BNL inventa il personale usa e getta: “Noi interinali formati per sostituire gli scioperanti”

La banca del gruppo BNP Paribas ha presentato un piano di esternalizzazione per 900 lavoratori senza trattare con i sindacati, per poi sostituire i colleghi in sciopero con task force di precari formati alla bisogna: SenzaFiltro ha raccolto in esclusiva la testimonianza di uno di loro.

Gli interinali lavorano al posto di chi sciopera. Succede oggi in BNL, la banca che da mesi è in trattativa per evitare l’esternalizzazione di 900 lavoratori con mansioni in prevalenza di back office.

Lo sciopero era in preparazione da giorni, cioè da quando è stato presentato il piano di esternalizzazione e i sindacati hanno deciso di alzarsi dal tavolo. Oggi a Milano, Napoli e Roma, davanti alle sedi della BNL, sono stati annunciati dei presidi dei lavoratori con le sigle sindacali per dire no all’esternalizzazione.

BNL esternalizza, i lavoratori scioperano: la banca si attrezza per sostituirli e ignorare la protesta

L’azienda nei giorni scorsi si è mobilitata per “rimpiazzare” in qualche modo i potenziali scioperanti. Non assumendo lavoratori a giornata, il che peraltro avrebbe potuto configurare anche dei reati, ma formando alcuni interinali che già lavorano per il gruppo bancario a svolgere il lavoro dei colleghi che potenzialmente potrebbero astenersi dal lavoro, perché figurano nell’elenco di coloro che saranno esternalizzati.

Si tratta di circa 900 lavoratori, in prevalenza impegnati in attività di back office o assistenza informatica, che verranno destinati a una società esterna, la quale lavorerà in prevalenza per BNL. Verrà garantito loro lo stesso contratto e non perderanno i benefit, almeno fino alla scadenza. Dopo di che per questi lavoratori potenzialmente potrebbe aprirsi qualsiasi scenario, anche il licenziamento, che oggi sembra escluso. Rimane il disappunto per essere stati estromessi dall’azienda dove alcuni hanno lavorato per diversi decenni.

I sindacati hanno chiesto fino a pochi giorni fa di poter discutere il piano, ma da parte dell’azienda non sarebbero arrivate aperture, fino a quando non hanno deciso di proclamare lo sciopero del 27, che fa seguito a una serie di mobilitazioni nei mesi scorsi conclusesi con il presidio di Milano davanti alla sede della BNL. Da settembre a oggi c’è stato un dialogo serrato tra la componente sindacale e la proprietà del colosso bancario, che oggi fa parte del gruppo BNP Paribas; un dialogo che però non è arrivato a una sintesi soddisfacente per i lavoratori, i quali oggi si sono astenuti dal lavoro. Nei giorni scorsi sono circolate in azienda indiscrezioni secondo cui sarebbero state in via di preparazione delle task force per sostituire gli scioperanti.

«Abbiamo chiesto all’azienda – dice Tommaso Vigliotti dell’Unisin BNL – di revocare immediatamente l’ordine partito dall’alto che impedisce l’esercizio del diritto di sciopero, chiedendo di darci immediato riscontro: a oggi nessuna risposta».

Il lavoratore interinale: «Io, precario, formato da BNL per coprire gli scioperanti»

SenzaFiltro è riuscito a parlare con uno dei precari che dovranno sostituire i colleghi in sciopero.

«Da aprile – racconta – sono un lavoratore somministrato per conto di BNL. Ho una generica mansione di ufficio, ma per il 27 oltre al mio lavoro mi è stato chiesto di svolgere altre mansioni, che di solito non mi competono e per le quali sono stato formato nei giorni scorsi. Tutta l’attività del mio ufficio verrà esternalizzata e presa in carico da questa nuova società. A me non cambia molto, però, perché io già non sono dipendente BNL.»

La sua è una storia di precariato negli istituti di credito che dura da qualche anno, a dispetto del fatto che ha soltanto 28 anni. «Dalla laurea in scienze bancarie ho sempre lavorato, tranne i primi due mesi di pandemia, ma quello era un periodo particolare. Noi interinali dipendiamo dall’agenzia e abbiamo l’inquadramento retributivo più basso, senza i benefit dei dipendenti. A parità di livello percepiamo qualcosa in più, ma non abbiamo welfare aziendale o altre agevolazioni. E non abbiamo nemmeno gli scatti di anzianità. Certo, ci sono situazioni che possono sembrare paradossali: io convivo con una persona che ha un lavoro dipendente, ma pur lavorando in banca se non avessi chi garantisce per me non mi darebbero un mutuo. E pensare che potrei avere delle agevolazioni. Da questo punto di vista le esternalizzazioni non aiutano noi precari, anche se non siamo direttamente coinvolti. Questo progressivo sfaldamento del mondo bancario incrementa il precariato e riduce la nostra possibilità di venire stabilizzati. Per noi è difficile, nonostante siamo entrati in un mercato del lavoro che comunque era già instabile».

Per questo nuovo tipo di lavoratore il sindacato è un mondo del tutto sconosciuto: «Non ho mai avuto a che fare con un sindacato. Non c’è stata occasione di entrare in contatto e fondamentalmente non ho mai avuto esigenza di rapportarmi con loro. A me l’esternalizzazione non cambia molto, perché so già che per me non arriverebbe l’assunzione».

«Mi dispiace per i colleghi ma ragiono in modo diverso. Il cambiamento può essere uno stimolo»

La precarietà è vissuta anche come uno stimolo, in un certo senso, e lo dimostrano le discussioni che ci sono state nei giorni scorsi con gli storicidipendenti della banca, che tra pochi giorni, dopo decenni, potrebbero trovarsi a fare lo stesso lavoro per la stessa società, alle dipendenze però di un’azienda esterna.

«Capisco la loro situazione – continua – anche perché nel mio ufficio c’è una media di età molto alta e alcuni di loro lavorano lì da 30 o 40 anni. Anche a livello empatico, a me spiace tanto per loro. Già quattro anni fa, quando mi sono laureato, davo già per scontato che non avrei lavorato tutta la vita per BNL, o per una sola azienda. Io ragiono in modo diverso. Ai miei colleghi dico che potrebbe essere stimolante per loro rapportarsi con un ambiente più giovanile, anche se gran parte degli esternalizzati è prossima alla pensione e questo risulterà un colpo difficile da attutire. Non è che non sono abituati al cambiamento; una persona che ha sempre lavorato in un determinato ambito non ne conosce altri. Io ho girato un’assicurazione e quattro banche, so che cosa significa lavorare in una società di consulenza, ed è un lavoro totalmente diverso rispetto alle dinamiche che si creano in banca. Però mi rendo conto che se il cambiamento è vissuto a 28 anni è diverso da come lo si vive a 50».

In modo particolare per chi ha lavorato in un settore che fino a pochi anni fa è stato quello conservatore per eccellenza. «La mentalità della banca è un po’ vecchio stampo, magari la gente decide di attaccarsi a un lavoro che fa da 30 anni perché non vuole il cambiamento. Lo capisco, però, come ho detto ai miei colleghi nelle discussioni dei giorni scorsi, io la vedo anche come una cosa positiva che può portare stimoli alle dinamiche lavorative perché si rapporteranno con persone che hanno un’età media piuttosto bassa. Il mio ufficio è molto operativo e le persone che ci lavorano sono molto preparate, perché hanno un’esperienza vasta».

In questa dinamica pesa poi anche un aspetto quasi sentimentale, l’attaccamento a un’azienda nella quale si è cresciuti e alla quale si è dato molto.

«Penso che a loro pesi l’allontanamento, perché hanno dato il loro contributo: essere mandati a casa dall’oggi al domani non è una cosa bellissima, in particolare se a una società si dato molto».

Photo credits: professionebancario.it

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