Reddito di Cittadinanza e disabili: “Le aziende che dovrebbero assumerci si rifiutano di farlo”

“Vengono proposte mansioni insostenibili o inesistenti”: l’odissea di Anna, che ha una patologia degenerativa e cerca invano un lavoro.

Parassiti, fannulloni, senza voglia di lavorare, approfittatori, zecche. La lista degli appellativi sarebbe molto più lunga; quelli menzionati sono solo i più rappresentativi di un diffuso pregiudizio nei confronti di chi usufruisce del tanto discusso Reddito di Cittadinanza.

Un’opinione che serpeggia sui social e tra le persone in carne e ossa, inserendo stereotipi in un ambito tematico che coinvolge diverse problematiche, anche pesanti. Se da un lato però c’è chi si approfitta delle opportunità, dall’altro questo non significa che la disonestà riguardi chiunque. Soprattutto chi del reddito di cittadinanza ne ha davvero bisogno, e non per futili motivi.

Approdando sul sito istituzionale dedicato al tema leggiamo che “Il Reddito di Cittadinanza ha inoltre l’obiettivo di migliorare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, aumentare l’occupazione e contrastare la povertà e le disuguaglianze”. Non a caso il pregiudizio più diffuso è che le persone facciano richiesta del reddito di cittadinanza per non dover lavorare. Con SenzaFiltro saliamo sul ring di questo scontro tra preconcetti e realtà dando voce a un’esperienza reale.

Ha una malattia degenerativa, perde il lavoro e non trova impiego: “Non sei presentabile”

Tra le diverse storie che riguardano il tema abbiamo scelto quella di Anna (nome di fantasia), che ci racconta senza reticenze la sua odissea mettendo al tappeto la correlazione tra fannulloni e reddito di cittadinanza. Ma partiamo dall’inizio.

Anna risiede in una provincia della Lombardia. Nel suo bagaglio di esperienze ci sono un diploma, premi prestigiosi scaturiti da un talento artistico che coltiva fin da ragazza, esperienze professionali concrete e tanta voglia di lavorare, soprattutto per dare un futuro migliore a se stessa e a suo figlio. Da tempo affronta infatti diverse sfide che non riguardano solo l’ambito lavorativo ed economico, ma anche quello della salute. Anna ha una malattia rara di tipo degenerativo che le crea problemi di deambulazione e alla vista. “Nonostante abbia una patologia che mi provoca forti disagi la mia pensione di invalidità è molto bassa, al di sotto dei 300 euro mensili”, chiarisce subito.

La prima avversità sul mondo del lavoro arriva al momento della gravidanza, quando la lasciano a casa. I curricula che invia negli anni a seguire sono tantissimi, ma senza esiti positivi o duraturi: “O non rispondevano oppure mi proponevano mansioni fortemente sottopagate e inconciliabili con la mia patologia”, spiega.

Non mancano nemmeno uscite squallide da parte degli interlocutori, sia uomini che donne, con cui Anna affronta i colloqui. “In più occasioni mi è stato detto che non ero adatta a ricevere clienti perché non sono di bella presenza, e quindi di fatto non presentabile. Per me essere presentabili significa essere ordinati, puliti, educati e professionali. Si vede che per lavorare la bella presenza è considerata più importante, e non sono mancati commenti ironici al riguardo da parte di chi mi faceva il colloquio”.

Il complicato sollievo del Reddito di Cittadinanza

Nel tempo la situazione diventa sempre più difficile, con un figlio da mantenere e una patologia che dà del filo da torcere, richiedendo un incremento delle terapie e spostamenti impegnativi per attuarle.

Scocca il 2019 e Anna, vista la situazione di pesante difficoltà, fa domanda per il Reddito di Cittadinanza: “Ho fatto domanda esortata dall’assistente sociale a cui mi ero rivolta per chiedere un aiuto economico. Inizialmente non lo avevo considerato”, specifica. “Mi sono rivolta a un CAF che ha gestito la pratica dandomi risposta dopo tre mesi”, racconta. “Ho iniziato a percepire 620 euro al mese, con cui io e mio figlio dovevamo sostenerci. I soldi del reddito di cittadinanza li ho ricevuti per cinque mesi; poi all’improvviso mi sono stati sospesi senza nessun avviso”.

Anna chiede ragguagli all’ufficio di riferimento: “Scopro che l’ISEE era stato calcolato in modo errato dal CAF, come se io fossi ancora insieme con il mio ex marito, da cui, sottolineo, non percepisco nulla. Rifaccio così la domanda, me la riaccolgono, riprendo a percepire il reddito ad aprile 2020 e a novembre dello stesso anno mi viene di nuovo sospeso essendo passati diciotto mesi dalla prima domanda. In mezzo non avevano calcolato la sospensione causata dall’errore: ci ho rimesso il doppio”.

“O accetti il lavoro o perdi il Reddito”: ma è incompatibile con la disabilità

La vicenda più eclatante si manifesta però durante l’estate 2020, segnata dalla pandemia.

“Un giorno mi hanno chiamata le assistenti sociali del mio Comune, avvisandomi che usufruendo del reddito di cittadinanza sarei dovuta andare a pulire i parchi giochi alle sei del mattino, altrimenti il contributo mi sarebbe stato tolto”. Anna ha forti problemi ai muscoli di gambe e braccia; una mansione di questo tipo non è conciliabile con la sua patologia, e stupisce il fatto che le sia stata proposta un’attività simile.

Di getto le chiediamo: le assistenti sociali che l’hanno contattata erano al corrente della sua malattia degenerativa? “Certamente!” risponde. “Per usufruire del servizio di trasporto malati per andare a fare le terapie devo sempre fare richiesta formale al Comune, e la richiesta passa attraverso le assistenti sociali di cui parlavo. Sanno bene quali siano i miei problemi”.

A proposito di trasporti: la mansione avrebbe dovuto svolgerla in una frazione diversa dalla sua e Anna non può guidare. “Questo a causa dei problemi che ho agli occhi. L’autobus nella mia zona non passa prima delle sei, quindi ho chiesto se almeno mi potevano proporre un parco giochi raggiungibile a piedi ma non c’è stata risposta. Inoltre avrei dovuto pagare una baby sitter per stare con mio figlio, visto che a quell’ora non sono attivi i centri estivi: ci sarebbero state delle uscite economiche importanti”.

“Prendo il Reddito e sono disabile, ma voglio lavorare. E mi danno della fannullona”

Anna mi spiega che i navigator che l’avevano contattata inizialmente, dopo aver fatto domanda per il reddito di cittadinanza, erano stati gentili e professionali.

“Quando mi sono presentata fisicamente nel loro ufficio al centro per l’impiego hanno visto che zoppicavo e hanno capito la situazione. Mi hanno subito dirottata all’ufficio invalidi affermando che dovessi essere seguita da chi si dedica alle situazioni simili alla mia.”

Quando poi Anna si presenta nella sede dell’agenzia interinale con cui avrebbe dovuto concretizzare il progetto di pulizia dei parchi giochi capisce che non è la sola a pensare di trovarsi in una situazione assurda: “Un signore dell’ufficio, non appena mi ha vista, mi ha chiesto: si è per caso rotta una gamba? Gli ho risposto che zoppicavo a causa di una patologia degenerativa. Il signore mi ha allora chiesto che cosa ci facessi lì e gli ho spiegato che dovevo fare il colloquio per il progetto di pulizia dei parchi giochi, non potendo permettermi di perdere il reddito di cittadinanza. Sul foglio mi ha scritto subito che ero esonerata”.

“Il problema non è il non aver voglia di lavorare, ma il fatto che alcuni lavori sono impossibili da svolgere per le mie possibilità!”, si sfoga Anna. “Mi chiedo perché non mi sia mai stato proposto qualcosa di conciliabile con la mia condizione, e che svolgerei senza problemi, perché la voglia di fare e di dare un contributo non mi è mai mancata. Se mi propongono cose che non posso svolgere come faccio?”. E ancora: “Io stessa non sopporto chi sfrutta opportunità per non fare nulla, ma in diverse situazioni è il sistema a creare una contraddizione di fondo”.

Già: il sistema che porta le persone a dover dire di no al lavoro aggrappandosi al Reddito di Cittadinanza, ma non per scelta di comodo, bensì perché il lavoro stesso, per diverse ragioni, non è da loro sostenibile. “Quando sui social leggo diversi commenti in cui si afferma che chi prende il Reddito di Cittadinanza non ha voglia di fare un accidente mi si rigira il sangue: questo pregiudizio fa male”, chiosa Anna. “Non tutti siamo così, ci sono altre storie simili alla mia”.

Le aziende che dovevano assumere disabili? Solo un nome su una lista

Un sistema spesso costellato di falle, di mancanza di comunicazione tra gli uffici, ma soprattutto di lacune di consapevolezza riguardanti la situazione della persona che andrebbe inserita. E così il famoso incrocio tra domanda e offerta diventa impossibile, assumendo spesso i connotati di una farsa amara, come ci testimonia Anna.

“Nel 2018, prima di chiedere il reddito di cittadinanza, l’ufficio invalidi mi aveva consegnato una lista di posti di lavoro da chiamare e che secondo loro avrebbero dovuto assumere disabili entro la fine dell’anno nel 2018.”

Anna mi mostra un elenco di nomi che occupano quattro fogli: “Mi hanno risposto solo in due: una gioielleria di un centro commerciale e un negozio di scarpe. Nel primo caso mi hanno liquidato dicendo che esteticamente non andavo bene per fare la commessa. Nel secondo mi hanno detto che cercavano qualcuno che scaricasse al piano inferiore gli scatoloni con la merce. Ognuno pesava dodici chili. Ho risposto che potevo provarci, ma che mi sarebbe servito l’ascensore perché facendo le scale avrei rischiato di perdere l’equilibrio a causa della debolezza muscolare. Alla fine non se ne è fatto nulla. Chi mi aveva fatto un colloquio era imbarazzato dalla situazione assurda”.

“Manca un’analisi seria delle condizioni di chi cerca lavoro. E alla fine mi sto aiutando da sola”

Anna si scontra con altre proposte insostenibili o sottopagate e la lista di nomi di realtà propinate come utili si rivela invece un’illusione e una perdita di tempo ed energie. Le telefonate sbattono contro veri e propri vicoli ciechi.

“Quasi tutte le realtà elencate cadevano dalle nuvole quando le contattavo: nessuna cercava persone disabili. Addirittura era citata un’Agenzia delle Entrate che non sapeva nemmeno di essere in quell’elenco. Almeno mi ha risposto una signora molto gentile che mi ha indicato alcuni bandi ai quali avrei potuto partecipare.”

“In questi uffici dedicati alla ricerca del lavoro, per mia esperienza, manca un’analisi preventiva e seria di ciò che una persona può dare in base alle sue patologie e condizioni. I nomi vengono pescati a casaccio, e invece bisognerebbe ragionare partendo dalle competenze e dalle reali possibilità, facendo le dovute distinzioni. Ogni disabilità è diversa: sarebbe sensato e rispettoso considerare punti di forza e difficoltà per realizzare un autentico incontro tra domanda e offerta, altrimenti ti ritrovi in situazioni frustranti come la mia.” Passato e presente lastricati di difficoltà.

Chiedo a bruciapelo ad Anna: come vedi il futuro? “Molto grigio”, mi risponde senza mezzi termini. “Penso sia impossibile realizzare il sogno di comprare casa per me e per mio figlio. Sono stremata dalla ricerca e dalle frustrazioni ricevute. La svolta è arrivata quando mesi fa ho deciso di crearmi un lavoro in ambito artistico partendo dalle mie capacità. Adesso ho diverse commissioni e spero di poterle aumentare sempre più per dare una vera svolta alla mia vita, senza dover più chiedere aiuti”.

Photo credits: ilblogdellestelle.it

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