Tamponi negati alle parafarmacie: questione di lobby

Prosegue l’indagine di SenzaFiltro sulle somministrazioni dei tamponi: dopo l’articolo in cui abbiamo dato voce ai farmacisti, rispondono le parafarmacie. Davide Gullotta, presidente FNPI, racconta le ragioni dell’esclusione: “Giustificazioni irreali, guadagni più alti di quelli indicati da Federfarma”. Intanto i disservizi ricadono sui cittadini.

A gennaio 2022, in sole quattro settimane, gli italiani hanno speso 58 milioni di euro per i tamponi effettuati nelle farmacie (dato IQVIA). In attesa dei bilanci che diranno quanto e come l’erogazione di questo servizio abbia inciso sui margini finali di guadagno, le parafarmacie, grandi escluse da questo mercato, portano avanti la loro protesta e il loro malcontento non solo rispetto a questo servizio ma anche in riferimento alla mancata somministrazione dei vaccini.

Per spiegarne ragioni e dissenso è intervenuto Davide Gullotta, presidente della Federazione Nazionale Parafarmacie Italiane (FNPI).

Davide Gullotta, presidente FNPI: “Tamponi e vaccini? Un intervento di Speranza avrebbe risolto l’esclusione delle parafarmacie”

Non c’è una vera motivazione che impedisca alle parafarmacie di poter fare i tamponi e somministrare le vaccinazioni”, precisa Gullotta. “Attualmente solo alcune parafarmacie localizzate nelle province autonome di Trento e Bolzano stanno effettuando i tamponi in maniera autonoma, ma non è possibile farlo in nessun’altra Regione”.

Inizialmente anche la Regione Marche aveva dato il consenso alle parafarmacie, ma il permesso era stato revocato dopo pochi giorni: “Abbiamo fatto ricorso al TAR, che ci ha rimandati al Consiglio di Stato, che ci ha rimandati al TAR e poi alla Corte costituzionale; c’è stato un rimpallo di competenze. Attualmente abbiamo avuto un voto positivo da parte del Consiglio regionale della Lombardia, ma il governo regionale sta tardando ad applicarlo. Il voto favorevole è arrivato anche in Abruzzo, e aspettiamo che venga applicato anche qui. Tutto questo però sta avvenendo solo oggi, quando l’emergenza sta calando, e l’urgenza dei tamponi è diminuita. Sarebbe stato più utile farlo mesi addietro, e tramite un intervento del ministro Speranza sarebbe stato possibile”.

Per Gullotta le giustificazioni alla scelta di escludere le parafarmacie dalla realizzazione di tamponi e vaccini non sono reali, e si basano sul falso presupposto dell’assenza di strumenti per la tracciabilità: “Le parafarmacie sono sul portale TS, inviano e gestiscono i codici fiscali per il 730 precompilato, usano lo stesso software delle farmacie, sono luoghi sottoposti agli stessi controlli di sicurezza, ed è sempre presente un farmacista nella struttura. Ci saremmo anche dotati di ulteriore personale se ci fosse stato richiesto, ma non ce n’è stata data la possibilità”.

“Interesse lobbistico a danneggiare le parafarmacie: Federfarma vuole nascondere guadagni dai tamponi”

Secondo il Presidente della FNPI è ingiusto che le parafarmacie debbano oggi ribadire queste cose, a fronte di opposizioni basate su false informazioni: “Semplicemente è stato deciso dal punto di vista lobbistico, da parte delle farmacie, di osteggiarci”.

Una scelta, in particolare per i tamponi, dovuta a ragioni economiche: il dibattito sul margine di guadagno delle farmacie infatti tiene alta da mesi l’attenzione su questo tema. “Federfarma vuole nascondere un business di fatto, i guadagni sono più alti di quelli indicati”, denuncia il Presidente FNPI. “I tamponi sono un business enorme, con un guadagno notevole, anche se comunque proporzionato all’alto rischio sanitario e ad altre problematiche connesse come quella del rischio biologico, legato alla gestione dei rifiuti pericolosi. C’è poi lo stress per il farmacista, che è impegnato per ore in un’operazione rischiosa e faticosa.”

Gullotta contesta quindi il fatto di aver addotto motivazioni inesistenti all’esclusione delle parafarmacie al fine di mantenere solo all’interno delle farmacie i margini prodotti: “Noi non avremmo puntato a un prezzo più basso, ma avremmo semplicemente offerto la possibilità alle persone di non dover fare file di ore e di avere un servizio migliore”.

Escludere le parafarmacie è stata una scelta che, per Gullotta, ha pesato sulla qualità del servizio offerto ai cittadini: “La situazione è assurda. Ci sono paesini in cui non ci sono farmacie che fanno i tamponi, e le parafarmacie che vorrebbero farli non possono. Si crea un disagio per le persone. Delle 19.000 farmacie italiane solo poco più della metà fanno i tamponi. A queste si sarebbero potute sommare le poco più di 5.000 parafarmacie presenti in maniera capillare su tutto il territorio nazionale. Molte di queste sono già dotate di spazi adibiti, controllati dalle ASL, e quelle che non li avevano si sarebbero potute dotare di gazebo, come hanno fatto le farmacie. È impensabile essere stati esclusi quando ci sono stati casi, come l’esperienza siciliana, dei vaccini fatti dal parrucchiere a fine 2021 (una sperimentazione, osteggiata da Federfarma, lanciata a Palermo dall’area produzione e benessere di Confesercenti Sicilia, che prevede la possibilità di ricevere da personale medico autorizzato il vaccino anti-COVID dal barbiere e dal parrucchiere, e che ha avuto il via libera del commissario per l’emergenza COVID-19della provincia, N.d.R.)”.

Servizi tagliati, code, ritardi: l’esclusione delle parafarmacie pesa soprattutto sui cittadini

Oltre alle file dovute a tamponi e vaccini, a causa della pandemia le farmacie hanno vissuto più in generale un’intensificazione della domanda dei servizi tradizionali da parte del pubblico (autoanalisi, esami in telemedicina…). Un incremento di flussi dovuto anche alle difficoltà delle persone, in questi due anni di pandemia, a rivolgersi al medico di base o alle altre strutture sanitarie.

Una crescita degli sforzi e della pressione sulle farmacie (più burocrazia, aumento del rischio professionale, forza lavoro numericamente inadeguata) il cui risultato, in alcuni casi, è stato la scelta di sospendere temporaneamente alcuni servizi (come il servizio di prenotazioni CUP) a favore dell’attività di erogazione dei tamponi. Una situazione di stress che secondo il presidente FNPI Gullotta poteva essere alleggerita facilmente, dividendo con le parafarmacie oneri e onori di tamponi e vaccinazioni. La maggior parte di questi guadagni per prodotti e servizi anti-COVID è rimasta così concentrata nei bilanci delle farmacie, mentre quella suddivisa con le parafarmacie ha riguardato esclusivamente la vendita dei DPI e dei tamponi rapidi fai da te.

Resta indiscutibile che, in questi ultimi due anni, e in particolare durante i mesi di lockdown, farmacie e parafarmacie siano sempre rimaste aperte, fornendo non solo un servizio sanitario ai cittadini, ma spesso anche un luogo in cui avere informazioni o in cui poter fisicamente parlare con qualcuno nei momenti di maggiore confusione e mancanza di chiarezza sull’andamento della pandemia.

Viene da chiedersi però se alla fine, nel dibattito su chi avrebbe dovuto fare o meno i tamponi (e anche i vaccini), a rimetterci di più non siano stati i cittadini. La scelta di escludere le parafarmacie dall’erogazione di questi servizi ha prodotto soprattutto ritardi sia per chi aveva necessità di effettuare i tamponi e ricevere i vaccini, che per chi doveva avere accesso a tutti egli altri servizi che non sono stati (e non vengono) integralmente coperti dal personale oberato di lavoro.

Il rimpallo di competenze e la mancata azione diretta del ministero della Salute non hanno portato solo un mancato guadagno per le parafarmacie, ma hanno creato soprattutto ulteriori problemi per gli italiani, già colpiti duramente dalle criticità e dai disagi prodotti in questi due anni di pandemia.


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Photo credits: ordinefarmacistiroma.it

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