Logistica, aumentano picchetti e lotta radicale: il metodo SI Cobas fa primavera araba

Nel settore logistica si lotta anche tra sindacati, con le accuse incrociate tra i confederali e gli autonomi come i SI Cobas di Adil Belakhdim, ucciso durante una manifestazione. Intanto, però, i risultati ci sono. Un quadro della situazione con testimonianze da entrambi gli schieramenti.

L’ultimo e più grave episodio si è verificato a Biandrate, in provincia di Novara. Un camion, guidato da un autista italiano di 26 anni, ha forzato il picchetto dei lavoratori delle cooperative travolgendo e uccidendo Adil Belakhdim, responsabile trentanovenne del sindacato SI Cobas, che da giorni stava picchettando l’ingresso del centro distribuzione della Lidl.

Dall’inizio del 2021 però non è un caso isolato. A San Giuliano Milanese i picchetti alla FedEx si sono trasformati in scontri con le forze dell’ordine; lo stesso è successo anche alla sede di Piacenza, e a Tavazzano, nel lodigiano, l’azienda per sedare la protesta – secondo le ricostruzioni dei Cobas – avrebbe addirittura fatto ricorso alla sicurezza aziendale. Alcuni addirittura sostengono che in provincia di Lodi è andato in scena uno scontro tra gli operai iscritti ai sindacati CGIL-CISL-UIL e gli autonomi. È un’accusa che i confederali rimandano al mittente; sono in corso le indagini.

Il dato che emerge da questi mesi di scontri nel settore logistica è però quello di un nuovo soggetto sindacale, agguerrito, non sempre minoritario e che fa ricorso sempre più spesso a una pratica di lotta che sembrava scomparsa: il picchetto. A Stradella, dove ha sede la Ceva (altro gigante della logistica), da settimane gli autonomi bloccano l’ingresso della fabbrica, e la tensione sale anche in provincia di Pavia. Venerdì due operai sono arrivati alle mani (ed è spuntato anche un coltello), anche se le forze dell’ordine hanno specificato che non si tratta di questioni sindacali, ma di “futili motivi”. Tuttavia in molti hanno pensato che le discussioni che ci sono state nei mesi scorsi siano degenerate.

SI Cobas: chi sono, da dove vengono e che cosa fanno

Nella pianura padana, e più specificamente lungo la via Emilia da Stradella a Piacenza, fino a Bologna, dal 2010 c’è un nuovo sindacato, i cui iscritti sono prevalentemente facchini e di origine straniera. Fino al 2014 si parlava di 98% di stranieri (secondo le stime della ricercatrice Anna Curcio) con prevalenza di maghrebini.

«Negli ultimi anni – dice Alessando Delfanti, ricercatore dell’università di Toronto, con un libro in uscita su Amazon e la logistica nonché piacentino DOC – gli italiani iscritti ai SI Cobas sono aumentati, anche perché in molti hanno capito che le lotte radicali hanno restituito loro diritti e dignità».

Il nuovo soggetto si è inserito in un settore dove era rispuntata una parola che sembrava dimenticata, cioè caporalato. Addirittura l’ha usata la procura di Pavia alla fine di un’inchiesta del 2018 sul sito di Stradella, che ha portato ad arresti e confische ai danni di una cooperativa che lavorava alla Città del Libro.

«A Piacenza esistono – continua Delfanti – veri e propri quartieri ghetto per stranieri, così come all’interno del settore logistica esiste una vera e propria razzializzazione, con una gerarchia in base alla provenienza dei lavoratori».

Dalla primavera araba alla primavera emiliana

Proprio la provenienza (in prevalenza nordafricana) di questo nuovo tipo di lavoratori ha introdotto forme di lotta che sembravano scomparse, ma che hanno preso in contropiede i sindacati confederali.

«I lavoratori immigrati – spiega a SenzaFiltro Aldo Milani, segretario nazionale dei SI Cobas – si sentivano abbandonati. Parecchi di loro erano entrati in contatto con i sindacati confederali per il permesso di soggiorno o come tramite dell’ufficio di collocamento; come agenzie di servizio, dunque. Noi gli abbiamo dato quello che loro chiamano la dignità, che poi ha pagato anche dal punto di vista degli accordi che si raggiungevano attraverso le lotte. Noi come SI Cobas da quest’anno abbiamo firmato anche accordi di secondo livello con valenza nazionale con i grandi nomi della logistica».

All’inizio del decennio scorso, infatti, la logistica ha cominciato a portare i propri hub tra Lombardia, Veneto ed Emilia. Nei grandi capannoni lungo le strade provinciali, spesso all’imbocco di autostrade, oltre ai nomi storici hanno trovato spazio una miriade di cooperative che vivevano di subappalti, disposte a fornire servizi a prezzi bassi e massima velocità grazie allo sfruttamento dei lavoratori, spesso stranieri, impiegati in turni massacranti.

Non di rado in molti ci hanno rimesso del denaro, dal momento che la struttura di queste cooperative era chiamata flight by night, cioè in grado di sparire in una sola notte. Una delle pratiche più diffuse, ad esempio, era quella di comunicare l’eventuale straordinario – obbligatorio – all’inizio della giornata, senza nemmeno chiedere la disponibilità. L’abolizione di questa prassi è stata una vittoria dei sindacati, che già nel 2010 hanno iniziato con scioperi e picchetti.

Per molti lavoratori nordafricani l’esempio era ciò che accadeva nei loro Paesi d’origine, la cosiddetta Primavera Araba. «Dopo trent’anni in Egitto Mubarak è stato cacciato», dice Mohamed Arafat, sindacalista SI Cobas, in un’intervista ad Anna Curcio. «Era una cosa che non immaginava nessuno. E anche quello che è successo alla TNT con la nostra lotta non se l’aspettava nessuno, per questo non l’abbiamo chiamato sciopero ma rivoluzione. Per noi è stato come in Egitto: la rivoluzione della TNT».

2021 odissea nel sindacato: accuse tra confederali e autonomi

Nell’ultimo anno quello che a livello sindacale era un settore con pochissime regole ha fatto passi in avanti. Sono arrivati i primi accordi, firmati da CGIL-CISL-UIL con i grandi nomi. La strada della concertazione passa però anche però dalla conflittualità interne tra i sindacati, tra chi è abituato a forme di lotta radicale e chi invece ormai da anni ottiene risultati sedendo al tavolo con i datori di lavoro.

Le accuse incrociate non sono mancate. In provincia di Pavia i confederali hanno emesso un duro comunicato di condanna all’indomani delle intercettazioni pubblicate dalla Provincia Pavese, nelle quali nel 2018 emergevano trattative sottobanco tra uno dei responsabili dei sindacati autonomi e il proprietario di una cooperativa poi condannato per evasione e mancato rispetto della normativa sul lavoro.

Ma anche il 2019 e il 2020 sono stati anni di tensione. Da un lato l’obiettivo di CGIL-CISL-UIL è quello dell’internalizzazione di quanti lavorano nelle cooperative (a Stradella si è arrivati a ottocento); dall’altro cresce la rabbia di chi, lavorando in cooperativa, ritiene di avere un trattamento di serie B. C’è poi chi accusa i picchetti di danneggiare altri lavoratori.

«È un modus operandi fuori dalle regole», dice Gaetano Di Capua della CISL Pavia e Lodi. «La protesta la fai per ottenere qualcosa. Esercitando lo sciopero non si può ledere il diritto di un altro lavoratore. A Stradella ci sono trecento lavoratori che perderanno dieci giorni di lavoro e di stipendio. Noi ci atteniamo alle regole. Il problema vero è che lo Stato deve salvaguardare i diritti: se c’è qualcuno fuori dalle regole non devono intervenire altri sindacati, deve intervenire lo Stato».

Stato che negli ultimi mesi si è fatto sentire, dal momento che non sono mancate le cariche della polizia.

La questione della rappresentanza sindacale nella logistica

Il SI Cobas è nato come sindacato specifico riferito al facchinaggio e alla logistica. Negli ultimi anni si è guadagnato la fama di egemone nel mondo delle cooperative.

Anche perché, specialmente in Emilia, non sono mancate le accuse di connivenza tra CGIL e il locale sistema di cooperative rosse. I confederali, unici ammessi alle trattative con i datori di lavoro, dal canto loro hanno più volte ribadito di essere maggiormente rappresentativi.

Ricostruire i numeri non è facile. Fino circa al 2015 i SI Cobas parlavano di una totale assenza degli altri sindacati in un settore in cui mancavano molti diritti, ma oggi (alla luce anche degli accordi firmati ad esempio a Piacenza alla FedEx, che hanno permesso la ricollocazione di 270 persone) la ex Triplice sembra diventata un interlocutore ufficiale.

«La logistica – dice Massimo Colognese, segretario regionale dell’Emilia-Romagna – è un settore sindacalizzato in alcuni posti. La FILT Piacenza conta 2.500 iscritti. In Emilia-Romagna ci sono 20.000 iscritti, di cui 17.000 della logistica. Quando facciamo le assemblee per il contratto raccogliamo tantissime persone.»

Photo credits: sicobas.org

CONDIVIDI

Leggi anche