Gli Stati Generali degli infermieri in crisi: ne mancano 70.000. E i riconoscimenti?

In Italia latitano i professionisti dell’infermieristica, e l’ultima gratificazione risale al Governo Conte II. Le dichiarazioni della presidente FNOPI Barbara Mangiacavalli e l’opinione di Romina Iannuzzi di NurSind.

Hanno lavorato senza sosta durante questi due anni di emergenza sanitaria, mettendo a rischio la loro salute; più volte, soprattutto all’inizio della pandemia, sono mancati i presidi sanitari di protezione per evitare il contagio dal virus SarS-CoV2.

Non si sono risparmiati la presa in carico della salute pubblica del cittadino, pur gestendo turni massacranti, insieme alla paura di un’eventuale contaminazione – e alcuni, purtroppo si sono ammalati – a seguito di un’importante carenza di personale, aggravatasi durante la pandemia COVID-19.

Non si può non ricordare la foto simbolo di quell’infermiera, Elena – il suo nome è rimasto impresso nella memoria storica di tanti – addormentata sulla tastiera di un computer perché provata da diverse notti di fatica.

All’Italia non mancano eroi, ma infermieri: più di 70.000 quelli latitanti

Sono stati chiamati eroi, e subito dopo dimenticati.

La fotografia attuale della professione infermieristica in Italia non è certo edificante. Secondo i dati FNOPI (Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche) mancano all’appello 70.000 infermieri in tutto il Paese, con un’incidenza maggiore al Nord, dove la carenza è di 27.000 infermieri, rispetto al Centro, con circa 13.000, e al Sud e nelle Isole, con 23.500 professionisti in meno.

Analizzando i dati dell’OCSE presentati nell’ultimo rapporto Health at a glance 2022,in Italia per ogni 1.000 abitanti mancherebbero due infermieri, che in base alla popolazione, secondo i dati ISTAT 2022, “si tradurrebbe nella mancanza di quasi 118.000 infermieri”.

“In Italia”, commenta la presidente FNOPI Barbara Mangiacavalli,“abbiamo una professione infermieristica che soffre di un appiattimento organizzativo, formativo e contrattuale: una situazione che non ci possiamo più permettere. C’è bisogno di lavorare su un’evoluzione di questa professione, di formare infermieri specialisti, riconoscerne il ruolo giuridico ed economico. Senza tali presupposti non può esserci una risposta appropriata ai bisogni di salute complessi, e non ci può essere un sistema salute degno di questo nome”.

“Non si può continuare a parlare di ricette semplicistiche per affrontare e risolvere i problemi, perché il sistema è ormai complesso e servono analisi e strumenti di complessità. La tutela della salute non è più e non può più essere un problema di singole professioni, ma di un sistema multiprofessionale. Infermieri e infermieri pediatrici”, conclude la presidente, “hanno in questo senso metodi e strumenti di stratificazione del bisogno assistenziale, della complessità assistenziale, dei livelli di intensità assistenziale, degli strumenti e dei metodi di valutazione dei bisogni dei pazienti, del rischio cadute, del rischio infezioni, della capacità di orientarsi. Istituzioni e politica devono comprenderlo, e noi siamo disponibili come sempre a dare il necessario supporto”.

Gli Stati Generali della Professione Infermieristica: “Vogliamo riconoscimento a livello sociale ed economico”

Gli infermieri, durante questi anni così duri e svilenti, non si sono mai tirati indietro nell’assistenza al cittadino, pur sapendo che alla base il loro lavoro è in affanno da tempo. Per questo – ma non solo – durante gli Stati Generali della Professione Infermieristica, che hanno visto la partecipazione degli infermieri iscritti (460.000), sono state avanzate delle richieste affinché la professione abbia dei suoi riconoscimenti.

“Quello che è venuto fuori da questi Stati Generali è un lavoro durato nove mesi, dove noi infermieri iscritti, attraverso una piattaforma online, abbiamo potuto esprimerci sul futuro della nostra professione”, spiega Romina Iannuzzi, infermiera e dirigente nazionale NurSind. “È stato domandato quali fossero le richieste degli infermieri, essenzialmente quelle basate sulla crescita professionale. Resta, di per sé, un documento portato all’attenzione del nuovo Governo. Noi infermieri chiediamo soprattutto il riconoscimento del nostro ruolo a livello sociale”.

Pur occupando una posizione di prim’ordine nell’assistenza c’è una carenza di organico spropositata, anche perché gli infermieri iniziano a dimettersi. “Questo perché è mancato un vero e proprio riconoscimento sia sociale che economico”, sottolinea la dirigente NurSind. “Abbiamo lavorato due anni in una situazione di emergenza sanitaria dove ci hanno spremuto come limoni, senza alcuna organizzazione, senza presidi, e non ci siamo fermati perché abbiamo preso in carico i pazienti – nonostante le varie problematiche – perché ci occupiamo della salute e di salute pubblica. Questo, però, non è bastato. Non è stato sufficiente a farci ottenere un riconoscimento. Non volevamo essere visti come eroi, ma neanche veder sfumare tutto il lavoro che abbiamo fatto”.

Se scappano gli infermieri (soprattutto dal Nord)

La fotografia della professione, oggi, mostra con chiarezza come questo lavoro stia pagando lo scotto di politiche sanitarie antecedenti disastrose.

“Molti infermieri, dopo la pandemia, hanno iniziato a presentare le loro dimissioni, un fenomeno riscontrabile soprattutto al Nord. Questo perché non c’è un’adeguata retribuzione, c’è poca attenzione proprio verso la figura dell’infermiere e ci sono anche poche possibilità di carriera” continua Romina Iannuzzi.

“Nonostante gli infermieri non si sono tirati indietro nel combattere un nemico invisibile, si trovano ancora nella situazione di dover chiedere un riconoscimento. Ad esempio, nella legge di bilancio non sono stati stanziati soldi a sufficienza per il personale infermieristico. L’unico riconoscimento che abbiamo avuto è stato quello stanziato nella manovra del 2021, quindi durante il Governo Conte, e cioè l’indennità di specificità infermieristica, che si è concretizzato nel contratto collettivo, sottoscritto da poco.”

Uno dei problemi maggiori è che ad oggi c’è una scarsa attenzione al personale infermieristico e una carenza dovuta al blocco delle assunzioni.

“Noi stiamo pagando lo scotto degli anni precedenti dove c’è stato un blocco di turn-over. Adesso sono stati indetti dei concorsi, ma continuano a mancare le risorse”, sottolinea Iannuzzi. “Basti pensare al PNRR, che sembrava dovesse risolvere tutti i mali della sanità: sono stati stanziati 20 miliardi di euro per organizzare le strutture e rinnovare i modelli organizzativi in sanità; ma se non ci sono le risorse come si può far partire questo nuovo sistema?”

Che cosa chiede la professione infermieristica?

Dal report degli Stati Generali è venuto fuori l’inquadramento specifico della professione infermieristica.

“Noi chiediamo complessivamente una crescita professionale attraverso la formazione universitaria, che possa prevedere anche delle specializzazioni accademiche e dei percorsi clinici che non solo aumentano le responsabilità, ma danno anche più importanza alla carriera stessa”, sostiene la dirigente. “Ad esempio, l’infermiere di famiglia, che dovrà garantire l’assistenza e la continuità assistenziale tra ospedale e territorio, è una figura ancora sulla carta. Nessun infermiere di famiglia, ad oggi, è stato ancora assunto, e sono importanti nel loro ruolo perché in forza alla medicina territoriale, nelle case di salute, in tutti i modelli organizzativi che il PNRR si prefigge di realizzare sui territori”.

Di fatto gli infermieri sono stremati, e anche molto arrabbiati. Spesso, a causa della mancanza di personale, si sono trovati anche a dover svolgere ruoli non appartenenti alla loro categoria professionale. Una situazione che potrebbe incancrenirsi a discapito del cittadino – non dimentichiamo il ruolo importante che svolgono nell’accoglienza al malato e nel prendersi cura di lui – se non si fa qualcosa per tutelarli nel loro insieme.

“Purtroppo quello che si poteva fare era stanziare più soldi nella legge di bilancio per gli infermieri; è stato fatto per le strutture, ma non ci sono risorse per il personale”, conclude Romina Iannuzzi. La pandemia ha portato alla luce quanto sia importante questa professione, ma per il suo buon funzionamento ha bisogno di essere supportata. Il rischio è quello di avere strutture e strumenti in più, ma nessuno pronto a utilizzarli al servizio dei cittadini.

Leggi gli altri articoli a tema Sanità.

Leggi il mensile 116, “Cavalli di battaglia“, e il reportage “Sua Sanità PNRR“.


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