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100 morti solo nei primi due mesi del 2023, e nel 2022 in 300 hanno perso la vita nel tragitto verso il luogo di lavoro; gli stranieri rischiano il doppio. I dati più recenti dagli osservatori, con i settori e le Regioni più colpite

Quello delle morti sul lavoro è un dramma a puntate che non manca mai un appuntamento, e che in Italia assume i connotati tragici dell’emergenza. Un’emergenza che la stampa sembra considerare solo in superficie, citando solo alcuni casi esemplificativi, e i dati nel momento in cui raggiungono demarcazioni in positivo o in negativo. Ma anche quando i numeri sono in relativo calo, basta una semplice analisi per rendersi conto che il quadro rimane tragico, e che ancora una volta dalla pandemia non abbiamo imparato quanto avremmo dovuto.
Secondo i dati presentati dall’INAIL, le denunce d’infortunio registrate nel primo bimestre del 2023 sono state 86.483, con un calo del 29,1% sull’anno precedente; nello stesso lasso di tempo, anche se hanno avuto un calo del 12,3% le denunce di incidenti mortali sul lavoro, sono aumentate in modo esponenziale le patologie di origine professionale – un 28,7% in più.
Tra gennaio e febbraio 2023 decresce anche il numero di morti lavorative: sono 100 le persone che hanno perso la vita in questo lasso di tempo, 14 in meno dello stesso bimestre nel 2022. Numeri di certo non da festeggiare.
Non va meglio per gli anni precedenti: secondo l’Eurostat, soltanto nel 2019 l’Italia ha registrato un dato sconfortante, 2,6 morti sul lavoro ogni 100.000 occupati.
Nel 2022 i morti sul lavoro sono stati 1.090, con un calo di 131 decessi rispetto al 2021, i cui dati, tuttavia, erano amplificati dalle morti per COVID-19 contratto sul lavoro. In questo dato c’è ulteriore spazio per l’elaborazione: a quanto riporta l’Osservatorio sulla sicurezza di Vega Engineering, ben 300 di quelle morti sono avvenute in itinere, il 21% in più dell’anno precedente, complice il minor ricorso allo smart working e il sempre più diffuso ritorno in ufficio.
Sempre nel 2022, la Regione con il più alto numero di morti è stata la Lombardia con 124 vittime. A seguire il Veneto (74) la Campania (70) il Lazio (70) e il Piemonte (63). Cattive notizie anche per gli stranieri, per i quali si contano 66,5 morti ogni milione di occupati contro i 31,5 italiani – più del doppio.
Le cause dei cosiddetti infortuni mortali sono molteplici, e variano a seconda del settore d’appartenenza: si va da macchinari malfunzionanti al mancato rispetto delle norme di sicurezza, fino alla poca esperienza. I settori più colpiti, nel nostro Paese, sono l’agricoltura (le stime raccontano che raccoglie il 30% di tutte le morti che avvengono per incidenti sul lavoro), poi l’edilizia con il 15% delle morti e l’autotrasporto con l’11%.
Il tema delle morti sul lavoro, che non senza una buona dose di malafede vengono definite “morti bianche”, occupa da sempre un posto di rilievo nel dibattito pubblico e politico; l’Italia, in questo, presenta un problema che non va sottovalutato. La tutela dei lavoratori, la loro sicurezza, dovrebbero essere il focus centrale sul quale accendere i riflettori per evitare che in futuro accadano ancora queste tragedie, le quali – giova ricordarlo – sono molto più prossime agli omicidi che ai semplici incidenti.

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