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Tassa sugli extraprofitti bancari? Ci hanno guadagnato le banche
La versione italiana del provvedimento fiscale si è rivelata vantaggiosa per gli istituti di credito, che ne hanno tratto un beneficio da tre-quattro miliardi: il 2023 per le banche è stato un anno d’oro. Spieghiamo in che modo si è arrivati a questo dai proclami iniziali del Governo
Ad agosto del 2023, ringalluzziti dalla vittoria elettorale, sembravano i baluardi del popolo italiano contro lo strapotere delle banche. Mentre Giorgia Meloni, che da sempre ha predicato contro le lobby della finanza internazionale, urlava contro “gli utili da record e i margini ingiusti” degli istituti bancari e annunciava una tassa del 40% sugli extraprofitti, Matteo Salvini sparava a zero sulla BCE e come di consueto colorava di propaganda l’annunciato provvedimento.
“In Italia la sinistra difende i banchieri, anziché operai e lavoratori. Sono orgoglioso che abbiamo approvato il provvedimento per togliere i soldi degli extraprofitti alle banche e ridistribuirli ai lavoratori. Un governo con la schiena dritta deve fare provvedimenti a favore dei cittadini.”
La propaganda, tuttavia, ha le gambe corte, anzi cortissime. Così la schiena è rimasta dritta per poco tempo; poi si è piegata ai tanto vituperati “poteri forti” per motivi di bassa convenienza.
Come la tassa sugli extraprofitti è diventata un regalo alle banche
Qualcuno, a partire forse dallo stesso ministro dell’Economia Giorgetti, deve aver spiegato ai paladini del popolo, Meloni e Salvini, che si erano scagliati contro le plutocrazie, che il nostro mostruoso debito pubblico è in mano alle banche e che se la tanto odiata BCE decidesse di non acquistare i nostri titoli di Stato l’economia italiana, da sempre dipendente dal sistema bancario, crollerebbe nell’arco di poco tempo.
Dopo l’agosto dei fuochi fatui è arrivato il settembre delle schiene curve. I banchieri italiani, reduci di un crollo dei titoli in Borsa dovuto all’annuncio del Governo, hanno creato allarme sui mercati finanziari e hanno fatto ricorso alla BCE per evitare che una tassa sugli extraprofitti ricadesse sui loro bilanci. È iniziata una lunga trattativa nella quale gli esponenti del Governo hanno visto impallidire di giorno in giorno le loro ambizioni contro il potere della tanto odiata finanza.
Con la mediazione del Tesoro si è arrivati a una scelta alternativa: invece di pagare la tassa del 40%, le banche hanno creato “una riserva speciale non distribuibile agli azionisti, 2,5 volte superiore all’imposta” decisa dal Governo. Tradotto in un linguaggio non tecnico, gli astuti banchieri sono riusciti a uscire dalla stretta fiscale con un dimezzamento degli accantonamenti sui crediti (i fondi stanziati preventivamente per assorbire eventuali crediti non riscossi), e dunque un aumento degli utili del 15%. Morale della favola, un provvedimento che doveva essere una redistribuzione del reddito a favore dei meno abbienti si è trasformato in un guadagno per le banche di tre-quattro miliardi.
Il 2023, l’anno d’oro delle banche: 40 miliardi di utili
Doveva essere tempesta per il sistema bancario, con l’annuncio di Matteo Salvini secondo il quale la tassa poteva valere nove miliardi, e invece la quiete dopo una tempesta mancata ha portato grande vantaggio alle banche, che non a caso alla fine di questa lunga trattativa hanno festeggiato il realismo del Governo e applaudito alla clamorosa retromarcia di Palazzo Chigi. A fine anno la verità è venuta a galla in tutta la sua crudezza: quasi tutte le banche hanno preferito – questa era l’opzione – rafforzare il proprio patrimonio piuttosto che pagare la tassa al Governo.
Giorgia Meloni e il segretario leghista si erano presentati contro i poteri forti e hanno finito per operare attivamente contro i poteri deboli, con l’eliminazione del Reddito di Cittadinanza. Neppure un topolino è nato da quella gigantesca montagna propagandistica messa in circolo da Giorgia Meloni e Matteo Salvini, a parte una stagione davvero aurea per le banche, che nel 2023 hanno portato a casa oltre 40 miliardi, anche grazie al provvedimento-farsa.
Una storia simile, d’altronde, abbastanza scandalosa, è capitata con le accise sulla benzina. Protagonista dello scandalo ancora Matteo Salvini, che dal 2018 annuncia: “Se vincerò le elezioni taglierò le accise che si portano via la maggior parte del prezzo della benzina utilizzata dai cittadini per andare a lavorare”. Quando siete andati a fare benzina di recente vi siete per caso accorti di una diminuzione drastica del prezzo del carburante, dovuta a una riduzione delle accise? Difficile, visto che anche quell’annuncio da schiena dritta si è perso nelle nebbie della propaganda.
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