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Politiche attive del lavoro firmate Caritas. E la politica sta a guardare
Quando il buon samaritano soccorre il lavoro: aumenta la povertà, a rischio soprattutto gli indipendenti. La Caritas stanzia dei fondi per il sostegno e il reinserimento dei lavoratori. Ne parliamo con Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana.
841.000 occupati in meno rispetto al 2019 e una vistosa impennata degli inattivi, cioè delle sempre più numerose persone che smettono di cercare lavoro. Questi alcuni tra i dati Istat riportati nello studio di Caritas Gli anticorpi della solidarietà, che fotografa lo stato di salute del nostro Paese a seguito della pandemia.
Un impatto devastante sul mondo del lavoro, a cui Caritas ha cercato di reagire non solo offrendo aiuti immediati, ma anche attivando fondi e percorsi in grado di creare nuove e stabili condizioni da cui ripartire per lavoratori e imprese.
Persone con impiego irregolare fermo a causa del COVID-19, lavoratori precari/intermittenti che non hanno potuto godere di ammortizzatori sociali, lavoratori autonomi/stagionali, in attesa delle misure di sostegno, e infine lavoratori dipendenti in attesa della cassa integrazione ordinaria o in deroga. Questa la pluralità di soggetti che da marzo 2020 si è rivolta alla Caritas, dalle cui analisi emerge una situazione di estrema complessità, in cui non solo a soffrire maggiormente sono le donne e i giovani, ma sono anche aumentati i nuovi poveri: 453.731 quelli aiutati nel 2020, un numero cresciuto dal 31% (periodo maggio-settembre 2019) al 45% (periodo maggio-settembre 2020).
Secondo la Banca d’Italia, inoltre, i lavoratori indipendenti sono coloro che hanno avuto l’impatto più negativo a seguito delle restrizioni imposte dalla pandemia: quasi l’80% ha subito un calo nel reddito e per il 36% la caduta è di oltre la metà del reddito famigliare.
Caritas, quanto era grave e quanto si è aggravata la povertà in Italia
La pandemia ha aggravato una situazione di partenza già fortemente negativa nel Paese: basti pensare che nel 2019 in Italia il numero di poveri assoluti era più che doppio rispetto al 2007, alla vigilia dello shock economico del 2008 conseguente al crollo di Lehman Brothers.
A pagare il prezzo, secondo quanto evidenzia la Caritas, non è solo chi ha perso il lavoro o chi lo stava cercando, ma anche chi un lavoro lo possiede, magari sottopagato o a bassa intensità. Tra le famiglie di operai, ad esempio, l’incidenza della povertà si attesta al 10, 2% (Istat 2020).
Un altro problema denunciato con forza dalla Caritas resta anche quello dell’usura: molte aziende per superare il periodo di difficoltà si sono rivolte alla criminalità al fine di avere liquidità a disposizione. Un problema che, secondo Confcommercio, riguarda ormai un imprenditore su quattro. Il risultato di questa scelta però è la perdita del controllo dell’azienda da parte dell’imprenditore, o la sua trasformazione in una facciata presentabile che copre riciclaggio di denaro, narcotraffico, assunzioni di affiliati.
Un fenomeno che non appare, perché queste imprese non falliscono, ma che ingabbia delle aziende ormai perse dal punto di vista dell’economia legale.
Non solo povertà: quando la Caritas aiuta anche il lavoro
Accanto agli aiuti materiali, le Caritas si sono attivate non solo con fondi, bonus di sostegno economico alle famiglie (compresi quelli per conciliare didattica a distanza e smart working) e attività di informazione sulle misure assistenziali previste dalle istituzioni, ma anche con percorsi e aiuti pensati in un’ottica di lungo termine.
Secondo il quarto monitoraggio Caritas sull’emergenza pandemia e sulle risposte attivate da settembre 2020 a marzo 2021, sono ben 116 le diocesi che hanno realizzato interventi specifici sul fronte del lavoro, quali borse lavoro, tirocini di inserimento lavorativo, tirocini formativi, percorsi formativi e di riqualificazione, convenzioni con aziende/soggetti terzi per inserimenti lavorativi e sportelli lavoro.
In misura minore, ma comunque di grande importanza, vanno segnalate anche le attività di alcune diocesi che hanno avviato percorsi alternativi per sostenere realtà particolari e spesso poco considerate, come giostrai, circensi e venditori ambulanti, anche dal punto di vista dell’assistenza sanitaria.
Accanto a queste iniziative, ci sono state anche 61 diocesi che hanno attivato dei fondi di sostegno economico diretto alle piccole imprese (un numero che sale a 136, tenendo conto di quelli attivati a inizio pandemia). Fondi dedicati sia a sostenere le spese più urgenti (affitto degli immobili, rate del mutuo, utenze) che ad altre spese, come gli acquisti utili alla ripartenza, per un totale di2.073 piccoli commercianti e lavoratori autonomi accompagnati in questo tempo.
Luciano Gualzetti, Caritas Ambrosiana: “Vi racconto i fondi istituiti per aiutare i lavoratori”
Abbiamo chiesto il parere su questi temi a Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana, che ci ha portato l’esempio del lavoro svolto sul territorio della diocesi di Milano.
“In questo quadro di complessità, a Milano, abbiamo non solo tenuto aperti i centri di ascolto e aiutato le persone con aiuti materiali, ma abbiamo anche introdotto tre fondi specifici. Il primo, il Fondo San Giuseppe (a fondo perduto) prevedeva un contributo da 400 a 800 euro (a seconda dei componenti del nucleo familiare) a persone che avevano perso il lavoro dal 1° marzo 2020, quindi direttamente colpite dalla pandemia. Un contributo previsto per otto mesi tra la prima erogazione e i vari rinnovi.”
“Per i soggetti che lavoravano in nero abbiamo previsto invece un fondo diverso, quello diocesano di accoglienza, che prima della pandemia era dedicato a fornire aiuto in caso di necessità per pagare le bollette o l’affitto. Accanto a questi un terzo fondo, pensato in un’ottica più ampia, perché lo scopo della Caritas non è aiutare queste persone nel breve periodo, ma farle tornare a lavorare. Per questo abbiamo rinforzato il fondo Borsa Lavoro, attivo già dal 2016, che offre delle possibilità di tirocinio. Questo fondo, di 3.000 euro a persona, viene offerto ai disoccupati per dargli l’opportunità di ricollocarsi a pieno titolo nel mondo del lavoro.”
“Il fondo Borsa Lavoro, dall’inizio, ha fatto partire 480 tirocini, 180 dei quali sono terminati con un’assunzione. Si basa sulla collaborazione con le imprese, le associazioni di categoria e le agenzie interinali.”
“Il nostro obiettivo è non dare più”. Ma la recessione è all’orizzonte
“Ad oggi ci stiamo interrogando su come inserire queste persone nel mondo del lavoro senza che i problemi si ripresentino in una nuova eventuale situazione di crisi. Non dobbiamo restare intrappolati nell’illusione di fare tanto perché diamo tanto. Il nostro obiettivo è quello di arrivare a non dover dare più, perché vorrebbe dire che le persone non ne hanno bisogno.”
“Una delle lezioni apprese in tempo di pandemia si riferisce alla crescente consapevolezza che nessuno si salva da solo. La Chiesa si è fatta da subito segno di una comunità presente, con significative e diffuse esperienze di collaborazione sussidiaria con vari enti pubblici o del privato sociale. In questa direzione è nato un accordo nazionale con l’INPS, esteso al Comune di Milano e che verrà allargato anche a livello regionale, per cui i centri per l’ascolto verranno formati per assistere al meglio le persone nell’uso delle misure previste a livello istituzionale, e per avere uno scambio più efficace di informazioni riguardo le singole situazioni che necessitano di aiuto.”
Il COVID-19 è stato un evento imprevedibile, ma ha fatto emergere situazioni latenti di ingiustizia, precarietà, disagio e incapacità di accedere ad opportunità economiche, sociali e culturali. La strada intrapresa, proprio come a seguito della crisi del 2008, sta curvando verso una profonda recessione economica, che aggraverà le forme di povertà esistenti e ne farà nascere di nuove, inasprendo ulteriormente le disuguaglianze sociali. Dagli alti profili a quelli meno qualificati, tutti i lavoratori oggi sono a rischio di fronte agli effetti della pandemia e alle crescenti situazioni di disparità.
Photo credits: lacivettapress.it
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