Abbiamo chiesto un giudizio sul RdC a una delle categorie che ha osservato più da vicino il suo funzionamento: gli assistenti sociali, con le testimonianze di Gianmario Gazzi, presidente CNOAS, e Marta Sirianni.
Reddito di Cittadinanza: il diritto alla povertà
Il reddito di cittadinanza fra luoghi comuni e dati addomesticati. In attesa di una valida alternativa
Il Governo ha dunque deciso di cedere alle pressioni di imprenditori, giornali e certi talk show che con le loro testimonianze mai verificate hanno influenzato l’opinione pubblica e alimentato conversazioni tenute in piedi da alcuni episodi di certo veri, ma anche da molti pregiudizi. In molti casi e questo non è da meno, il consenso è più importante dei diritti.
Da gennaio il Reddito di Cittadinanza sarà fortemente riformato, riducendo da sette a sei mesi la possibilità di percepire il sussidio ed eliminando l’aggettivo “congruo” all’offerta, che non si può rifiutare. Pena, la soppressione del sussidio stesso.
Pur non simpatizzando particolarmente per il Movimento 5 Stelle – così come per nessun altro partito, se dobbiamo dirla tutta – è evidente che l’accanimento verso la riforma del lavoro proposta da Di Maio & co. abbia avuto fra i suoi massimi delatori tutti gli attori abituati da sempre a partecipare e a influenzare i i tavoli di lavoro governativi. Attori che il Governo Conte ha spesso tenuto ai margini.
In primis Confindustria e le Associazioni di Categoria, i cui presidenti, sotto presidenti e specialisti delle più disparate “industries” non si sono risparmiati nel rilasciare dichiarazioni al vetriolo contro la misura, colpevole di offrire ai disoccupati un alibi per non lavorare.
La politica e i suoi giornali ci hanno poi messo il carico, facendone dapprima una ragione del tutto personale contro i famigerati navigator, quei “disoccupati incapaci di trovare un lavoro per se stessi, figuriamoci per gli altri”; tormentone salviniano approvato e adottato da gran parte degli opinionisti di spessore che calpestano gli studi televisivi delle trasmissioni del primo pomeriggio. Dimenticando però di ricordare che quelle Persone hanno superato un concorso per competenze, a differenza di centinaia di operatori dei Centri per l’Impiego, strutture costosissime e rifinanziate dal Governo Draghi, che storicamente non intermediano nemmeno il 2% della domanda nazionale.
Se abbiamo fatto qualcosa di davvero giornalistico è stato prima di tutto farci un’idea su chi fossero questi navigator, quali fossero le loro competenze e poi verificare se il lavoro che veniva loro richiesto fosse adeguatamente proceduralizzato: SenzaFiltro ha pubblicato diversi articoli utili a capire come lavoravano, quali aree politiche li hanno osteggiati e se le alternative al loro lavoro erano altrettanto efficaci.
I lettori di SenzaFiltro sanno fare fact checking
Un altro aspetto di cui siamo molto fieri è aver involontariamente formato i nostri lettori nel guardare con sempre maggior sospetto alle dichiarazioni di imprenditori da tornio e da riviera che, a seconda delle stagioni, lamentavano mancanza di personale.
Verificare la presenza delle offerte di lavoro sui siti di quelle imprese, sulle piattaforme di annunci di lavoro e sui social è diventata una sana abitudine che mette fine a qualsiasi polemica generata da personaggi più o meno qualificati, alla ricerca di facile pubblicità anzichè di veri dipendenti e collaboratori, e ben supportati da giornali alla ricerca del click facile.
Dal 2019 non ci siamo mai posti il problema di raccogliere quelle dichiarazioni e metterle a confronto con l’evidenza dei fatti.
Qualche elemento per guardare il Reddito di Cittadinanza con occhi diversi
Probabilmente qualche lettore avrà amici o conoscenti che lamentano o hanno lamentato i tanti “bug” del sussidio e della difficoltà di reperire personale “per colpa di”.
È innegabile che tutto può essere migliorato, a partire dai controlli sia nei confronti di chi rinuncia alle offerte di lavoro – perché la regola metteva un paletto di tre rinunce per perdere il Reddito, ma nessuno ha mai monitorato – sia nei confronti delle offerte stesse. Purtroppo non sono poche nemmeno le testimonianze e le incursioni di alcuni giornalisti in colloqui di lavoro dove la proposta del nero o di orari “sgonfiati” arrivava dal lato azienda, e non dal lato percettore.
Tuttavia bisogna anche essere consapevoli del fatto che questa misura coinvolge circa tre milioni di Persone, un numero davvero sproporzionato rispetto a tutta la letteratura che si è fatta intorno al fenomeno. Se questo numero poi lo tagliamo di circa la metà, che corrisponde ai cosiddetti “non occupabili“, ovvero Persone che non lavorano da più di cinque anni, che non hanno alcun titolo, a bassissima alfabetizzazione o in un’età che li porta automaticamente a essere fuori dal sistema, direi che il gioco è fatto.
A fronte di una disoccupazione dell’8% diventa quasi inspiegabile capire dove siano finiti tutti gli altri “disoccupati sani” che non percepiscono alcunché, visto che non compaiono mai nelle cronache fra coloro che partecipano a colloqui di selezione. Sembra quasi che certi imprenditori attirino solo ed esclusivamente percettori di Reddito. E lo vadano poi a raccontare alla stampa.
L’altro dato che lascia perplessi è come sia possibile che giornali come il Gazzettino Veneto, il Tirreno, il Resto del Carlino siano riusciti a generare un quantitativo così ingente di testimonianze al Centro-Nord, quando più del 50% dei percettori di Reddito risulta essere – com’è ovvio – residente al Sud.
Insomma, i numeri non tornano. Ancor meno quelli sviscerati alla carlona dal presidente degli industriali Carlo Bonomi durante un discorso al Convegno dei Giovani di Confindustria a Napoli, e che SenzaFiltro ha smentito col supporto di Alessandro Guerriero, giovane laureato con lode in scienze economiche e specializzato sui temi del mercato del lavoro e delle disuguaglianze.
Ben altra situazione quella disegnata da INPS, Corte dei Conti e Caritas, che nelle loro relazioni annuali hanno espressamente dichiarato che il Reddito di Cittadinanza – al netto di qualche furbetto che esiste in qualsiasi contesto – ha permesso a circa 2.000 famiglie di restare al di sopra della soglia dell’indigenza.
Se guardiamo le assunzioni e le mettiamo in relazione ai litri di lacrime di coccodrillo versate dagli imprenditori sia della collezione Primavera Estate che di quella Autunno Inverno qualcosa non torna: il numero di contratti regolari firmati fino a settembre 2022 ha raggiunto i livelli più alti degli ultimi dieci anni. Evidentemente in Italia se si decide di assumere rispettando le regole, si trovano anche i lavoratori.
Quali alternative al sussidio?
Mentre il Governo Meloni ha ben chiaro cosa fare del Reddito di Cittadinanza, al momento non è pervenuta alcuna proposta alternativa per supportare chi è indigente e necessita di un’occupazione, come del resto ne esistono in ogni Paese europeo.
Mi permetto di lanciare un segnale d’allarme alla parola “voucher” che aleggia in questi giorni nei corridoi parlamentari, dove evidentemente non si impara mai dagli errori passati.
Il sistema dei voucher infatti, fu uno dei grossi flop del Jobs Act renziano, utile soprattutto a regolarizzare il nero e ad alzare il livello di precarietà. Una mente sopraffina infatti aveva previsto che i datori di lavoro, appartenenti fra l’altro a categorie dove il nero è più frequente (edilizia, logistica, turismo), potessero registrare i voucher fino a 24 ore dopo la prestazione d’opera. In pratica, se non avevi ricevuto controlli, il voucher rimaneva immacolato nel cassetto fino alla prossima occasione.
In un momento storico come questo, nella volontà di dimostrare maggiore autorevolezza rispetto ai governi precedenti, sarebbe necessario evitare di riciclare misure che hanno rivelato tutta la loro debolezza e studiare invece modalità a supporto della precarietà.
Fra congruo e non congruo, cosa ci si aspetta da domani
Adesso che la palla è passata di mano a un governo di destra (che, molto critico durante quello precedente, ne sta ripercorrendo per filo e per segno lo stesso binario) e che il centrosinistra che fino a ieri osteggiava il Reddito oggi ne riconosce il valore sociale, c’è da chiedersi se il Reddito di Cittadinanza sia solo un pupazzo con cui giocano le aree politiche con opinioni interscambiabili a seconda che ci si trovi dalla parte della maggioranza o nel campo di gioco dell’opposizione.
Sta di fatto che l’annuncio ufficiale prevede che entro la fine del 2023 il Reddito di Cittadinanza non avrà più dignità propria. I navigator, un popolo di laureati, specializzati in orientamento professionale, risorse forse di qualità rispetto a quello che offre oggi il mercato istituzionale, sono ritornati ad alimentare le file dei disoccupati. Il periodo di usufrutto del Reddito scende a sei mesi in un Paese in cui le figure specializzate impiegano una media di un anno e mezzo per ricollocarsi e al concorso per spazzini a Napoli partecipano i laureati. L’offerta deve essere accettata tout-court, non importa se sia congrua.
Significa che per evitare di restare senza Reddito e anche senza lavoro devo accettare un’offerta anche a 70 km da casa, con una retribuzione pari o inferiore al RdC (che ricordiamo, si attesta su una media di 520 euro), con tutti i costi che ne conseguono e che al termine del mese rosicchieranno inevitabilmente quella cifra.
Mi chiedo quale sia lo scandalo nel rifiutare un lavoro che “non conviene” nell’economia famigliare, rispetto a quanto offre un sussidio al netto delle spese. Se i 600 euro del Reddito di Cittadinanza mi permettono di mettere un piatto in tavola tutti i giorni, perché dovrei accettare di lavorare in una condizione che alla fine del mese mi lascia in tasca di meno?
I candidati con cui lavoro, di norma, guadagnano cifre 10-15 volte più alte di queste, e nonostante tutto se ne guardano bene dall’accettare un’offerta al di sotto di quella attuale. Così come, sebbene forti di stipendi a quattro zeri, spesso non accettano di trasferirsi in un’altra città pur avendone tutte le possibilità.
Mi chiedo se il diritto di rifiutare un lavoro sia anch’esso elitario, perché stiamo facendo credere non che le Persone rifiutino perché diventano più povere lavorando, ma perché a parità di stipendio preferiscono stare sul divano senza fare nulla.
Ecco, io di queste non ne conosco. Sono certo che la maggioranza delle Persone sia alla ricerca di dignità, e il lavoro è fra le cose che te ne offre nei confronti del tuo partner, dei tuoi genitori, dei tuoi figli, dei tuoi amici. Non credo ci sia nessuno che orgogliosamente sventoli la bandiera del Reddito come una sorta di successo personale.
Credo invece che la politica, quando approva o meno una legge, dovrebbe farlo senza la presunzione di credere che i destinatari di quella legge siano necessariamente tutti come certi politici o anche solo evitando di utilizzare il sistema dominante di certe aziende in cui si fanno le regole in funzione di chi non le rispetterà, anziché premiare chi opera in modo corretto.
Leggi gli altri articoli a tema Reddito di Cittadinanza.
Leggi il mensile 116, “Cavalli di battaglia“, e il reportage “Sua Sanità PNRR“.
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