Confindustria nel Tempio

Il convegno annuale di Confindustria ha chiuso i lavori in Vaticano, alla presenza di un Papa molto aggiornato che non ha risparmiato critiche a un sistema anacronistico di intendere il lavoro.

La Chiesa, fin dagli inizi, ha accolto nel suo seno anche mercanti, precursori dei moderni imprenditori. Nella Bibbia e nei Vangeli si parla di lavoro, di commercio, e tra le parabole ci sono quelle che parlano di monete, di proprietari terrieri, di amministratori, di perle preziose acquistate. Il padre misericordioso nel Vangelo di Luca (cfr 15,11-32) ci viene mostrato come un uomo benestante, un proprietario terriero. Il buon samaritano (cfr Lc 10,30-35) poteva essere un mercante: è lui che si prende cura dell’uomo derubato e ferito, e poi lo affida a un altro imprenditore, un albergatore. I “due denari” che il samaritano anticipa all’albergatore sono molto importanti: nel Vangelo non ci sono soltanto i trenta denari di Giuda; non solo quelli. In effetti, lo stesso denaro può essere usato, ieri come oggi, per tradire e vendere un amico o per salvare una vittima. Lo vediamo tutti i giorni, quando i denari di Giuda e quelli del buon samaritano convivono negli stessi mercati, nelle stesse borse valori, nelle stesse piazze. L’economia cresce e diventa umana quando i denari dei samaritani diventano più numerosi di quelli di Giuda.

Dal discorso di Papa Francesco all’Assemblea degli Industriali in Vaticano

L’attualità di questi giorni ci restituisce una versione aggiornata dei Mercanti nel Tempio, che ha visto protagonista una delegazione di 4600 imprenditori confindustriali accolti da Papa Francesco in Vaticano.

Abbiamo imparato negli anni ad apprezzare la generosità di questo Sant’Uomo, (ma mai avremmo immaginato così tanto) insieme alla sua schiettezza e alla lucidità con cui si è rivolto in modo diretto e senza troppi fronzoli istituzionali a Bonomi e ai suoi fedeli.

Chiudere l’annuale assemblea in Vaticano è stata certamente un’idea di straordinaria spiritualità, se lo scopo del Presidente di Confindustria era quello di espiare tre anni di passi falsi (evitare la chiusura delle aziende – soprattutto in Lombardia – in piena pandemia dichiarandole “i luoghi più sicuri” salvo poi sposare tutt’altra politica nei mesi successivi), di cattiva informazione (il fuoco incrociato sul Reddito di cittadinanza supportato da dati totalmente errati e da una campagna mediatica a tamburo battente su tutti i giornali in cui l’Associazione ha prestato molte facce per lamentare la mancanza di personale e smentita dai numeri delle assunzioni che hanno superato i record di 20 anni fa), di scambi di favore con la politica attuale (salario minimo, spese militari, ulteriori investimenti nei Centri per l’Impiego, revisione del Reddito di Cittadinanza a senso unico).

Mentre sono più di 70 i tavoli di lavoro aperti nel nostro Paese da Sud a Nord Est, l’Associazione degli Industriali ha preteso di riprendersi un ruolo cardine, di fatto aggravandone lo stallo senza produrre risultati efficaci nella lotta alle delocalizzazioni, alle chiusure coatte, alle acquisizioni dei fondi di investimento. Complice purtroppo anche un Ministero del Lavoro e quello dello Sviluppo Economico che in queste due ultime legislature non hanno brillato per operatività.

Leggi anche l’osservatorio mensile di Andrea Ballone sulle crisi aziendali nel nostro Paese.

Papa Francesco che parla di lavoro

Nonostante le premesse glitterate, la visita di Bonomi non è avvenuta in ciabatte di pelo di struzzo. Papa Francesco ha dimostrato di conoscere molto bene il nervo scoperto del lavoro nel nostro Paese e nello stile che lo contraddistingue non ha mancato di ricordare ai rappresentanti degli imprenditori che è arrivato il tempo di occuparsi seriamente di alcuni temi strategici anziché usarli solo come bei titoli di discussione per le tavole rotonde dei Convegni di settore.

Tasse

Il riferimento alla condivisione non è velato. Il Papa sottolinea l’importanza di partecipare tutti al pagamento delle tasse e a redistribuire valore, affinché la ricchezza acquisisca un ruolo circolare a beneficio di tutta la comunità. E quindi, se non fosse stato chiaro, Bergoglio incalza la dose citando non più il Vangelo, ma la Costituzione.

ll patto fiscale è il cuore del patto sociale. Le tasse sono anche una forma di condivisione della ricchezza, così che essa diventa beni comuni, beni pubblici: scuola, sanità, diritti, cura, scienza, cultura, patrimonio. Certo, le tasse devono essere giuste, eque, fissate in base alla capacità contributiva di ciascuno, come recita la Costituzione italiana (cfr art. 53). Il sistema e l’amministrazione fiscale devono essere efficienti e non corrotti. Ma non bisogna considerare le tasse come un’usurpazione. Esse sono un’alta forma di condivisione di beni, sono il cuore del patto sociale.

Dal discorso di Papa Francesco all’Assemblea degli Industriali

Creare lavoro per i giovani

Il futuro dei giovani è stato un altro dei temi importanti del discorso del Papa. La mancanza di visione a lungo termine, di piani di formazione adeguati, di coinvolgimento (ci si lamenta di non trovare personale ma la maggior parte di queste aziende non ha programmi di employer branding, non va a cercare le sue risorse là dove c’è la vera offerta: nelle scuole e al Sud), unitamente al fenomeno della bassa natalità, sta riducendo drasticamente il concetto di futuro.

Da qui la necessità di creare lavoro vero; anche in questo caso la stoccata del Papa non poteva avere platea migliore se si parla di precariato e contro la giungla di contratti male aggiornati e disallineati dal costo della vita; responsabilità da cui Confindustria non può sottrarsi, avendo da sempre partecipato e da sempre influenzato le scelte di ogni Governo in materia di lavoro.

Un’altra via di condivisione è la creazione di lavoro, lavoro per tutti, in particolare per i giovani. I giovani hanno bisogno della vostra fiducia, e voi avete bisogno dei giovani, perché le imprese senza giovani perdono innovazione, energia, entusiasmo. Da sempre il lavoro è una forma di comunione di ricchezza: assumendo persone voi state già distribuendo i vostri beni, state già creando ricchezza condivisa. Ogni nuovo posto di lavoro creato è una fetta di ricchezza condivisa in modo dinamico. Sta anche qui la centralità del lavoro nell’economia e la sua grande dignità.

Donne e natalità per non pregiudicare il futuro

Se non fosse stato chiaro il concetto, Papa Francesco che a 80 anni sembra avere una visione del futuro ben più chiara di quella della sua platea, ripete e sottolinea che il fenomeno della bassa natalità è fra le cause principali della decrescita del nostro Paese e invita gli imprenditori a sostenere le famiglie. Significa due cose, sopra tutte: dare stabilità attraverso stipendi dignitosi e stabili e supportare le donne in gravidanza.

È urgente sostenere nei fatti le famiglie e la natalità. Su questo dobbiamo lavorare, per uscire il più presto possibile dall’inverno demografico nel quale vive l’Italia e anche altri Paesi. È un brutto inverno demografico, che va contro di noi e ci impedisce questa capacità di crescere. Oggi fare i figli è una questione, io direi, patriottica, anche per portare il Paese avanti.

Sempre a proposito della natalità: alle volte, una donna che è impiegata qui o lavora là, ha paura a rimanere incinta, perché c’è una realtà – non dico tra voi – ma c’è una realtà che appena si incomincia a vedere la pancia, la cacciano via. “No, no, tu non puoi rimanere incinta”. Per favore, questo è un problema delle donne lavoratrici: studiatelo, vedete come fare affinché una donna incinta possa andare avanti, sia con il figlio che aspetta e sia con il lavoro.

Immigrazione e inclusione

Incredibile l’attualità di questo discorso e la preparazione di Papa Francesco su questi temi. L’anello fra crisi delle nascite, rispetto per la famiglia e visione del futuro si chiude con un appello a favore dell’inclusione (altra parola abusata nei contesti aziendali rispetto alle cronache quotidiane, soprattutto in alcune aree del nostro Paese) e dunque dell’impatto degli immigrati sui singoli territori (e di conseguenza sulle continuità delle imprese).

A questo proposito, va sottolineato il ruolo positivo che giocano le aziende sulla realtà dell’immigrazione, favorendo l’integrazione costruttiva e valorizzando capacità indispensabili per la sopravvivenza dell’impresa nell’attuale contesto. Nello stesso tempo occorre ribadire con forza il “no” ad ogni forma di sfruttamento delle persone e di negligenza nella loro sicurezza. Il problema dei migranti: il migrante va accolto, accompagnato, sostenuto e integrato, e il modo di integrarlo è il lavoro. Ma se il migrante è respinto o semplicemente usato come un bracciante senza diritti, ciò è un’ingiustizia grande e anche fa male al proprio Paese.

Quando l’imprenditore perde il senso della realtà

Non so se a Papa Francesco piaccia lo smartworking o meno, ma è straordinario il riferimento alla cultura manageriale e ai suoi vizi. Un Pontefice che veste gli abiti del formatore e ricorda agli imprenditori che questi due anni di pandemia devono aver insegnato a tutti, ormai, che siamo atterrati in un mondo nuovo in cui dobbiamo iniziare a prenderci a cuore una nuova cultura del lavoro.

Ed evidentemente non è un caso che questo venga ricordato in primis a Bonomi, ambasciatore di una Regione che fatica ad adeguarsi ai nuovi tempi e poi a tutto il mondo imprenditoriale.

Una delle gravi crisi del nostro tempo è la perdita di contatto degli imprenditori col lavoro: crescendo, diventando grandi, la vita trascorre in uffici, riunioni, viaggi, convegni, e non si frequentano più le officine e le fabbriche. Si dimentica “l’odore” del lavoro. È brutto. È come succede a noi preti e vescovi, quando dimentichiamo l’odore delle pecore, non siamo più pastori, siamo funzionari. Si dimentica l’odore del lavoro, non si riconoscono più i prodotti ad occhi chiusi toccandoli; e quando un imprenditore non tocca più i suoi prodotti, perde contatto con la vita della sua impresa, e spesso inizia anche il suo declino economico. Il contatto, la vicinanza, che è lo stile di Dio: essere vicino.

Stipendi, senso di appartenenza e l’esempio di Olivetti

Un ultimo passaggio del discorso del Papa riguarda la forbice salariale fra top manager e il resto dell’azienda. L’Italia è fra i Paesi che non ha alcuna regolamentazione in questo senso, dove esistono Amministratori Delegati che guadagnano fino a centinaia di volte in più dei loro collaboratori.

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Questo genera inevitabilmente una frattura all’interno delle organizzazioni, che in tempi di crisi come questo non aiuta a creare senso di appartenenza facendo sentire le Persone distanti da una stessa identità. Con l’inevitabile conseguenza di farle sentire lontane e infedeli al loro stesso posto di lavoro.

Creare lavoro poi genera una certa uguaglianza nelle vostre imprese e nella società. È vero che nelle imprese esiste la gerarchia, è vero che esistono funzioni e salari diversi, ma i salari non devono essere troppo diversi. Oggi la quota di valore che va al lavoro è troppo piccola, soprattutto se la confrontiamo con quella che va alle rendite finanziarie e agli stipendi dei top manager. Se la forbice tra gli stipendi più alti e quelli più bassi diventa troppo larga, si ammala la comunità aziendale, e presto si ammala la società. Adriano Olivetti, un vostro grande collega del secolo scorso, aveva stabilito un limite alla distanza tra gli stipendi più alti e quelli più bassi, perché sapeva che quando i salari e gli stipendi sono troppo diversi si perde nella comunità aziendale il senso di appartenenza a un destino comune, non si crea empatia e solidarietà tra tutti; e così, di fronte a una crisi, la comunità di lavoro non risponde come potrebbe rispondere, con gravi conseguenze per tutti.

A distanza di decine di anni, sembra incredibile non tanto che il pensiero ricorra nuovamente a Olivetti che il Papa ricorda per la sua lungimiranza nella creazione di un ecosistema solidale e circolare, ma che purtroppo dopo la sua morte non si sia più visto un imprenditore capace di tanta eredità.

La guest star non ci sta

Alla fine, probabilmente, le parole di Francesco non troveranno particolare terreno fertile e l’impressione “da fuori” è che la figura del Papa fosse stata pensata come un sorta di Guest Star per il Congressone Nazionale, come un Jovanotti qualsiasi, messo lì per alimentare reputazione e posizionamento del committente.

Peccato non aver pensato agli effetti collaterali.

Leggi il mensile 116, “Cavalli di battaglia“, e il reportage “Sua Sanità PNRR“.


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