Fact checking sul lavoro: che cosa c’è nel programma del centrodestra

Punto per punto, il programma sul lavoro della coalizione di centrodestra, dalle decontribuzioni al salario minimo. Elena Donazzan di Fratelli D’Italia, intervistata da SenzaFiltro: “RdC diseducativo, abolirlo per i giovani. E vi spiego come risolvere le crisi aziendali con il ‘Modello Veneto’”.

Secondo gli ultimi sondaggi, prima del “silenzio” degli analisti delle intenzioni di voto degli italiani, la coalizione di centrodestra, oltre che possibile vincitrice delle elezioni, avrebbe gerarchie interne ben definite in fatto di voti ottenuti: prima Fratelli d’Italia, poi Lega e, a chiudere, Forza Italia.

In un’alleanza che si definisce compatta, al suo interno rimangono tre partiti che sul tema del lavoro hanno definito un proprio programma specifico, con diverse affinità e qualche distinguo.

Vediamoli nel dettaglio.

Secondo Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia il lavoro si risolleva con le decontribuzioni

Il programma per risollevare l’Italia è il nome dato da Fratelli d’Italia al suo manifesto politico-elettorale. È il punto 6, Sostenere la dignità del lavoro, a parlare nel merito di temi lavorativi. La Lega, nel Programma di governo, tratta il lavoro dalla pagina 114 alla pagina 116 (delle 202), e Forza Italia nel suo programma elettorale Per l’Italia nei punti 8 e 9.

Uno dei punti che accomuna Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia è il taglio strutturale del cuneo fiscale e contributivo a vantaggio di collaboratori ed imprese. Ma c’è un altro punto più specifico in Fratelli d’Italia, che recita “più assumi meno paghi”, mentre nel programma della Lega lo si trova nel “detassare le nuove assunzioni”, e in Forza Italia come “rafforzamento dei meccanismi di decontribuzione per il lavoro femminile, gli under 35, i disabili e per le assunzioni nelle zone svantaggiate”.

Fratelli d’Italia come detto punta alla “razionalizzazione degli incentivi alle assunzioni e ‘premio’ per aziende che assumono: ‘più assumi, meno tasse paghi’, deducendo il costo del lavoro per queste tipologie di impresa, per poi richiedere una revisione delle norme sul lavoro a tempo determinato contenute nel cosiddetto decreto Dignità”.

Ad oggi nel decreto Dignità, la durata massima complessiva di utilizzo dei contratti a termine è di 24 mesi. In particolare, il primo contratto può essere senza causale, ma deve avere come termine massimo 12 mesi.

Nella nota sulle tendenze dell’occupazione relative al secondo trimestre 2022, elaborate da ministero del Lavoro, ISTAT, INPS, INAIL, ANPAL, si certifica come ci sia stato un aumento sia del numero dei contratti a tempo indeterminato (+310.000 rispetto al 2021) che di quelli a tempo determinato (+425.000 sempre rispetto al 2021). Tuttavia di questi solo lo 0,5% ha una durata superiore all’anno, mentre il 37% dura meno di 30 giorni.

La domanda sorge spontanea: la premialità in una super deduzione del costo del lavoro per le aziende che assumono varrà per le persone assunte a contratto a tempo indeterminato o varranno anche quelle assunte con contratti a termine, visto che si richiede una revisione delle norme proprio sul contratto a tempo determinato contenute nel decreto Dignità?

Elena Donazzan, FdI: “Far reinnamorare i giovani del lavoro e dell’Italia. Perché vanno a portare pizze a Londra e non a Venezia?”

Un altro punto che viene trattato da tutti e tre i partiti è il rilancio dei voucher in agricoltura, lavoro domestico e turismo che erano stati inseriti con il Jobs Act dal governo Renzi, e poi abrogati per decreto dal governo Gentiloni nel 2017.

Un tema di cui si tratta nei tre programmi è legato ai giovani e al loro inserimento nel mondo del lavoro: per Fratelli d’Italia andrebbe incentivato con adeguate tutele rilanciando gli strumenti di apprendistato e tirocini.

Oggi un apprendistato professionalizzante può arrivare fino a tre anni, e i tirocini sono stati resi più stringenti per evitare utilizzi fraudolenti come da comunicazione del ministero del Lavoro: “Previsione di azioni e interventi volti a prevenire e contrastare l’uso distorto dell’istituto, anche attraverso la puntuale individuazione delle modalità con cui il tirocinante presta la propria attività”.

Per la Lega il tema dei giovani prevede: “Le tasse eccessive sul lavoro e il mercato del lavoro troppo rigido hanno messo migliaia di ragazzi nelle condizioni di non trovare il lavoro che sognavano e in molti casi di non trovarlo proprio […] estendere l’età anagrafica del contratto di apprendistato fino ai 35 anni e prevedere la formazione solo on the job. Decontribuzione under 35 e incentivi per occupazione femminile: per favorire occupazione giovanile rendere strutturale esonero contributivo per i datori di lavoro che assumono giovani di età inferiore ai 35 anni…”

Per Forza Italia: “Rafforzamento dei meccanismi di decontribuzione per lavoro femminile e under 35, e ancora – flessibilità in uscita dal mondo del lavoro e accesso alla pensione, favorendo il ricambio generazionale”.

Per Fratelli d’Italia abbiamo sentito Elena Donazzan, che per il partito guidato da Giorgia Meloni è responsabile nazionale lavoro e crisi aziendali.

Poiché nel programma del suo partito c’è un intero paragrafo dedicato ai giovani per promuovere la formazione e l’inserimento nel mondo del lavoro, le chiediamo: come si cambia il destino dei giovani in Italia? Secondo l’ultimo report ISTAT sulla povertà, nel 2021 i giovani detengono il primato della povertà assoluta, raccogliendo il testimone dagli over 65.

“Si cambia il destino dei giovani in Italia se si cambia l’approccio al senso di appartenenza e di orgoglio al nostro Paese, a un’idea di Nazione, a un comune destino”, risponde Elena Donazzan. “È necessario farli innamorare nuovamente della bellezza dell’Italia e dell’italianità: bisogna riportare dentro il mondo della scuola la bellezza del lavoro, del lavoro come realizzazione di sé. Questo significa valorizzare il personale della scuola capace di realizzare progettualità che abbiano a che fare con il mondo economico, si tratta di rafforzare il rapporto tra scuola e lavoro attraverso gli strumenti dell’alternanza, dello stage, dei tirocini, ma anche dell’inserimento nella scuola di personale proveniente dal mondo del lavoro, come accade nei percorsi ITS Academy, ovvero quella formazione terziaria, parallela all’università, di grande successo per l’inserimento lavorativo”.

“Oggi i giovani non cercano il lavoro per tutta la vita, cercano un lavoro che dia loro soddisfazioni in termini di carriera e non solo di stipendio, di motivazione. Quindi il modello organizzativo dell’impresa diventa fondamentale: anche le imprese devono ripensarci per dare la possibilità di partecipare alla loro crescita, permettendo ai giovani collaboratori di sentirsi importanti e valorizzati, e infine avere una gestione della propria qualità del tempo. I giovani non sono una categoria astratta, sono un insieme di bisogni e di sogni di realizzazione, sta a noi costruire un’Italia di cui si possano nuovamente innamorare. La provocazione è: perché i nostri ragazzi vanno a portare pizze a Londra e considerano disdicevole portare pizze a Venezia?”

Donazzan: “RdC diseducativo, va tolto ai giovani che possono lavorare”

In questa campagna elettorale non c’è partito che non parli del Reddito di Cittadinanza, e anche il centrodestra sembra avere visioni diverse all’interno della stessa coalizione.

La Lega parla di “revisione del Reddito di Cittadinanza”: “Occorre modificare il Reddito di Cittadinanza che ha alterato il mercato del lavoro e ha rappresentato una forma di concorrenza sleale nei confronti dei ragazzi:

  • per i percettori inidonei al lavoro mantenere il sostegno al reddito, rivedendo i criteri d’accesso e la scala di equivalenza, dando maggior peso al quoziente familiare rimodulando gli importi in funzione delle differenti soglie di povertà assoluta;
  • per i percettori idonei all’attività lavorativa, la misura viene invece riformata trasformandola in un vero e proprio ammortizzatore sociale finalizzato all’occupazione. Corsi di formazione, tirocinio e contrattualizzazione dei percettori a fine percorso attraverso coinvolgimento di agenzie private del lavoro, associazioni datoriali e attraverso l’utilizzo di incentivi fiscali e contributivi per l’assunzione dei percettori.”

Per Forza Italia sul Reddito di Cittadinanza c’è un punto del programma che afferma: “Sostituzione dell’attuale Reddito di Cittadinanza con misure più efficaci di inclusione sociale e di politiche attive di formazione e di inserimento nel mondo del lavoro”.

Fratelli d’Italia, dal canto suo, nel programma non parla esplicitamente di Reddito di Cittadinanza, anche se vari esponenti politici del partito – compresa Giorgia Meloni – ne hanno dichiarato l’inutilità per le persone abili al lavoro. Nel testo c’è una specifica richiesta volta a “riformare le politiche attive del lavoro: riorganizzare e rafforzare il sistema dei servizi per l’impiego e gli altri strumenti, pubblici e privati, di intermediazione tra domanda e offerta […], affiancare al sostegno economico dei sussidi economici efficaci, interventi formativi e di riqualificazione professionale”.

Chiediamo a Elena Donazzan di risolverci questo dubbio: il Reddito di Cittadinanza, come dichiarato da Giorgia Meloni, andrà tolto alle persone dai 18 ai 59 anni; Lega e Forza Italia invece propongono modifiche. Quindi viene tolto oppure rimane, e se rimane, in quale misura? Nel programma di Fratelli d’Italia si parla di implementare le politiche attive del lavoro riorganizzando il sistema dei servizi per l’impiego anche con l’introduzione di agenzie per il lavoro private, che poi è quello che non ha funzionato nel RdC.

“Il Reddito di Cittadinanza è innanzitutto una misura diseducativa, soprattutto nei confronti dei giovani. Va tolto certamente per i giovani che possono lavorare – quindi chiunque non abbia delle inabilità – ai quali va data una prospettiva diversa: ci sono modelli inclusivi di politiche del lavoro anche per le persone con disabilità, come accade per esempio in Veneto. Perché il lavoro dà dignità. Il Reddito di Cittadinanza ha generato spesa pubblica a perdere e poche, anzi quasi nulle, opportunità di lavoro. Il programma di Fratelli d’Italia su questo è molto chiaro: rafforzamento della ricerca attiva del lavoro attraverso i servizi, che sono pubblici e privati, e percorsi formativi di qualità rivolti all’inserimento nel mondo del lavoro. Altra cosa invece è pensare a coloro che proprio non possono lavorare o per le famiglie numerose; pensiamo a quella madre con più di tre figli che deve accudirli e diventa difficile per lei lavorare. Non parliamo più quindi di Reddito di Cittadinanza, ma di misure a sostegno della vita e della famiglia.” 

Programma di centrodestra rimandato nella sicurezza sul lavoro: troppa vaghezza

Un altro tema che andrebbe affrontato in maniera decisa è senza ombra di dubbio la sicurezza sul lavoro.

Per Fratelli d’Italia occorre “promuovere la sicurezza dei lavoratori con investimenti adeguati in attività di prevenzione e formazione” e “rivedere il Testo Unico degli infortuni sul lavoro”.

La Lega non ha evidenziato nulla sull’argomento; per Forza Italia invece c’è un punto programmatico: “Contrasto al lavoro irregolare, rafforzamento della prevenzione degli infortuni e defiscalizzazione dei costi della sicurezza sul lavoro”.

Questo tema a nostro avviso sembra rimanere troppo in superficie, visto che solo nel 2022, da gennaio a luglio, il numero delle vittime di incidenti sul lavoro è di 569 (in continuo e tragico aggiornamento), che hanno perso la vita da Nord a Sud del Paese, con una media di 81 morti sul lavoro ogni mese.

Salario minimo, Donazzan: “Battuta elettorale. Contrattazione di secondo livello garantisce condizioni migliori”

Sul lavoro povero invece FdI scrive nel suo programma: “Contrastare il lavoro povero e il divario retributivo di genere, ampliare applicazione del CCNL, garanzia di salario equo e di tutele, favorire contrattazione di secondo livello e i contratti di prossimità; potenziare il welfare aziendale e lotta al lavoro irregolare.

Per la Lega: “È riconosciuto ai lavoratori un salario minimo pari a quello stabilito dai CCNL più diffusi del settore”. Per Forza Italia invece non c’è nulla sul tema del salario minimo o lavoro povero.

Nel 2021 il lavoro povero è un dato acclarato. È arrivato a toccare la soglia dei tre milioni di persone, che lavorano ma sono povere: il 13,2% di chi ha un’occupazione, secondo uno studio condotto da esperti economisti e commissionato dal ministero del Lavoro. I punti programmatici di Lega e Forza Italia sul tema sembrano del tutto insufficienti o elusivi.

Per Fratelli d’Italia c’è il contrasto al lavoro povero, ma non si prevede l’introduzione del salario minimo, come confermato diverse volte anche da Giorgia Meloni: si punta all’ampliamento del CCNL, favorendo la contrattazione di secondo livello e potenziando il welfare aziendale.

Come si pensa di agire per la platea dei lavoratori atipici, occasionali, precari? È quello che FdI ha previsto nell’ultimo punto con la legge per un compenso equo e certo?

“Fratelli d’Italia ha nel suo programma come faro guida il tema della contrattazione, che poggia sul sistema di relazioni positivo, buono e giusto tra la sintesi degli interessi, fuori dalla contrapposizione ideologica tra datore di lavoro e lavoratore, con la consapevolezza di concorrere al bene comune: generare lavoro e benessere”, afferma Elena Donazzan.

“Per questo siamo contrari al salario minimo garantito per legge e siamo favorevoli alla contrattazione di secondo livello, territoriale o aziendale o di filiera. Peraltro ad oggi il 97% dei lavoratori è coperto da un contratto collettivo nazionale frutto di questa contrattazione, che nella quasi totalità dei casi garantisce condizioni migliori rispetto alle ipotizzate soluzioni. Nel programma elettorale di Fratelli d’Italia si sottolinea molto il tema della contrattazione di secondo livello, quella parte di contrattazione più partecipata e più libera fatta delle peculiarità  che tengono conto del territorio, del tipo di lavoro, del tipo di azienda, del tipo di esigenze dei lavoratori, per creare delle condizioni di lavoro migliori. Quello che noi prevediamo è la defiscalizzazione di quella parte di welfare aggiuntivo derivante dalla contrattazione di secondo livello, dei premi di produttività, per declinare un messaggio culturale diverso, ovvero che più una persona lavora e ha voglia di lavorare, più merita di guadagnare.”

“Il salario minimo garantito è veramente una battuta di tipo elettorale”, conclude Donazzan. “Noi crediamo che la strada sia quella della contrattazione non per legge, ma tra le parti”.

Autonomi, tutele come per i lavoratori dipendenti

Il tema del lavoro autonomo è un tema molto sentito nel centrodestra.

Per Fratelli d’Italia si richiede di “dare nuovo impulso al mondo degli artigiani, del commercio di prossimità, dei servizi alla persona e delle partite IVA”.

Nel programma della Lega c’è un capitolo dedicato agli imprenditori che stanno riconoscendo ai propri dipendenti contributi in busta paga per combattere l’inflazione: “Detassazione completa degli importi concessi dai datori di lavoro ai dipendenti o dai clienti alle partite IVA con cui sussiste un rapporto stabile di collaborazione”.

Per Forza Italia si prevedono “maggiori tutele per lavoro autonomo e libere professioni, tutela delle micro e delle piccole e medie imprese”.

La semplificazione degli adempimenti burocratici per le partite IVA sono nel programma di FdI, così come l’equiparazione delle tutele tra dipendenti e autonomi. Che cosa si intende? Malattia, ferie e permessi pagati anche per le partite IVA? E se sì, come?

Ci risponde Elena Donazzan: “Abbiamo drammaticamente visto nella pandemia che i più deboli, senza tutele e senza coperture di ammortizzatori sociali, si sono rivelati proprio gli autonomi. Noi crediamo che gli autonomi debbano essere equiparati agli altri lavoratori nel momento in cui, a causa di un fatto straordinario e non previsto, perdono il lavoro. Stiamo lavorando alle coperture finanziarie per ampliare lo strumento della NASpI.”

I grandi assenti dal programma di centrodestra: smart working e crisi aziendali (da risolvere con il “Modello Veneto”)

Sullo smart working di cui tanto si è discusso in Italia e all’estero, nei programmi legati al lavoro non c’è nulla: né in Fratelli d’Italia, né in quello della Lega e neppure nel programma di Forza Italia.

Si tratta di un tema sentito da molti lavoratori, che avrebbe potuto portare a un nuovo modo di gestire le criticità dell’inquinamento dovuto al traffico nelle aree più critiche, una migliore conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, delle dinamiche famigliari legate ai figli, delle situazioni con disabilità all’interno del nucleo famigliare, e molto altro.

Un tema interessante è quello delle crisi aziendali, che SenzaFiltro copre con un osservatorio in costante aggiornamento nel quale monitoriamo oltre 70 tavoli di crisi aperti al Mise. Neanche su questo argomento c’è alcun punto nei programmi di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia. Perché?

Lo chiediamo a Elena Donazzan prima di congedarci, in qualità di responsabile nazionale lavoro e crisi aziendali per Fratelli d’Italia. L’autunno alle porte tra costi dell’energia e caro bollette spaventa: se Fratelli d’Italia andasse al governo che cosa cambierebbe nella modalità di gestione delle crisi aziendali nel nostro Paese?

“Se potessi andare a gestire direttamente le crisi al ministero dello Sviluppo Economico adotterei il ‘Modello Veneto’, rafforzando innanzitutto le relazioni con il ministero del Lavoro, perché politiche passive e politiche attive devono essere parte integrante dell’accompagnamento alle misure di investimento e nella ricerca di nuova industrializzazione dell’azienda in difficoltà. Costruirei un processo di presa in carico dell’azienda in difficoltà con il coinvolgimento e l’aiuto delle parti sociali e con un tempestivo intervento di analisi per evitare di arrivare troppo tardi.”

“Sfrutterei, velocizzandolo e semplificandone l’intervento, il ruolo di Invitalia nei confronti di nuovi investitori, con il coinvolgimento di un advisor che faccia ricerca di mercato per trovare in tempi celeri un nuovo investitore. Vanno costruiti tavoli di lavoro con la partecipazione di tutti i soggetti coinvolti: ministero dello Sviluppo Economico e ministero del Lavoro, le Regioni interessate alla vertenza, il sindacato e l’azienda. Abbiamo dimostrato in Veneto che questa modalità operativa di presa in carico, analisi e azione-obiettivo per la reindustrializzazione e la continuità produttiva ha successo. Cito su tutti il ‘caso Idealstandard’: la multinazionale ha lasciato senza conflitto il territorio, e sul tavolo del nuovo investitore una dote di dieci milioni di euro e l’immobile a prezzo simbolico. Il Governo su questo aspetto deve avere chiaro l’obiettivo, che deve essere la reindustrializzazione e la continuità produttiva, e non la chiusura o il solo uso di ammortizzatori sociali.”

Leggi gli altri articoli a tema Politica.

Leggi il mensile 116, “Cavalli di battaglia“, e il reportage “Sua Sanità PNRR“.


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