Procida Capitale Cultura 2022 e Giovanni D’Antonio: il giovane giusto ma col messaggio sbagliato

Giovanni D’Antonio se li è meritati senza dubbio, sabato, i riflettori di Procida Capitale della Cultura 2022 alla sua inaugurazione ufficiale. Li merita perché è giovane e perché vale, peccato che lo abbiano usato per il messaggio sbagliato. Campione olimpico di filosofia – ai campionati mondiali del 2021 si è classificato primo in Italia e […]

Giovanni D’Antonio se li è meritati senza dubbio, sabato, i riflettori di Procida Capitale della Cultura 2022 alla sua inaugurazione ufficiale. Li merita perché è giovane e perché vale, peccato che lo abbiano usato per il messaggio sbagliato. Campione olimpico di filosofia – ai campionati mondiali del 2021 si è classificato primo in Italia e quarto al mondo – D’Antonio ha poi ottenuto risultati talmente brillanti nello studio che al momento se lo contendono Harvard, Princeton, Yale, Columbia e Stanford University.

Lo hanno scelto per la Lectio magistralis arrivata dopo il discorso di Mattarella facendo quindi un filotto perfetto secondo le regole della comunicazione, del marketing e dell’impatto emotivo sul pubblico. Se però grattiamo la patina di ogni manifestazione e di ogni politica, spesso ci resta un misto di vernice e ipocrisia sotto le unghie.

In una fase storica dell’Italia che perde pezzi da troppe parti, i luoghi comuni li hanno infilati tutti a Procida, per quanto io stimi molto Agostino Riitano che intervistai su SenzaFiltro in occasione della candidatura vincente dell’isola.

Hanno infilato, per primo, il luogo comune del dialogo generazionale tra il giovane talentuoso e il Presidente anziano, quello che si è “sacrificato” per sopperire a una politica di partito vergognosa e immatura (il dibattito pubblico sulla seconda rielezione di Mattarella e sulla clamorosa sconfitta della politica di casa nostra è durata il tempo di qualche giorno, finché non si sono scorticate le dita sui tasti dei social per gridare allo scandalo davanti all’applauso da stadio in Parlamento). 

Il secondo luogo comune è stato il tema scelto per la lectio, non so dire se da lui o dal comitato organizzatore: la speranza. Chi non sarebbe d’accordo a dare sponda alla speranza in una fase di passaggio nazionale e mondiale in cui della speranza non riusciamo più a tirare su nemmeno i cocci? In un’intervista rilasciata da D’Antonio qualche giorno prima della cerimonia, con un sorriso disarmante come solo un ragazzo della sua età può avere, aveva usato queste parole: “Il concetto di speranza, come lo intendo io, è un concetto universale, è rivolto a tutti. Il bambino ha le speranze perché in futuro vorrebbe diventare qualcuno, l’adulto ha speranze perché ogni giorno deve provvedere alla sua famiglia o perché vuole progredire nella carriera. Ognuno di noi può sperare”.

Appunto: la carriera, la crescita, la possibilità di riuscirci. L’ipocrisia di chiamarlo a tenere un discorso sulla speranza mentre sta decidendo in quale università americana andarsene a spendere le sue doti e mentre, da una Procida capitale, tutti si chiedano se abbia già scelto in quale facoltà andare. Nessuno che si sdegni che se ne stia andando uno bravo, uno giovane, l’ennesimo: no, noi italiani abbiamo ancora il sogno dell’America. Di fatto D’Antonio sta lasciando un’Italia incapace di provare a dare una speranza a un giovane di 18 anni, un’Italia incapace di dirgli “vai perché è giusto che tu veda il mondo però ti aspettiamo qui per offrirti noi un futuro”.

Il terzo luogo comune è usare i social, i media e la comunicazione per distrarci dai problemi reali che stanno chiusi anche dentro i dati parlanti. Travolto dalle interviste, D’Antonio spiegava che il suo sogno “sarebbe quello di fare l’imprenditore e di occuparmi dei problemi seri dell’umanità. Primo tra tutti quello del cambiamento climatico, le cui conseguenze sono già evidenti». Non ha fatto un discorso teorico alla Greta Thunberg ma ha espresso un desiderio concreto: mettere su un lavoro che aiuti il pianeta e dia a sua volta lavoro a catena. Non ci ho visto la spinta da inutile start up che dematerializza tutto e azzera le fabbriche e il lavoro coi piedi poggiati sul territorio: spero che l’aria americana non lo converta al lavoro invisibile.

L’Istat, coi suoi report periodici, ha attestato a fine marzo che il tasso di disoccupazione tra i giovani tra i 15 e i 24 anni è sceso al 24,2%, con un calo di 0,6 punti sul mese e di 8,4 punti sull’anno. E questi sono i numeri, apparentemente positivi ma drammaticamente dolorosi nel giorno per giorno perché, in Italia, chi ci parla davvero coi giovani, chi li orienta, chi li ascolta, chi accoglie il loro malumore e la loro incapacità di immaginare un futuro o, meglio, una speranza come la chiama D’Antonio?

L’Italia del 2022, per i nostri giovani, non è il corteggiamento meritato ma isolato di un solo studente, non è il sorriso di Giovanni D’Antonio che tiene una lectio magistralis sulla speranza, non è l’illusione che qui tutti possano davvero farcela se hanno vent’anni, meriti, capacità e intraprendenza. Proprio il fatto che, per incapacità dei più giovani e del sistema, sia servito un ottantunenne alla sua seconda rielezione al Quirinale tradisce lo sfarzo della cerimonia in rosa di Procida capitale della Cultura. Avrei preferito un giovane meritevole ma indignato, a cui dare la parola: allora sì che avremmo potuto sperare in qualcosa di diverso per l’Italia.


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Foto di copertina: Giovanni D’Antonio durante la cerimonia ufficiale del 10 aprile 2022. Credits: @Procida 2022 Capitale italiana della Cultura

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