Giulio Antolini vive nelle Marche e studia in un liceo classico di Fermo, di anni ne ha diciannove. Dell’IA fa un uso pratico, la interroga per la scuola e per il tempo libero. L’ultima ricerca che ci ha fatto gli è servita per scrivere un articolo nel giornale degli scout con cui collabora: “Mi ha risparmiato la fatica di andare a cercare informazioni su più siti, dovevo scrivere un pezzo che aveva a che fare con le chiese del mio paese”.
Mi racconta di avere un approccio umanistico e letterario anche verso la tecnologia, da cui si aspetta risposte capaci di riassumere concetti e aggregare informazioni. Gli chiedo se ChatGPT possa essere per i ragazzi una via nuova allo studio, ma anche alla didattica per quanto riguarda i docenti. “Questo non lo so, intendo dire riferito alla didattica”. La bellezza dei giovani che sanno dire non lo so; noi adulti cerchiamo sempre di cadere in piedi e poi cadiamo male.
“Da studente dico che per noi è una buona risorsa, ma serve avere gli strumenti e i supporti giusti per sfruttarne al meglio le potenzialità. Ad esempio io ho un computer un po’ vecchio, e questo mi limita nella curiosità di sperimentare come vorrei il mondo dell’IA, ma anche per gli smartphone vale la stessa cosa: solo i più aggiornati e moderni garantiscono il massimo delle funzionalità di certi algoritmi e sistemi, ma ovviamente noi ragazzi non abbiamo ancora le risorse per comprare e spendere”.
Prima di salutarlo al telefono sono curiosa di sapere se di IA i giovani si saziano da soli o se invece è un argomento di gruppo, se se ne parla tra amici, se si sfrutta per organizzare qualcosa. “Ne parliamo tanto, sì. Quello che posso dire, almeno nel mio giro, è che molti hanno paura, non si fidano, e le recenti polemiche sul fatto che sia stato bloccato dal Garante della Privacy (in realtà era la stessa società realizzatrice di ChatGPT che aveva deciso di sospendere il servizio a seguito delle richieste del Garante, N.d.R.) ha inciso senz’altro. Lo vedono come uno strumento molto simile alle mente umana, forse è quello il timore. Io invece lo vivo come un magazzino pieno di informazioni, non come qualcosa di fantascientifico, anche se di fatto sta già trasformando molti aspetti delle nostre vite”.
E a scuola, se ne parla? “Poco. Però abbiamo interrogato ChatGPT col professore di religione, volevamo capire se l’algoritmo fosse più uomo o più macchina”. Non gli ho chiesto come fosse andata a finire, ho preferito restare nel dubbio. Su dilemmi tanto alti, che ognuno si tenga la sua fede e ragione.
Photo credits: wfswhittier.net