L’altra intervista che raccogliamo è quella di Maurizio Benincasa, di professione avvocato e portavoce del Movimento per l’Internalizzazione e la Stabilizzazione degli Assistenti all’Autonomia e alla Comunicazione (MISAAC), realtà fortemente attiva nel sostenere il disegno di legge per l’internalizzazione 236/22 in contrasto con la precarietà sinora vissuta dal comparto educatori.
Benincasa, quali saranno secondo lei le eventuali tempistiche di concretizzazione della legge? “Pronostici non ne posso fare”, spiega. “Come Movimento noi speriamo il prima possibile. Il disegno di legge sull’internalizzazione nel 2023 ha avuto uno stop a causa della legge di Bilancio, che ha catalizzato tutta l’attenzione lo scorso anno, ma credo che ora, nel 2024, dovrebbe finalmente realizzarsi qualcosa d’importante in relazione al tema di cui stiamo parlando”.
Uno dei dubbi espressi da una parte del comparto educatori è che il disegno di legge presenti delle lacune: che cosa risponde? “Non ci si può limitare a guardare solo il disegno di legge e crederlo definitivo perché così non è. Possono essere apportate delle modifiche al disegno di legge in quanto tale; inoltre il quadro si completa con uno o più decreti attuativi interministeriali e con la fase di contrattazione sociale, che non dipende da noi, ma dal rapporto tra ministero e parti sociali”. E aggiunge: “Occorre guardare alla prospettiva delle norme di dettaglio, considerando modifiche e miglioramenti. Nel frattempo però è fondamentale sostenere compatti gli obiettivi di questo disegno di legge, che sono la stabilizzazione e l’internalizzazione delle figure degli educatori, con un conseguente miglioramento del servizio a favore degli studenti con disabilità e dell’inclusione”.
Uno dei timori espressi da una parte dei lavoratori è che non tutte le figure degli educatori e delle educatrici siano considerate, e quindi tutelate, dal disegno di legge in questione, con il rischio quindi che una fetta ne venga esclusa: che cosa replica a questo proposito? “Sinceramente non so più in che modo posso rassicurare su questo aspetto: ribadisco che noi non internalizziamo un nome o un titolo di studio, bensì una funzione, che è quella dell’assistenza all’autonomia e alla comunicazione, prevista dall’articolo 13, comma 3. Da qui il fatto di essere compresi nel disegno di legge, e quindi inclusi e riconosciuti in esso”.
Ammettiamo però che c’è una frammentazione a livello regionale sul fronte della denominazione di queste figure. “Certo”, conferma Benincasa. “C’è da considerare che questo timore è suscitato anche da un errore derivato dalle Regioni nella loro autonomia legislativa: hanno fatto coincidere una funzione con titoli professionali dai nomi differenti, da qui la confusione e la disarticolazione del servizio.” Ed evidenzia: “Dall’altro lato però va ricordato che se metti in moto un processo legislativo nazionale di stabilizzazione del personale non puoi non stabilizzare tutti coloro che a vario titolo stanno svolgendo questa funzione, perché qualunque atto normativo che non prevedesse un’operazione di questo genere sarebbe illegittimo, e quindi impugnabile davanti al giudice.”
Che cosa la preoccupa sul fronte di queste differenti posizioni? “Le perplessità di una parte di educatori, considerando che il 50% del MISAAC è formato proprio da queste figure. Mi chiedo perché venga fatta una battaglia di retroguardia all’unica possibilità che abbiamo di stabilizzazione. Capisco in pieno il loro principio di difesa del titolo, ma questa è una battaglia che non va fatta all’interno di un processo di stabilizzazione, quanto semmai in quello di costruzione di un profilo professionale, che è un’altra cosa”.
Una cosa che viene sottolineata è che l’internalizzazione impedirebbe anche le asimmetrie di trattamento, che purtroppo tutt’oggi avvengono, tra educatori e docenti. “Questo è certo, visto che gli educatori sarebbero dipendenti del Miur come loro. Purtroppo questa asimmetria finora è dipesa proprio dal ritenere gli educatori una sorta di ospiti del comparto scuola, una cosa assurda visto che svolgono una funzione essenziale proprio nel medesimo contesto”.
Anche in questo caso chiediamo come si concilierebbe nella legge la questione del servizio domiciliare svolto dagli educatori scolastici: “Questa funzione può essere svolta anche a domicilio. Un contesto diverso non cambia infatti la natura della funzione: pensiamo alle attività di doposcuola o aiuto nei compiti. I docenti che fanno lezione di supporto agli alunni a casa non per questo sono considerati meno docenti scolastici: perché tutto ciò non dovrebbe valere anche per gli educatori?”.
Le riflessioni, insomma, restano aperte.
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