Referendum: anche questo Governo nega il voto a milioni di fuori sede

Lo pensavo da universitaria, lo penso tuttora, e sono passati ventinove anno da quando ero matricola in legge: dei fuori sede per studio o per lavoro non interessa nulla alla politica italiana. Se stai in una delle due categorie, il tuo diritto al voto sa solo di dovere e i costi economici e fisici te […]

Lo pensavo da universitaria, lo penso tuttora, e sono passati ventinove anno da quando ero matricola in legge: dei fuori sede per studio o per lavoro non interessa nulla alla politica italiana. Se stai in una delle due categorie, il tuo diritto al voto sa solo di dovere e i costi economici e fisici te li sconti da solo.

Qualche giorno fa intercetto un articolo puntuale su lacostituzione.info, ci ero andata di proposito perché dietro c’è Roberto Bin, noto costituzionalista e autore, già Professore all’Università di Ferrara ma anche, per immensa fortuna, mio professore di laurea. Cercavo qualche commento al referendum di oggi e mi sono imbattuta in altro: non sapevo che nella sua lunga carriera fosse stato pure firmatario di un disegno di legge: il ddl Brescia, frutto di una proposta che era stata elaborata da lui e dal collega Salvatore Curreri per consentire a lavoratori e studenti fuori sede il voto nella prefettura del domicilio. Il loro è solo uno dei vari tentativi messi in atto da chi comprende la ferita forte alla Costituzione che nega il voto in simili contesti: lo presentarono il 9 aprile 2021, fu esaminato in Commissione venti giorni dopo ma a un certo punto il Ministero dell’Interno bloccò tutto motivando, senza minimamente precisare, con “ostacoli logistici insormontabili”, non meglio precisati.

Raggiungo Roberto Bin al telefono proprio oggi, mentre si va alle urne per i cinque quesiti referendari.

“Tutto nasce dall’iniziativa di alcuni ragazzi calabresi riuniti nel collettivo Giuseppe Valarioti che all’inizio del 2021 avevano lanciato un appello chiedendo aiuto ai costituzionalisti per presentare una proposta di legge che consentisse a loro e agli altri di votare a distanza. Erano imminenti le elezioni regionali in Calabria, erano in piena pandemia e non se la sentivano di farsi ore e ore e ore di viaggio per raggiungere i propri paesi. Il fatto è che in Italia è consentito a chi risiede all’estero di votare all’estero “per corrispondenza”, ma non è consentito agli italiani di votare a distanza e questo nonostante tutte le belle cose che si dicono e si ripetono sull’importanza del voto, sulla preoccupazione per l’astensionismo e così via. Ci sono studi recenti, tra l’altro indetti dallo stesso Ministero dell’Interno, per analizzare il fenomeno dell’astensionismo da cui risulta che addirittura il 30% è dovuto proprio alla distanza, cioè a coloro che non possono viaggiare per votare. Siamo uno dei pochissimi Paesi in Europa a non avere un voto a distanza e le ragioni stanno tutte nel fatto che semplicemente non c’è la volontà di renderlo possibile”.

L’Italia è infatti sul podio a tre dell’Europa che nega il voto, compresa la Gran Bretagna, e insieme a noi solo Malta e Cipro. Chi lo autorizza col voto per posta, chi col voto anticipato o in un seggio speciale, chi con delega.

La bozza redatta da Bin e Curreri fu presa in carico dal deputato Giuseppe Brescia, Presidente della Commissione Affari Costituzionali alla Camera e poi da lui presentata ufficialmente, trovando compagnia tra le tante proposte di legge che vorrebbero garantire il voto a distanza: alcune molto ambiziose ma che non hanno speranza, altre addirittura a firma di uno dei partiti di maggioranza che porta il nome della Madia e che è stato il motivo per cui il nostro progetto fu ostacolato, “essendocene già uno da mandare avanti“.

“Eppure il nostro era un progetto di legge molto semplice, bloccato dal Ministero degli Interni per difficoltà tecniche insuperabili. Tant’è che scrissi un articolo per dire che certi funzionari forse andrebbero licenziati: possibile che in Italia di fronte a un obiettivo del corpo politico parlamentare l’amministrazione dica che non ci sono soluzioni tecniche o che sono troppo difficili? Che cosa ci stanno a fare? Il Ministero si riferisce ai dubbi su chi poi firma le schede, se queste schede possono viaggiare, a chi poi vengono riconsegnate, che succede se sono firmate in maniera diversa rispetto a quelle firmate dai presidenti di seggio e così via, insomma motivazioni ridicole davanti all’urgenza costituzionale di garantire il diritto al voto. Intendo dire che tutta la disciplina delle schede elettorali è di basso livello rispetto allo scopo in ballo perché parliamo di questioni che possono essere superate semplicemente modificandone la disciplina stessa”.

Bin è lapidario: un problema centrale della democrazia non è stato ancora risolto.

“Adesso tutto è bloccato perché c’è l’idea di sperimentare il voto elettronico – che già è utilizzato in tanta parte del mondo dove ha suscitato problemi di tenuta della sicurezza e di penetrabilità del sistema. E naturalmente è un progetto ambizioso che, se fosse fattibile, avrebbe risolto già tutto ma così non è e così non sarà a breve. Come sempre in Italia si punta sul progetto più complicato perché quello troppo semplice fa paura alla politica. Il voto elettronico sarà sperimentato attraverso simulazioni di voto, per poi scoprire tutti i problemi già noti e nel frattempo sarà finita la legislatura; noi andremo a votare senza voto a distanza e avremo un ennesimo crollo degli elettori e il nuovo Parlamento dovrà ricominciare dall’inizio. Avremo altri cinque anni sperando di avere un Parlamento di gente che capisca il problema. Ad oggi siamo in una situazione paradossale: un Parlamento totalmente paralizzato e incapace di fare il suo lavoro. Speriamo che il prossimo sia meglio”.

Che il diritto al voto sia una colonna della nostra Costituzione si fatica proprio a crederlo. Gli unici a crederlo ci fanno soldi sopra, camuffandolo sotto forma di sconti di viaggio nei giorni di elezione. E non ho dubbi che, ancora prima che si chiudano le urne stasera alle ventitre, i giornali online avranno già titolato sul quorum troppo basso, sull’assenza alle urne, magari dando la colpa al troppo caldo.


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Photocredits: lacostituzione.info

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