“Il Superbonus è un’agevolazione prevista dal Decreto Rilancio che eleva al 110% l’aliquota di detrazione delle spese sostenute dal 1 luglio 2020 al 30 giugno 2022, per specifici interventi in ambito di efficienza energetica, di interventi antisismici, di installazione di impianti fotovoltaici o delle infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici”.
Così scrive il Governo, che spiega anche come le nuove misure si aggiungano alle detrazioni previste per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, compresi quelli per la riduzione del rischio sismico (Sismabonus) e di riqualificazione energetica degli edifici (Ecobonus).
Dalla sua entrata in vigore è stato più volte modificato, sia nel 2021 che nel 2022, e da ultimo anche nel 2023; si è passati dal 110 (che durerà fino a dicembre 2023) al 90%, poi a 70%, e infine al 65% fino al 2025. Ma la decisione che più ha creato problemi è stata quella più recente: non consentire più alle amministrazioni pubbliche di essere cessionarie dei crediti delle imprese con le banche, e che la moneta fiscale non potrà più essere oggetto di sconto in fattura, ma di sola detrazione per il singolo condomino. Tra queste non rientrano le opere già cominciate, cioè quelle che hanno la cosiddetta CILA, la comunicazione di inizio lavori.
“Alcuni lavori si bloccheranno – commenta Bianchi – perché i contributi venivano erogati sulla base di SAL (Stato di Avanzamento Lavori, N.d.R.) che non potevano essere inferiori al 30%-40%-30%, e ci possono essere interventi che sono in esecuzione tra il primo e il secondo SAL oppure tra il secondo e il terzo SAL. Con l’aumento dei costi dei materiali e i cosiddetti crediti incagliati, che ammontano a circa a 20 miliardi, c’è il rischio che molte aziende siano nella impossibilità di concludere i lavori.”
O peggio, che siano i cittadini che decidano di abbandonare, perché il costo delle opere potrebbe ricadere – in quota parte più o meno consistente – su di loro, seppur spalmato su dieci anni. Insomma un vero e proprio caos, per una legge che nei primi due anni ha determinato un aumento delle entrate statali, visto l’incremento del 40% dei lavori edili e della conseguente tassazione, ma che in futuro potrebbe stressare le finanze pubbliche, secondo Banca d’Italia.
O che forse non le stresserà, visto che lo Stato non garantisce più e tutto finirà in capo ai cittadini e agli inquilini. I quali in questo periodo si sono dovuto confrontare con un sistema farraginoso, le cui regole sono state cambiate più volte dai governi. Anche per questo ci sono molti cantieri che rischiano di rimanere a metà.
A questo si aggiunga la crescita dei costi delle materie prime e il fatto che le banche, che oggi chiedono tramite ABI (Associazione Bancaria Italiana) di trasformare gli sconti in fattura in crediti di imposta, sono state le prime a denunciare come non avessero più capacità fiscale.
Intanto molti condomini, dopo mesi di attesa in banca e di discussioni con geometri e commercialisti, nella migliore delle ipotesi rischiano di pagare di più.