il ricatto, il 18,6 % se l’è cavata da sola o con l’aiuto dei famigliari, il 12,7% ha paura di essere giudicato. Il fenomeno appare particolarmente diffuso al Centro Italia (dove riguarda il 13,5% delle donne nel corso della vita), nei Comuni centro delle aree metropolitane (15,1%) e nei Comuni di grandi dimensioni con oltre 50.000 abitanti (10,2%). A livello regionale i valori più alti si registrano nel Lazio (16,4%), in Toscana (12,0%), Basilicata (11,3%) e Liguria (10,4%). La quota di coloro che hanno subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul lavoro negli ultimi tre anni è inoltre più alta tra le giovani adulte e le donne più istruite: è il 2,9% cento per le donne che hanno 15-24 anni, il 3,1% per quelle da 25 a 34 anni, il 3,3% fra le 35-44enni e il 3,8% fra le laureate”.

Un dato che fa pensare, quello sulle donne più istruite che riceverebbero più molestie. Viene da chiedersi se il fatto che ne risultino più spesso vittime non derivi da una diversa consapevolezza riguardo il fenomeno, che permette di riconoscere come molesti atteggiamenti ritenuti normali o accettabili da lavoratrici meno formate.

Sono dati, questi, che risalgono agli anni precedenti alla pandemia: ad oggi è difficile quantificare il modo in cui i più recenti cambiamenti nel mondo del lavoro sono intervenuti in queste dinamiche.

Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, Telefono Rosa: “Le molestie sul lavoro? Più sommerse delle altre violenze”

Definire le dimensioni del problema delle molestie sulle donne nei contesti lavorativi non è facile. A sottolinearlo è la presidente del Telefono Rosa, Maria Gabriella Carnieri Moscatelli.

Il centralino del Telefono Rosa – il cui numero di telefono gratuito è il 1522 – è attivo tutti i giorni, 24 ore su 24. Un servizio di assistenza rivolto soprattutto a donne vittime di violenza, abuso, molestie o situazioni di disagio, che rappresenta un canale confidenziale attraverso il quale le donne possono ottenere supporto, consulenza e informazioni su come affrontare la loro situazione, mettendo sempre a disposizione consulenze legali e psicologiche del tutto gratuite. Basti pensare che solo nel 2022 sono state 5.000 le telefonate ricevute, con 910 donne seguite dalle psicologhe del Telefono Rosa, e 748 seguite dalle sue avvocate civiliste e penaliste.

Gli ultimi dati, invece, compresi dal 1 gennaio 2023 al 31 ottobre 2023, raccontano di 4.125 telefonate ricevute, 635 donne seguite da psicologhe e 442 da avvocate. L’associazione ha al suo interno una squadra di professioniste esperte in violenza e molestie che riescono a dare alle donne tutto il supporto di cui hanno bisogno.

“Il problema delle molestie sui luoghi di lavoro esiste. Posso dire, però, che è ancora sommerso rispetto agli altri tipi di violenze”, spiega la presidente. “Le donne hanno più paura di denunciare o anche solo raccontare cosa gli sta accadendo. Entrano in gioco tanti fattori tra cui la vergogna, il senso di impotenza e la paura di perdere il posto o di non essere credute”.

Riconoscere i segnali di molestie sul lavoro è fondamentale per affrontare e prevenire situazioni dannose. “Alcuni indicatori comuni che le donne potrebbero manifestare includono cambiamenti improvvisi di comportamento, isolamento sociale, ansia o paura nel contesto lavorativo”, continua Maria Gabriella Carnieri Moscatelli. “Quello che si può fare è non mostrare indifferenza, essere accoglienti e non dare mai nulla per scontato. Anche dai piccoli gesti possiamo capire che una donna sta vivendo una situazione difficile”.

Che cosa possono fare le aziende (e la politica)

Affrontare le molestie sul lavoro presuppone una grande consapevolezza del problema e il suo stesso riconoscimento.

“Diventa importante abbattere il muro di silenzio che spesso si crea: le donne devono sentirsi protette e capite all’interno della propria azienda. Questo le spingerà ad aprirsi e a parlarne”, sottolinea Carnieri Moscatelli. “Un’azienda sensibile e rispettosa dei suoi dipendenti e delle sue dipendenti può davvero fare la differenza. Purtroppo quello che manca in Italia è una parità di genere lavorativa, basta pensare al salario. Noi donne guadagniamo sempre meno rispetto agli uomini e fatichiamo molto a ricoprire posti apicali. Questo pone l’uomo in una posizione di potere e la donna invece in una posizione subalterna. Tale squilibrio, in tanti casi, purtroppo, porta a situazioni di violenza e molestie”.

Garantire un ambiente di lavoro sicuro per le donne comporta il contrasto alle discriminazioni, la promozione della parità di genere e l’implementazione di politiche aziendali efficaci. “La sfida è rendere l’azienda un luogo sicuro, assicurando parità a tutti i lavoratori e a tutte le lavoratrici”, sostiene la presidente. “Noi del Telefono Rosa crediamo molto nella formazione e nell’educazione. Non lo facciamo solo entrando nelle scuole, ma arrivando alle aziende e collaborando con loro. Siamo sempre pronte a fornire la nostra esperienza, attraverso corsi specifici per i dipendenti e le dipendenti”.

Per prevenire le molestie sulle donne in ambito lavorativo, infine, è necessario un impegno tangibile a livello sociale e legislativo. “Importante che ci sia maggiore attenzione e rispetto. Non ci sono abbastanza tutele per le donne, veniamo sempre considerate solo madri e custodi della casa e mai professioniste. Dobbiamo dividerci in più ruoli, perché così è stato stabilito”, conclude Maria Gabriella Carnieri Moscatelli.

“Quando facciamo un colloquio di lavoro ci viene ancora chiesto se e quando abbiamo intenzione di fare un figlio. Lo stesso trattamento non viene certo riservato a un uomo. Lo ribadisco ancora una volta, a parità di qualifica e mansioni dobbiamo essere pagati tutti nello stesso modo. A livello sociale e legislativo dobbiamo fare il possibile affinché le donne abbiano gli stessi diritti degli uomini. Solo con una piena parità potremmo davvero sconfiggere un fenomeno terribile e pericoloso come la violenza di genere”.

Affrontare il problema, parlandone. Solo così si può sperare di costruire un futuro in cui la dignità delle donne, sul luogo di lavoro, sia garantita. L’imperativo è porre fine al silenzio che avvolge la violenza, in qualsiasi forma essa si presenti. Questo non è solo un dovere etico, ma anche un’urgenza collettiva: denunciare la violenza è un atto di resistenza.

 

 

 

Photo credits: laregione.ch

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